Cons. Stato Sez. IV, Sent., 19-01-2011, n. 382 Assegnazione di alloggi Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

La sig.ra M.S. impugnava innanzi al TAR per la Lombardia il decreto datato 5/7/2002 con cui il Comune di Milano ordinava il rilascio dell’alloggio di proprietà comunale occupato sine titulo, ai sensi dell’art.26 della legge regionale 4/5/1990 n.28, denunciando, in particolare, con due mezzi di gravame, la illegittimità del provvedimento comunale impugnato per i vizi di incompetenza e di erroneità dei presupposti.

L’adito TAR, con sentenza n.4249/2002, resa in forma semplificata ai sensi dell’art.26 della legge n.1034 del 1971, rigettava il ricorso ritenendolo infondato.

L’interessata ha impugnato tale sentenza, ritenendola ingiusta ed erronea.

In particolare, a sostegno del proposto gravame ha dedotto i seguenti motivi:

1) violazione dell’art.26 della legge n.1034 del 1971 nel testo modificato dall’art.9 della legge n.205 del 2000 atteso che nella camera di consiglio convocata per la discussione dell’istanza cautelare, il Collegio non avrebbe avvertito i difensori circa l’intendimento di trattenere il ricorso per la decisione nel merito per definirlo con una sentenza c.d. breve e tanto comporterebbe la violazione e comunque la illegittima compressione del diritto di difesa;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art.25 comma 1 della legge regionale n.91/83 come modificato dall’art.26 della legge regionale n.28/90 e dell’art.107 del dlgs n.167/2000 per contrasto con gli artt.3 e 97 della Costituzione, in quanto la competenza ad emettere il decreto in questione spetterebbe al legale rappresentante dell’Ente e non al dirigente;

3) violazione e falsa applicazione dell’art.14 comma 1 e dell’art.2 commi 3 e 4 della legge regionale n.91/83 nonché eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, mancata e/o errata valutazione del presupposto, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, sul rilievo che: a) le norme invocate farebbero riferimento, quanto alla necessaria convivenza alla data del bando e non alla data del decesso del congiunto; b) l’appellante avrebbe stabilmente abitato nella casa già occupata dallo zio per tre anni; c) occorre fare riferimento all’effettivo domicilio e non alla residenza.

Si è costituito il Comune di Milano per resistere al proposto gravame.

Questa Sezione con sentenza n.2617 del 2/3/2010 interlocutoriamente pronunziando, con riferimento alla censura pregiudiziale dedotta in ordine alla violazione del proprio diritto di difesa, di cui al motivo sub 1), ha disposto l’acquisizione della copia del verbale della camera di consiglio del 3 ottobre 2002 nella quale è stata introitata a decisione, ai sensi dell’art.26 della legge n.1034/71, il ricorso di primo grado dell’attuale appellante.

La Sezione quindi, con sentenza n.7535 del 4/6/2010, constatata la mancata esecuzione dell’incombente istruttorio, ne ha ordinato la reiterazione, fissando per il prosieguo della trattazione della causa l’udienza pubblica del 14/12/2010.

L’appello viene quindi trattenuto per definitiva decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio deve procedere in primo luogo alla disamina della doglianza denunciata col presente gravame in via pregiudiziale e relativa alla violazione del diritto di difesa, per non essere stato il patrocinio dell’appellante in sede di discussione della istanza cautelare avanzata innanzi al giudice di primo grado, nella camera di consiglio appositamente convocata, avvisato in ordine alla possibilità di definire il giudizio ai sensi dell’art.26 della legge n.1034 del 1971 come modificato dall’art.9 della legge n.205 del 2000.

Il motivo è fondato.

Invero, dall’esame del verbale della camera di consiglio del 3 ottobre 2002 qui fatto pervenire a cura della Segreteria del Tar per la Lombardia in esecuzione delle decisioni interlocutorie sopra indicate, si rileva che i difensori presenti delle parti sono stati genericamente uditi, senza che ivi sia riportato cenno alcuno in ordine all’avviso ai predetti della volontà del collegio di decidere il ricorso con le modalità di cui all’art.26 legge n.1034/71 come sostituito dall’art.9 della legge n.205 del 2000.

Ora, la mancata menzione della possibilità di conversione del rito da cautelare a merito nel verbale della camera di consiglio di che trattasi evidenzia la sussistenza della violazione del principio del contraddittorio processuale, lì dove le parti costituite e quindi i difensori presenti dovevano essere sentiti sul punto costituito proprio dall’intendimento di definire il merito della causa a mezzo di sentenza c.d. semplificata.

Se è vero che l’istituto della sentenza c.d. breve serve a velocizzare (beninteso, in presenza delle condizioni previste dal citato art.26 della legge TAR) la funzione giurisdizionale,nell’interesse delle stesse parti del processo amministrativo, nondimeno, non può essere negletta l’esigenza di avvertire i legali presenti delle parti in ordine alla eventualità di definizione del giudizio con le dette modalità, onde consentire a questi ultimi di approntare le difese che all’uopo ritengono più confacente, orientando la discussione in vista della verifica del merito delle questioni di causa: da ciò deriva che l’omessa, previa comunicazione ai difensori, produce un vulnus al diritto di difesa il cui esercizio com’è noto deve essere, invece, assicurato nella sua totale pienezza.

Sulla scorta, quindi delle risultanze documentali appositamente acquisite risulta essersi inverato il vizio di violazione del diritto di difesa dedotto puntualmente dall’appellante e la natura assorbente di tale censura produce l’accoglimento del presente appello, con conseguente annullamento della sentenza impugnata senza che possa passarsi a verificare la fondatezza o meno degli altri mezzi di gravame.

Al riguardo deve pure disporsi, in ragione del vizio testè rilevato, ai sensi dell’art.105 primo comma c.p.a., la rimessione della causa al giudice di primo grado.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e per l’effetto annulla l’impugnata sentenza.

Dispone, ai sensi dell’art.105 primo comma c.p.a, la rimessione della causa al TAR per la Lombardia sede di Milano.

Spese e competenze del doppio grado del giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente FF

Vito Poli, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
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