Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-07-2012, n. 13220

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Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale del Lavoro di Larino C.L. chiedeva che venisse dichiarata la nullità del termine finale apposto al contratto di lavoro a tempo determinato, intercorso tra essa ricorrente e P.I. S.p.A. nel periodo 02.09.1999/30.10.1999, durante il quale aveva svolto le mansioni di portalettere presso la filiale di (OMISSIS) – con mansioni riconducibili all’area operativa di cui all’art. 43 del CCNL -, con conseguente ulteriore declaratoria della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 01.09.1999.
A sostegno della domanda, contestata dalla costituita società convenuta, la ricorrente deduceva l’illegittimità dell’apposizione del termine al contratto suddetto per violazione di quanto previsto dall’art. 8 del CCNL del 26.11.1994 e successivi accordi integrativi di esso.
Con sentenza del 26/10/2004, il Tribunale rigettava la domanda.
Avverso tale decisione proponeva appello la soccombente C., cui resisteva la società P.I..
Con sentenza del 16/11-19/12/2007 l’adita Corte d’appello di Campobasso, esclusa l’intervenuta risoluzione del contratto per mutuo consenso – come dedotto dalla società – per mancanza dei presupposti, rigettava il gravame.
A sostegno della decisione osservava che, con la L. n. 56 del 1987, art. 23 (vigente all’epoca della stipula del contratto di lavoro in parola) si era operata dal legislatore nazionale una estensione di possibilità di contratto di lavoro a termine, che, rimettendo alla contrattazione collettiva le possibilità di individuazione di ipotesi di applicabilità di tale tipologia di rapporto di lavoro (cosicchè, in definitiva, era prospettabile appunto una ampia delega in favore delle OO.SS.: v. Cass. SS.UU. n. 4588/06), non aveva comportato alcuna fissazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti e particolari necessità della azienda, e anche di condizioni oggettive o soggettive di lavoro pure solo di limiti temporali, che facessero carico datore di lavoro per procedere ad assunzioni a tempo determinato.
In ogni caso, non era revocabile in dubbio, nella specie, anche in base alla documentazione ritualmente prodotta Società convenuta, che le P.I. avevano in corso, all’epoca in cui era stato stipulato il rapporto di lavoro a tempo determinato con la C., un piano di profonda ristrutturazione interna e dei servizi da offrire alla clientela, che rendeva legittima l’apposizione dei termini al contratto.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre C.L. con un unico motivo.
Resiste la Soc. P.I. con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con l’unico, articolato motivo C.L. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, in relazione alla disciplina della L. n. 230 del 1962, art. 1 ed all’art. 8 del CCNL del personale dell’Ente Poste del 26.11.1994, così come integrato dagli accordi sindacali del 25.09.1997 e 16.01.1998 attuativi delle esigenze occupazionali a tempo determinato (per la ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali conseguenti alla trasformazione dell’Ente P.I. in P.I. S.p.A.) ed autorizzanti per tali specifiche esigenze, il ricorso a contratti a tempo determinato solo fino al 30.04.1998.
Lamenta, quindi, che al Corte d’appello non abbia tenuto conto di tale disciplina, in base alla quale la clausola con il termine apposta al contratto, stipulato – come nella specie – nel periodo 2 settembre 1999/30 ottobre 1999, durante il quale aveva svolto le mansioni di portalettere, era da considerarsi nulla.
Il motivo è fondato, contrastando la decisione impugnata con la giurisprudenza di questa Corte senza offrire elementi per confermare o mutare gli orientamenti interpretativi che in materia si sono ormai consolidati. Questa Corte ha, infatti, affermato, sulla scia di Cass. S.U. 2/3/2006 n. 4588, che "l’attribuzione alla contrattazione collettiva, della L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato" (v. Cass. 4- 8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). "Ne risulta, quindi, una sorta di "delega in bianco" a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatali, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato" (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23/8/2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, come questa Corte ha più volte rilevato, "in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l.
26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1" (v., fra le altre, Cass. 1/10/2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18-3-2011 n. 6294, Cass. 31-3-2011 n. 7502).
Il ricorso principale va, pertanto, accolto con conseguente annullamento della impugnata decisione e rinvio per il riesame, sulla base dei principi espressi, alla Corte d’appello di Campobasso in diversa composizione, che provvedere anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.
L’accoglimento del ricorso principale comporta l’assorbimento di quello incidentale con cui la società, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., commi 1 e 2, nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), lamenta il mancato accoglimento, da parte del Giudice a quo, della "eccezione di risoluzione consensuale per mutuo consenso", sollevata nei precedenti gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Campobasso in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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