Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-07-2012, n. 13264

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. – La Corte d’appello di Napoli, con decreto in data 9 marzo 2006, ha accolto l’opposizione proposta da M.M. avverso il decreto in data 31 ottobre 2001 con il quale il Ministero dell’economia e delle finanze gli aveva irrogato, su proposta della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa – CONSOB, ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195 sanzioni pecuniarie per l’ammontare complessivo di L. 11.500.000, perchè ritenuto responsabile, quale componente del collegio sindacale della Banca Popolare di Napoli s.p.a., di irregolarità di vario tipo relative all’attività di intermediazione finanziaria esercitata da detto istituto di credito (per mancanza di procedure interne disciplinanti l’operatività in derivati; per carenze delle procedure adottate nell’ambito della raccolta ordini, in particolare del manuale delle procedure del dicembre 1997; per mancato controllo sul rispetto delle procedure istituite nel dicembre 1997; per operatività in derivati in assenza di adeguati margini di garanzia da parte della clientela;

per non avere adottato misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sugli strumenti finanziari e sul denaro affidati, in relazione alla mancata separazione patrimoniale verificatasi in una filiale; per lacune contenutistiche nei moduli contrattuali; per mancata trasmissione alla clientela della prescritta nota informativa sulle operazioni eseguite; per mancanza di registrazioni elettroniche riguardanti gli ordini e le operazioni eseguite su strumenti derivati).

La Corte territoriale – rigettati i motivi di opposizione volti a sentire dichiarare l’illegittimità del procedimento che aveva condotto all’applicazione del provvedimento sanzionatorio – ha riconosciuto l’estraneità del M., nella sua qualità di sindaco, alle ipotesi di violazioni che hanno condotto al provvedimento sanzionatorio a suo carico.

2. – Per la cassazione del decreto impugnato il Ministero dell’economia e delle finanze e la CONSOB hanno proposto ricorso, con atto notificato il 18 luglio 2006, sulla base di due motivi.

Ha resistito, con controricorso, il M., il quale ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato, affidato a quattro motivi.

Il Ministero e la CONSOB hanno a loro volta controricorso.

Il controricorrente e ricorrente in via incidentale condizionata ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.

Motivi della decisione

1. – Preliminarmente, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere riuniti, per essere entrambe le impugnazioni riferite allo stesso decreto.

2. – Con il primo motivo, i ricorrenti in via principale deducono nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 161 cod. proc. civ. ed all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè il decreto impugnato manca della sottoscrizione del consigliere estensore. Infatti, ancorchè nell’intestazione risulti indicato il nome del consigliere estensore (dott. F. B.), il decreto risulta sottoscritto solo dal presidente (dott. d.G.P.) e dal cancelliere ( M. C.).

2.1. – Il motivo è infondato.

In tema di opposizione alle sanzioni amministrative applicate, su proposta della CONSOB, dal Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 195 il provvedimento conclusivo del relativo procedimento, che si svolge dinanzi alla corte d’appello, è emesso nella forma del decreto motivato, impugnabile per cassazione. Esso pertanto, nonostante la forma collegiale ed il contenuto decisorio, che lo rendono sostanzialmente assimilabile ad una sentenza, richiede la sottoscrizione del solo presidente del collegio e non anche la contestuale firma del giudice relatore, applicandosi l’art. 135 c.p.c., comma 4, a nulla rilevando che l’intestazione del decreto indichi il relatore, diverso dal presidente, anche come estensore del provvedimento.

3. – Il secondo mezzo del medesimo ricorso lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2403 e 2392 cod. civ. Il decreto impugnato si fonda sull’assunto che il potere dei sindaci in una società si riduca ad un mero controllo estrinseco della legittimità formale degli atti della società. Ad avviso dei ricorrenti, invece, in questo senso è il conclusivo quesito di diritto, "in caso di operazioni bancarie a rischio poste in essere dai dipendenti di una banca, il dovere di vigilanza e di controllo imposto ai sindaci delle società per azioni ex art. 2403 cod. civ. deve estendersi ad impedire tali attività".

3.1. – Il motivo – scrutinabile nel merito, perchè corredato da idoneo quesito di diritto, formulato nel rispetto della prescrizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile) – è fondato.

Il decreto impugnato – affermando che non è conforme al regime delle competenze richiedere al sindaco della società una vigilanza diretta o indiretta sulla condotta dei singoli dipendenti ed operatori, sia pure in settori delicati dell’attività bancaria, quale quello dell’intermediazione – si è discostato dal principio secondo cui, in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la complessa articolazione della struttura organizzativa della banca non può comportare l’esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la prestazione del servizio di negoziazione, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo quoad functionem, gravando sui sindaci, da un lato, l’obbligo di vigilanza – in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche del controllo del corretto operato della banca intermediatrice, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob ed a garanzia degli investitori – e, dall’altro lato, l’obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia e alla Consob, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 8 delle violazioni delle norme dettate in tema di intermediazione mobiliare (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20934).

4. – Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato (violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2) pone il quesito se, in tema di procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative previste in materia di attività di intermediazione finanziaria, il termine di centottanta giorni per la formulazione da parte della CONSOB della proposta sanzionatoria, decorrente dalla formale contestazione degli addebiti agli interessati, stabilito dal regolamento CONSOB n. 12697 del 2000, costituisca requisito di legittimità del successivo provvedimento sanzionatorio e, di conseguenza, la sua violazione renda annullabile il provvedimento.

4.1. – Il motivo è privo di fondamento, perchè, in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 241 del 1990, art. 21-octies, comma 2, gli eventuali vizi del procedimento amministrativo previsto dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195 che si svolge innanzi alla CONSOB, non sono rilevanti, in ragione tanto della natura vincolata del provvedimento sanzionatorio, quanto della immodificabilità del suo contenuto: tale disposizione, introdotta dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art. 14 ha carattere processuale, ed è pertanto applicabile con effetto retroattivo anche ai giudizi di opposizione in corso, ancorchè promossi in epoca successiva alla sua emanazione (Cass. , Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20929; Cass., Sez. 2, 2 dicembre 2011, n. 25836).

5. – Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 7) il M. si duole che il decreto impugnato abbia ritenuto irrilevante che, dell’avvio del procedimento ispettivo da parte della CONSOB, sia stata data comunicazione alla Banca e non ai consiglieri ed ai sindaci, i quali non sono stati posti in condizione di partecipare agli accertamenti ed alle esibizioni.

5.1. – La censura è infondata.

In tema di sanzioni amministrative per la violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195 non trova applicazione la previsione sulla comunicazione di avvio del procedimento, di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 7 la quale rappresenta una normativa generale su cui prevale la disciplina speciale, in quanto idonea – mediante i meccanismi di contestazione dell’addebito agli interessati e di valutazione delle deduzioni dagli stessi presentate – ad assicurare garanzie di partecipazione non inferiori al minimum prescritto dall’anzidetta normativa generale (cfr. Cass., Sez. Lav., 5 marzo 2003, n. 3254; Cass., Sez. 5, 11 giugno 2010, n. 14104).

6. – Con il terzo motivo (violazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, comma 2) si sostiene che la comunicazione della formale contestazione agli interessati avvenuta a mezzo di lettera raccomandata, anzichè mediante notifica, sarebbe nulla o inesistente, e tale invalidità di estenderebbe a tutti i successivi atti del procedimento.

6.1. – La doglianza è infondata, essendosi la Corte territoriale correttamente attenuta al principio secondo cui la comunicazione della contestazione con plico raccomandato, in assenza della compilazione della relata di notifica, prevista dal codice di rito, non può comportare – ove l’atto, come nella specie, sia stato regolarmente ricevuto – l’invalidità della contestazione, atteso che la notifica non costituisce un elemento intrinseco, integrante la contestazione, nè – in assenza di alcuna disposizione in tal senso rinvenibile nella L. n. 689 del 1981 – una condizione di validità della medesima, bensì un mero adempimento di carattere estrinseco, finalizzato a rendere nota la contestazione al destinatario della stessa (Cass., Sez. 1, 20 dicembre 1999, n. 14314; Cass., Sez. 2, 5 giugno 2006, n. 13207; Cass., Sez. 5, 30 gennaio 2008, n. 2079).

7. – Il quarto motivo (violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, e vizio di motivazione) pone il quesito se il termine per la contestazione non immediata degli addebiti inizi a decorrere anche nel corso dell’attività ispettiva o, al massimo, al termine della stessa.

7.1. – Il mezzo è privo di fondamento. Nessun termine correlato all’attività sanzionatoria può decorrere in pendenza dell’attività ispettiva, perchè – come hanno statuito le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 9 marzo 2007, n. 5395 – il momento dell’accertamento degli illeciti amministrativi in materia di intermediazione finanziaria non può essere fatto coincidere con lo svolgimento dell’attività ispettiva, la pura constatazione dei fatti non comportando, di per sè, il loro accertamento quando occorra una successiva attività istruttoria e valutativa.

8. – Il decreto impugnato è cassato in ragione dell’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale.

La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’ appello di Napoli.

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo, e rigetta il ricorso incidentale condizionato; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012


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