Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 24-05-2013, n. 22432

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Torino concesse l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, che insieme alle attenuanti generiche dichiarò prevalenti sulla aggravante, rideterminò la pena in anni 4 di reclusione, ridusse la pena accessoria e confermò nel resto la sentenza emessa l’11.4.2011 dal Gip del tribunale di Torino, che aveva dichiarato C.B. responsabile del reato di cui agli artt. 81, 609 bis e 609 ter c.p. per avere compiuto atti sessuali nei confronti di C.C., minore degli anni dieci.

L’imputato, a mezzo dell’avv. Cosimo Palumbo, propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione di legge e vizio di motivazione perchè non è stata compiuta una adeguata valutazione della attendibilità intrinseca ed estrinseca della persona offesa. In particolare non è stata valutata nella sua globalità la perizia, la quale afferma anche che la minore ha un bisogno di accondiscendenza. Comunque la sua attendibilità in astratto non dimostra l’attendibilità in concreto. Non si è tenuto conto delle modalità del racconto fatto ai carabinieri, quando erano stati sentiti prima i genitori e poi la bambina; così come non si era considerato nè che i genitori potevano averla influenzata; che l’episodio che sarebbe avvenuto in casa era poco chiaro secondo la stessa sentenza impugnata; che appare inverosimile la dinamica degli episodi accaduti nell’orto; che si è trattato di mere congetture prive di elementi probatori certi; che erano invece pienamente attendibili le dichiarazioni della teste G.; che il linguaggio della bambina non era appropriato alla sua età; che la minore aveva mostrato un forte interesse per il sesso; che non vi era stato in quel periodo alcun cambiamento nel comportamento di C. C.;

2) violazione di legge e mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

3) mancanza di motivazione in ordine alla massima estensione della riduzione di pena per concesse attenuanti.

Motivi della decisione

Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato, in quanto per la gran parte si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed in quanto comunque la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione su tutti i punti e le eccezioni evidenziati con il ricorso e più in generale sulle ragioni per le quali ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato.

Ed invero, quanto all’attendibilità della minore, la sentenza impugnata ha. tra l’altro, rilevato: – che durante l’incidente probatorio la bambina aveva ribadito quanto già detto in sede di prima denuncia, senza aggiungere particolari incompatibili; – che sia le dichiarazioni della bambina sia quelle dei genitori erano pienamente credibili, nonchè coerenti e verosimili; – che nella relazione psicologica la bambina era stata ritenuta matura e in grado di riferire i fatti con precisione; – che alcuni dei fatti narrati (come la eiaculazione) non potevano essere conosciuti se non attraverso una esperienza personale; – che segnali di genuinità erano stati percepiti anche dagli altri testi (come il turbamento alla vista dell’imputato; la forte reticenza e la vergogna alla presenza del padre; il pianto liberatorio dopo la rilevazione); – che la genesi del racconto risiedeva in un inaspettato evento esterno; – che i genitori avevano fatto in modo di non insistere con le domande alla bambina, evitando che questa subisse condizionamenti e alterazioni dei ricordi; – che questo atteggiamento neutro aveva contribuito alla genuinità e veridicità del racconto; – che in sede di incidente probatorio la bambina era stata sempre coerente, con alcune difficoltà iniziali subito superate.

La corte d’appello, sempre con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, ha ritenuto: – che era irrilevante che la minore frequentasse o meno la coetanea J.;

– che nell’orto vi erano posti non visibili facilmente dall’esterno e che comunque gli episodi avevano avuto breve durata; – che non era inverosimile l’episodio avvenuto in casa, per il quale comunque non vi era stata condanna.

La sentenza impugnata ha poi indicato le ragioni per le quali ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni della teste G., madre di J. e specificato perchè erano irrilevanti le eccezioni difensive basate su alcune osservazioni stralciate dalla perizia, la quale aveva invece dimostrato la capacità della bambina a testimoniare.

E’ congrua ed adeguata anche la motivazione con la quale la corte d’appello ha escluso il riconoscimento del fatto di lieve entità, in considerazione della circostanza che la libertà sessuale della bambina era stata compressa in modo grave, date le modalità esecutive e le circostanze dell’azione, avendo la minore subito con vivo disappunto le molestie e i reiterati abusi sessuali attuati dall’imputato con continuità.

La corte d’appello ha altresì adeguatamente motivato l’esercizio del proprio potere discrezionale in ordine alla determinazione della pena, in considerazione della ritenuta prevalenza delle due attenuanti sulla aggravante contestata, per le quali è stata applicata una riduzione ritenuta congrua in relazione ai fatti.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2013
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