Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 02-05-2013, n. 19030 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 2/3/2012 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 12/5/2011 del Tribunale di Como, ha concesso al sig. L. la circostanza attenuante prevista dall’art. 609 c.p., u.c..

e ridotto la pena a due anni di reclusione, pena condizionalmente sospesa, revocando la pena accessoria applicata in primo grado e confermando le statuizioni civili. Le contestazioni mosse all’imputato si riferiscono a fatti di reato di maltrattamenti ex art. 572 cod. pen. (capo A), di violenza sessuale continuata ex artt. 81 cpv. e 609-bis cod. pen. (capo B) e di lesioni personali ex art. 582 cod. pen. (capo C), commessi dal (OMISSIS) in danno della moglie.

La corte territoriale ha ritenuto che le accuse mosse dalla persona offesa al marito siano non solo coerenti e inequivoche e tali da essere considerabili intrinsecamente attendibili, ma anche fornite di riscontri esterni documentali (come nell’episodio da cui discesero le lesioni personali del (OMISSIS)) e testimoniali, questi ultimi in grado di confermare non solo il clima di terrore e di sudditanza patito dalla persona offesa, ma anche l’esistenza di relazioni sessuali non volute da costei.

2. Avverso tale decisione il sig. L. propone ricorso in sintesi lamentando:

a. Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per avere i giudici di merito omesso di considerare che il racconto accusatorio sui fatti di violenza sessuale emerge per la prima volta dopo l’udienza in sede di procedura di separazione tra coniugi e omesso di valutare l’illogicità del racconto della persona offesa in ordine alla mancata reazione alle violenze che avrebbe subito in ora notturna. Inoltre, i giudici errano nel considerare come confermative delle accuse le dichiarazioni testimoniali in atti, posto che si tratta di dichiarazioni in parte prive di rilievo e in parte caratterizzate da contraddizioni. In conclusione, l’esistenza di un pacifico clima di conflitto tra i coniugi non può essere posto a carico del solo L. sotto il profilo dell’ipotesi di maltrattamenti, mentre difettano del tutto le prove delle condotte violente a sfondo sessuale;

b. vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) con riferimento al risarcimento del danno.

Motivi della decisione

1. La Corte ritiene che il primo motivo di ricorso sia manifestamente infondato e che possa, invece, trovare accoglimento il secondo motivo.

2. Il contenuto dei motivi di ricorso impone alla Corte di ricordare in via preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074).

Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla L. n. 46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è "rimedio (che) non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall’appello".

Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha "la pienezza del riesame di merito" che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., lett. e) non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.

Ancora successivamente alla modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) apportata dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, comma 1, lett. b) l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n. 23419 del 23 maggio-14 giugno 2007, PG in proc. Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sez. 6, n. 22256 del 26 aprile – 23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

3. L’applicazione di tali principi interpretativi al presente ricorso impone di valutare come estranei al giudizi di legittimità gli argomenti utilizzati dal ricorrente col primo motivo d’impugnazione.

La Corte di appello ha, infatti, fornito una risposta puntuale e logica alle censure mosse alla prima sentenza. In particolare, ha fornito una spiegazione delle ragioni per cui il racconto della persona offesa si è fatto più preciso e completo dopo la celebrazione dell’udienza in sede di separazione tra coniugi e non ha affatto omesso di considerare il clima di conflitto esistente all’interno della coppia, ritenuto non inficiante la genuinità del racconto ma rilevante ai fini dell’applicazione della circostanza prevista dall’ultima parte dell’art. 609-bis cod. proc. pen..

4. Ad analogo giudizio sulla motivazione della sentenza impugnata non può giungersi con riguardo al capo concernente gli effetti civili del reato. In effetti, dopo avere nella parte espositiva ricordato che l’appellante chiedeva che venisse eliminata la condanna al risarcimento dei danni per difetto di prova sui medesimi e per difetto di motivazione in ordine alla loro quantificazione, la motivazione della sentenza impugnata omette del tutto di affrontare il motivo di ricorso e nessuna deliberazione viene assunta sul punto.

Si tratta di vizio non emendabile da questa Corte ai sensi degli artt. 619 e 620 cod. proc, pen., così che occorre pronunciare sentenza di annullamento con rinvio affinchè il giudice del merito provveda all’esame della questione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata relativamente alla liquidazione del danno e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Conferma la sentenza nel resto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2013

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