Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 29-01-2013) 10-04-2013, n. 16386

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di vari imputati, tra cui T. F., per il reato di corruzione (artt. 110 e 81 cpv. c.p., artt. 319 e 321, art. 112 c.p.p., n. 1), limitatamente ai fatti commessi in data (OMISSIS), perchè estinti per prescrizione.

Il G.u.p., nel rilevare la causa estintiva del reato quanto ai fatti commessi nelle date sopra indicate, ha affermato che, in assenza di dati evidenti ed univoci rilevabili dagli atti, la verifica delle prospettazioni difensive, alternative alla ricostruzione ritenuta sulla base degli atti, non poteva che essere rimessa all’approfondimento dibattimentale, precluso però del maturato termine prescrizionale.

3. Avverso la suddetta decisione, ricorre per cassazione l’imputato, che deduce "violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza della legge penale", e per illogicità della sentenza, aggiungendo valutazioni sulla "attendibilità delle intercettazioni telefoniche".

Il ricorrente censura la qualificazione giuridica ritenuta dal giudice sulla scorta della giurisprudenza di legittimità, assumendo che, alla luce di più recenti pronunce di questa Corte, i fatti contestati dovevano invece essere rapportati alla fattispecie della corruzione prevista dall’art. 318 c.p., per conformità degli atti compiuti nell’interesse della pubblica amministrazione. Rileva anche l’illogicità della motivazione, contrapponendo a quella ritenuta dal giudice una diversa ricostruzione della vicenda sulla base di circostanze emerse dalle indagini difensive espletate dai difensori.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In ogni stato e grado del processo, il giudice è obbligato all’immediata declaratoria dell’estinzione del reato, se riconosce essersi consumato il previsto tempo di prescrizione (art. 129 c.p.p., comma 1). Pur in presenza di una causa di estinzione del reato, egli deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione, quando dagli atti risulta l’evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato (art. 129 c.p.p., comma 2).

3. Come ha più volte precisato questa Corte, i presupposti per l’immediato proscioglimento (l’inesistenza del fatto, l’irrilevanza penale, il non averlo l’imputato commesso) devono però risultare dagli atti in modo incontrovertibile, tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. E’ necessario quindi che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga "positivamente" dagli atti e senza necessità di ulteriori accertamenti(Cass. sez. 6, n. 5438/2012, Rv. 252407, Tucci; Sez. U, n. 17179/2002, Rv. 221403, Conti; Sez. U, n. 35490/2009, Tettamanti, Rv. 244273-4).

Ne consegue che non è consentito al giudice di applicare l’art. 129 c.p.p., comma 2 in situazione d’incertezza probatoria. In questo caso il diritto costituzionalmente garantito ad una decisione penale di merito è tutelato attraverso la facoltà dell’imputato di rinunzia alla causa di estinzione (Corte Cost. nn. 300 e 362 del 1991).

Analogamente, in presenza dell’obbligo di immediata declaratoria delle cause di estinzione del reato e dell’ovvio principio di economia processuale che preclude di svolgere attività inutili, è inibito al giudice di legittimità, in presenza di una causa estintiva del reato, di prendere in considerazioni vizi logici della sentenza, che pur potrebbero teoricamente condurre all’annullamento con rinvio.

In caso di annullamento, infatti, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione che gli impone l’obbligo della immediata declaratoria della causa di estinzione del reato.

Ciò anche in presenza di una nullità di ordine generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva, così come precisato dalle Sezioni Unite (cfr. da ultimo Sez. U, n. 35490/2009, Tettamanti, Rv. 244275).

4. I suddetti principi valgono, ovviamente, anche per la declaratoria ex art. 129 c.p.p. del giudice dell’udienza preliminare, il quale – se rileva una causa di non punibilità emergente dagli atti – non potrà avvalersi dei poteri istruttori conferitigli dagli artt. 421 bis e 422 c.p.p., con l’effetto che l’ambito della sua cognizione deve rimanere "cristallizzato" allo stato degli atti esistente al momento processuale della rilevata causa di non punibilità, con preclusione di un ulteriore approfondimento del thema decidendum (Cass. sez. 6, n. 5438/2012, Rv. 252407, Tucci).

5. Nel concreto caso in esame, la censura sull’errata qualificazione giuridica dei fatti è inammissibile, giacchè implica ulteriori accertamenti, così come ha evidenziato il giudice di merito e come risulta dalle stesse argomentazioni del ricorrente, che censura la ricostruzione della vicenda ritenuta dal giudice e ne prospetta una alternativa.

Il dedotto vizio di illogicità della motivazione non può essere preso in esame per le ragioni sopra specificate.

Quanto, infine, alla doglianza relativa all’asserita "inattendibilità delle intercettazioni telefoniche", il motivo è inammissibile per l’assoluta genericità della censura, che peraltro si risolve in una valutazione di fatto.

6. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, che si ritiene adeguato determinare nella somma di Euro 1.000, in relazione alla natura delle questioni dedotte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2013

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