Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-07-2012, n. 13239

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Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 12.2.07 la Corte d’appello di Milano rigettava il gravame interposto contro la sentenza con cui il Tribunale della stessa sede, dichiarata l’illegittimità del termine finale apposto ai contratto stipulato da P.I. S.p.A. e C.C. dal 1.12.03 al 14.2.04, aveva dichiarato la sussistenza d’un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fra le parti, condannando la società a riassumere la lavoratrice e a pagarle le retribuzioni maturate dalla data della messa in mora.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre P.I. S.p.A. affidandosi a cinque motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso la C..
Motivi della decisione
1- Con il primo motivo la società ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 deducendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la causale del contratto de quo non era affatto generica in quanto precisava in modo circostanziato la ragioni di carattere sostitutivo che giustificavano l’apposizione del termine; in particolare, oltre alla durata del contratto, erano stati specificati l’inquadramento e le mansioni della lavoratrice assunta e del personale da sostituire (Area operativa, mansioni di smistamento) e la funzione aziendale di riferimento (Polo Corrispondenza Lombardia).
La stessa doglianza viene – in sostanza – fatta valere con il secondo motivo, sotto forma di vizio di motivazione.
Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. laddove l’impugnata sentenza ha ritenuto indimostrata la sussistenza, nel merito, delle allegate esigenze sostitutive dopo aver rigettato le istanze di ammissione della prova sul punto formulate dalla società ricorrente.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e degli artt. 1418, 1419 e 1457 c.c. per avere la decisione impugnata asserito che la ritenuta violazione dell’art. 1 cit. comportasse la nullità del termine e la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato.
Con il quinto e ultimo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c. riguardo alla statuizione concernente i profili economici conseguenti alla declaratoria di nullità del termine; deduce la società ricorrente, in particolare, la violazione del principio di corrispettività della prestazione.
2 – I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
Questa Corte Suprema (cfr., in particolare, Cass. 2.5.11 n. 9602;
Cass. 26.1.2010 n. 1577; Cass. 26 gennaio 2010 n. 1576) ha affermato il seguente principio di diritto, cui nella presente sede va data continuità: "In tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata, infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità".
Nel caso in esame non può condividersi, in relazione ai principi sopra enunciati, la valutazione operata dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine stipulato fra le odierne parti. In particolare, la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma riferite alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato.
Invero, come questa S.C. ha già statuito proprio in controversie concernenti contratti di lavoro a termine stipulati da P.I. S.p.A. per ragioni di carattere sostitutivo (cfr. Cass. 16.11.2010 n. 23119; Cass. 26.1.2010 nn. 1576 e 1577), l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.
Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità.
Nè in senso contrario si pone Corte cost. n. 214/09 laddove, dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1 e art. 11, afferma che l’onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, comma 2, impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.
Ora, come questa S.C. ha già chiarito nelle proprie precedenti sentenze, il passo della sentenza della Corte cost. sopra citato deve essere letto nel relativo contesto argomentativo, che individua la rado legis proprio nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.
Ne discende che, nell’ampia casistica offerta dall’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi, mediante l’indicazione di criteri che, prescindendo dall’individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma.
In questi termini, le due opzioni interpretative (quella della cit.
sentenza n. 214/09 della Corte cost. e quella accolta nella summenzionata giurisprudenza di questa S.C.) risultano coerenti.
In breve, l’apposizione del termine per ragioni sostitutive è legittima ove l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata, come in concreto avvenuto nel caso di specie, da elementi ulteriori (quali, l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilita circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato.
Nel caso in esame l’impugnata sentenza non si è attenuta a tali principi, sicchè i primi due motivi di ricorso sono da accogliersi, mentre restano assorbiti i restanti.
3- Per l’effetto, la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che deciderà sulla base dei sopra indicati principi di diritto e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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