Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-07-2012, n. 13263

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Svolgimento del processo
Con ricorso per decreto ingiuntivo del 20 gennaio 2001, la ditta D.S. chiedeva intimarsi alla s.r.l. C. il pagamento della somma di L. 23.056.864, oltre interessi legali dalla scadenza al saldo, quale residuo dovuto per lavori di ristrutturazione commissionati dalla suddetta società ed eseguiti per il bar (OMISSIS). Il giudice designato dell’adito Tribunale di Savona emetteva il richiesto provvedimento monitorio che veniva ritualmente opposto dalla società ingiunta e, previa costituzione del terzo chiamato in causa Z.L., all’esito dell’esperita istruzione probatoria, il predetto Tribunale, con sentenza n. 433 del 2004 (depositata il 14 aprile 2004), così decideva: – revocava l’impugnato decreto ingiuntivo; – condannava l’opponente C. al pagamento, in favore dell’opposta, della somma di Euro 774,69, oltre iva sull’importo di Euro 11.878,51 ed agli interessi legali sulla prima somma capitale dal 10 gennaio 2011 al saldo; – compensava le spese giudiziali tra l’opponente e l’opposta e condannava l’opponente al rimborso delle spese processuali in favore del terzo chiamato in causa Z.L..
Interposto gravame avverso la suddetta sentenza, nella costituzione degli appellati e con la proposizione di appello incidentale da parte della ditta D.S., la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 159 del 2008 (depositata l’8 febbraio 2008 e notificata il 23 giugno 2008), in accoglimento del suddetto appello incidentale, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta nell’interesse della s.r.l. C. (che non aveva assolto all’onere probatorio sulla stessa incombente ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 2), con conseguente conferma del provvedimento monitorio, e regolava le spese di entrambi i gradi con riferimento ai plurimi rapporti processuali instauratisi.
Avverso la citata sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la C. s.r.l., articolato in quattro motivi, in ordine al quale si è costituita in questa fase, con controricorso, la ditta D.S., mentre l’altro intimato Z.L. (nei cui confronti è stata disposta la rinnovazione della notificazione del ricorso con ordinanza interlocutoria del 27 aprile 2010) non risulta aver svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata circa un fatto decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in relazione alla tempestiva contestazione dalla stessa sollevata in ordine alla cattiva esecuzione dei lavori (assunta come provata con testimonianza e riscontri documentali), alla tardiva consegna degli stessi e alla contestazione inerente l’efficacia delle fatture poste a fondamento della richiesta in via monitoria.
2. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 1492 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
3. Con il terzo motivo la ricorrente ha censurato la sentenza impugnata in relazione all’assunta violazione dell’art. 1398 c.c., avuto riguardo alla posizione del terzo chiamato in causa Z. L..
4. Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto la supposta violazione dell’art. 2729 c.c..
5. Ritiene il collegio che sussistono, nel caso in questione, i presupposti per dichiarare inammissibile il ricorso con riferimento a tutti i motivi proposti, per inosservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’art. 366 bis c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e "ratione temporis" applicabile nella fattispecie, vertendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato D.Lgs., siccome pubblicata in data 8 febbraio 2008: cfr. Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010).
Sul piano generale si osserva (cfr., ad es., Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366-bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 c.p.c., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a "dicta" giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo "iter" argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
Ciò posto, alla stregua della uniforme interpretazione di questa Corte (secondo la quale, inoltre, ai fini dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito di diritto non può essere implicitamente desunto dall’esposizione del motivo di ricorso, nè può consistere o essere ricavato dalla semplice formulazione del principio di diritto che la parte ritiene corretto applicare alla fattispecie, poichè una simile interpretazione si sarebbe risolta nell’abrogazione tacita della suddetta norma codicistica), deve escludersi che la ricorrente si sia attenuta alla rigorosa previsione scaturente dal citato art. 366 bis c.p.c., poichè:
– con riferimento al primo motivo, riferito al richiamato vizio di motivazione, dopo la diffusa esposizione della doglianza, non si evince alcuna appropriata sintesi dello stesso vizio prospettato e manca del tutto la chiara indicazione, in apposito quadro riepilogativo, del fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione della sentenza impugnata sia contraddittoria, così come difetta la prospettazione delle ragioni, in termini adeguatamente specifici, per le quali la supposta deficienza motivazionale si sarebbe dovuta considerare inidonea a supportare la decisione;
– con riguardo al secondo motivo, riferito alla riportata violazione di legge di cui all’art. 1492 c.c., non risulta inserita alcuna indicazione, in modo appropriato ed autonomo, di un quesito di diritto riferibile alla supposta violazione della richiamata norma, la cui formulazione – tale da contenere un riferimento riassuntivo relativo all’oggetto della doglianza – avrebbe dovuto assumere rilevanza ai fini della decisione del motivo e a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (v., tra le tante, Cass. n. 7197/2009);
– in ordine al terzo motivo, riferito alla violazione dell’art. 1398 c.c., difetta l’illustrazione di un apposito quesito di diritto nei sensi precedentemente illustrati e così, anche con riferimento al quarto motivo (relativo all’addotta violazione dell’art. 2729 c.c.), manca l’enucleazione del necessario requisito rilevante ai sensi del citato art. 366 bis c.p.c..
Inoltre i motivi, così come dedotti, appaiono essenzialmente generici (avuto riguardo al disposto dell’art. 366 c.p.c.) e, con riferimento in particolare alle supposte violazioni di legge, lo svolgimento dello doglianze si risolve, fondamentalmente, nell’esposizione di una serie di principi giurisprudenziali tra loro affastellati, ma privi di una precisa correlazione logico-giuridica con la sentenza impugnata.
In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, nei confronti della controricorrente, mentre non occorre adottare alcuna statuizione sulle spese concernenti il rapporto processuale con lo Z., che non risulta aver svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente D.S., delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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