Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-01-2013) 30-05-2013, n. 23361

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ordinanza pronunziata in data 11 dicembre 2012, il Tribunale di Napoli Sezione del riesame respingeva l’appello proposto da B. S. – condannato alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione con sentenza di primo grado-confermata dalla Corte d’appello di Napoli, quale responsabile del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, – avverso l’ordinanza della stessa Corte d’appello 30 maggio 2012, reiettiva della richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari, a motivo del fatto che il prevenuto era evaso dal luogo ove era stato posto agli arresti domiciliari con precedente ordinanza emessa il 12 agosto 2011 dallo stesso Tribunale.

Ricorre per cassazione il B., per tramite del difensore, deducendo un unico motivo per violazione di legge e per vizio della motivazione.

Dopo aver premesso che il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a richiamare le argomentazioni poste a base dell’ordinanza di rigetto di identica istanza, emessa quattro mesi prima da altro Collegio tratto in inganno da una situazione di omonimia, si duole il difensore del difetto di motivazione in ordine alle presunte esigenze cautelari esclusivamente desunte dall’episodio dell’evasione conseguente all’impulsivo allontanamento della casa coniugale a causa di una accesa discussione con la moglie. Per tale ragione il prevenuto fu colto dai Carabinieri a bordo del ciclomotore mentre era in procinto di raggiungere, l’abitazione paterna: circostanza ex se non idonea ad escludere l’adeguatezze della Invocata misura custodiate meno afflittiva. Lamenta infine il ricorrente che il Tribunale non avrebbe minimamente tenuto conto, a tale riguardo, della manifestata disponibilità ad eseguire la misura cautelare degli arresti domiciliari in S. Maria del Cedro (Cosenza): località lontana dal luogo del commesso reato tale da scongiurarne qualsiasi potenziale violazione. Insta conclusivamente per l’annullamento della impugnata ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

Osserva il Collegio che, ad onta delle critiche dal ricorrente, il Tribunale del riesame ha proceduto a corretta e legittima applicazione della legge, sottolineando congruamente, da un lato, che il mero decorso del tempo dalla recente pronunzia della precedente ordinanza reiettiva, in difetto di nuovi elementi atti a far venir meno il giudizio di adeguatezza della misura custodiate intramuraria, non poteva indurre ad alcun plausibile mutamento di convincimento, attesa la gravita del fatto ed il concreto pericolo di reiterazione, vieppiù ribaditi dal precedente specifico riportato e dalla conferma in grado d’appello della sentenza di condanna. Dall’altro ha inoppugnabilmente rimarcato il conclamato dato ostativo ad un’affievolimento del trattamento cautelare nei confronti dell’imputato, in ragione dell’"indole trasgressiva" e dell’insofferenza all’osservanza delle prescrizioni autocustodiali, ove esclusivamente rimessa alla volontà del prevenuto, come dimostrato dall’evasione commessa (reato per il quale il B. ha patteggiato una pena di mesi SEI di reclusione); donde la ovvia inadeguatezza del ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari a fini di tutela degli interessi fondamentali della collettività.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

Segue l’ordine alla cancelleria di provvedere ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 – ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 – ter.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *