Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 19-06-2013, n. 26798

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Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello – sezione minori di Reggio Calabria confermava la sentenza del 20/11/2009 con la quale il Tribunale per i minorenni di quella stessa città aveva dichiarato P.A. colpevole del reato di cui agli artt. 110 e 624 bis c.p., art. 625 c.p., n. 2, (perchè in concorso con altri, al fine di trarne profitto, mediante violenza consistita nell’effrazione del portone d’ingresso, si introducevano nell’abitazione di Pa.Mi. e B.M.T. sottraendo una borsa di pelle con all’interno un portafoglio contenente Euro 40,00) e per l’effetto – previa applicazione della diminuente di cui all’art. 98 cod. pen., in rapporto di equivalenza con l’aggravante contestata – l’aveva condannato alla pena di mesi quindici di reclusione e Euro 600 di multa.
2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore del P., avv. M. S., ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo d’impugnazione, parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione agli art. 192 c.p.p., comma 1 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. a), con riferimento alla valutazione delle risultanze processuali in base alle quali il giudice di appello aveva ritenuto di poter ribadire il giudizio di colpevolezza a carico dell’imputato, affidandosi solo al filmato di un sistema di videosorveglianza che aveva ripreso due giovani, non distinguibili in volto, introdursi nell’abitazione delle persone offese per poi rapidamente allontanarsi a bordo di un’autovettura.
Osserva, in proposito, che infondatamente era stato ritenuto che non vi fosse motivo di dubitare del giudizio espresso dalla p.g., che aveva visionato il filmato, in ordine alla corrispondenza dei colori degli indumenti indossati dalle persone riprese a quelli dell’abbigliamento del P. e del coimputato all’atto del successivo controllo di polizia.
Lamenta, altresì, che nonostante le puntuali deduzioni difensive espresse nell’atto di appello, con riferimento all’approssimazione di giudizio in ordine ai colori degli indumenti e dell’auto a bordo della quale gli autori del furto si erano allontanati ed alla ritenuta corrispondenza delle fattezze fisiche dei soggetti ripresi con quelle del P. e del coimputato, il giudice a quo non aveva reso idonea motivazione a sostegno del suo convincimento. Le perplessità prospettate dalla difesa erano avvalorate dalla circostanza che, al momento del fermo, il P. fosse stato trovato in possesso solo di una banconota di euro cinque e di poche monete.
2. Il ricorso è inammissibile in quanto meramente reiterativo di questioni prettamente di merito già dedotte in sede di gravame in ordine alle quali la risposta motivazionale del giudice di appello appare congrua e pertinente. Ed invero, in esito alla compiuta rivisitazione del compendio indiziario, la Corte territoriale ha ritenuto che gli elementi accusatori fossero tali, per concludenza e pregnanza dimostrativa, da integrare una piattaforma probatoria idonea a ribadire il giudizio di colpevolezza. E’ appena il caso di osservare, al riguardo, che non spetta certamente a questo Giudice di legittimità vagliare la reale consistenza delle risultanze probatorie in funzione di una diversa lettura delle stesse, dovendo solo "collaudare" la tenuta logica e la formale correttezza in chiave giuridica della struttura giustificativa della sentenza impugnata.
Nel caso di specie, una siffatta verifica ha riscontro ampiamente positivo, posto che l’impianto motivazionale della sentenza impugnata risulta immune da vizi od incongruenze di sorta.
3. Per quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senz’altra statuizione, trattandosi di imputato minore di età. Per tale ragione va, invece, ordinato l’oscuramento dei dati identificativi, a norma di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano oscurati le generalità e gli altri dati identificativi dell’imputato.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013

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