Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 19-06-2013, n. 26801

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Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del 28/01/2012 con la quale il Tribunale di quella stessa città aveva dichiarato G.G. responsabile del reato di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen., così riqualificata l’originaria imputazione ai sensi dello stesso art. 416 bis (per avere fatto parte dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra quale uomo "a disposizione degli uomini d’onore" di Cosa Nostra e in particolar modo degli appartenenti alle famiglie della Noce e di Porta Nuova in favore dei quali poneva disposizione la propria persona nonchè gli immobili di propria pertinenza dove avvenivano sistematicamente riunioni a cui partecipavano numerosi "uomini d’onore" e che erano finalizzate, tra l’altro, a celebrare con brindisi la riuscita di gravissime condotte criminose quali la strage di (OMISSIS) e a progettare e organizzare altre attività illegali; in tal modo contribuendo alla realizzazione degli scopi criminali dell’associazione, finalizzata mediante la forza di intimidazione del vincolo associativo e la conseguente condizione di assoggettamento ed omertà alla commissione di delitti, l’acquisizione diretta e indiretta del controllo di attività economiche finanziarie con il paravento dei delitti, alla realizzazione di profitti e vantaggi ingiusti degli associati e per gli altri); e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena di anni sei di reclusione, oltre consequenziale statuizione.

2. Avverso la pronuncia anzidetta i difensori dell’imputato, avv. Michele Catalano e Francesco Caroleo Grimaldi, hanno proposto ricorso per cassazione affidato le ragioni di censura indicate in parte motiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per contraddittorietà o manifesta illogicità di motivazione sul rilievo dell’erronea valutazione delle risultanze di causa, a suo dire inidonee a sostenere il giudizio di penale responsabilità in ordine all’addebito di cui in contestazione.

Con il secondo denuncia erronea applicazione dell’art. 418 cod. pen. sul riflesso che, infondatamente, era stata disattesa la richiesta di riqualificazione del fatto nella meno grave ipotesi delittuosa di cui alla menzionata norma sostanziale.

Con il terzo motivo lamenta contraddittorietà è manifesta illogicità della motivazione per erronea valutazione degli atti processuali specificamente indicati ed allegati al ricorso.

Con il quarto motivo deduce erronea applicazione dell’art. 62 bis cod. pen., sul rilievo dell’ingiusto diniego delle attenuanti generiche.

Con il quinto lamenta illogicità e contraddittorietà di motivazione con riferimento all’omessa concessione delle stesse circostanze generiche.

2. La prima censura si colloca alle soglie dell’ammissibilità agitando questione prettamente di merito, qual’è quella afferente alla valutazione delle emergenze processuali. La doglianza è destituita di fondamento, posto che la struttura argomentativa della sentenza impugnata, pur nell’insieme pletorico e ridondante che la caratterizza, consente nondimeno di individuare le ragioni del ribadito giudizio di colpevolezza. Del tutto plausibilmente è stato, infatti, ritenuto che la messa a disposizione di esponenti di Cosa Nostra del proprio immobile per lo svolgimento di veri e propri summit al fine della programmazione di omicidi eccellenti ovvero del festeggiamento di imprese omicidiarie andate a buon fine, integrasse condotta sussumibile nel paradigma della concorso esterno in associazione per delinquere, traducendosi in apprezzabile contributo causale al mantenimento od al rafforzamento della consorteria criminale. A neutralizzare la pregnanza del rilievo non vale obiettare che i partecipanti alle riunioni avrebbero certamente potuto disporre di altre sedi per i loro incontri, posto che, per elementari ragioni c’ordine logico, la scelta di una sede in luogo di altra non era certo indifferente, in quanto la natura degli incontri e la caratura dei partecipanti postulavano il rispetto di massime condizioni di sicurezza, vuoi per l’affidabilità del titolare della sede vuoi per la più agevole sorveglianza dei luoghi, per prevenire possibili incursioni di forze dell’ordine o di fazioni antagoniste.

La seconda censura è pur essa infondata, in quanto il giudice di appello ha chiaramente indicato le ragioni per le quali nella fattispecie fossero ravvisabili gli estremi del ritenuto concorso esterno e non anche della meno grave ipotesi delittuosa di cui all’art. 418 cod. pen., specie alla stregua del decisivo rilievo che la rilevante collaborazione offerta dall’imputato fosse orientata non già in favore di singola persona ma del sodalizio delinquenziale nel suo complesso.

La terza doglianza è anch’essa priva di fondamento, in quanto le asserite discrasie, evidenziabili – a dire di parte ricorrente – dagli atti processuali allegati al ricorso, pur ad ammetterne la sussistenza, non sono assolutamente tali da scardinare il costrutto logico-argomentativo in forza del quale il giudice a quo ha ribadito il giudizio di colpevolezza. Le modalità con cui avvenivano le riunioni, lo spessore delinquenziale dei partecipanti (che, peraltro, lo stesso G. riceveva ed accompagnava sul posto), pur senza assistere alle stesse, le modalità con le quali i detti incontri avevano svolgimento, il fatto che il detto imputato beneficiasse, a sua volta, di rilevanti favori da parte di alcuni componenti della consorteria, sono stati ritenuti, logicamente, elementi dimostrativi della piena consapevolezza dell’imputato in ordine al significato ed alla rilevanza della sua collaborazione, per l’ovvia esigenza che personaggi del calibro dei partecipanti a quelle stesse riunioni, tra cui latitanti come R.S., si riunissero in luogo sicuro ed insospettabile per lo svolgimento dei loro incontri programmatici, che, secondo le concordi propalazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia, avevano rilevanza fondamentale per la gestione unitaria di Cosa Nostra.

Il quarto e quinto motivo – riguardanti entrambi il diniego delle attenuanti – e per questo congiuntamente esaminabili – sono invece inammissibili attenendo a profilo squisitamente di merito in ordine al quale non manca motivazione congrua e sufficiente. In particolare, nel rispondere ad identica richiesta difensiva, contenuta nell’atto di gravame, il giudice di appello ha indicato le ragioni – connesse alla particolare gravità del fatto ed al numero delle riunioni mafiose tenute presso la villa dell’Imputato – espressamente ritenute ostative alla concessione della reclamato beneficio.

3. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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