Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 19-04-2013, n. 18251 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ordinanza del 7/3/2012 il Tribunale di Napoli, sez. dist. di Afragola, ha respinto l’istanza di revoca o sospensione dell’ingiunzione a demolire emessa a seguito dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna per violazioni edilizie pronunciata da quel Tribunale il 27/9/007 e divenuta irrevocabile il 27/10/2009.

Avverso tale decisione i sigg. S. e C. propongono ricorso in sintesi lamentando:

errata applicazione di legge ex art. 606 cod. proc. pen., lett. b), per avere il Tribunale disposto in contrasto con l’avvenuta acquisizione del bene al patrimonio comunale ed esercitato un potere che compete alla sola autorità amministrativa.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato nei suoi presupposti e nelle sue conclusioni.

2. L’ordinanza impugnata ha esaminato in modo compiuto i profili di censura mossi dai ricorrenti all’ingiunzione a demolire, così che non sussiste carenza motivazionale. La motivazione risulta, poi, conforme alla situazione di fatto (non discussa acquisizione del bene al patrimonio comunale, come da Delib. dell’ente in data 9/4/2008) e conforme ai principi che la giurisprudenza ha fissato con riguardo all’applicazione del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 31 e della precedente disposizione contenuta nella L. n. 47 del 1985, art. 7 (si rinvia sul punto alla sentenza di questa Sezione, n. 3861 del 18/1/2011, Baldinucci).

3. Osserva la Corte che l’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio pubblico costituisce uno strumento per il riequilibrio della legalità violata ed è funzionale alla demolizione delle opere, che potrà essere eseguita dalla stessa persona condannata (Sez. 3^, Sentenza n. 4962 del 28/11/2007, Sposato e altro) e alla quale non si darà luogo, invece, qualora l’ente territoriale individui per le stesse una destinazione che sia compatibile con gli interessi urbanistici e ambientali e sia funzionale a "prevalenti" interessi pubblici, così come previsto espressamente dal citato art. 31, comma 5.

4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che i ricorrenti versino ciascuno la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè ciascuno di loro al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2013

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