Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13211

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Svolgimento del processo
1- Con sentenza in data 12 dicembre 2000 – 27 marzo 2001 il Tribunale di Treviso rigettò l’opposizione proposta da R.F. al decreto ingiuntivo per L. 30.000.000 intimatole da C.M. S.n.c. in virtù di un assegno bancario protestato.
2.- Con sentenza in data 15 maggio – 19 ottobre 2006 la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento del gravame della soccombente, revocò il decreto ingiuntivo.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa: non sussisteva valida prova documentale del credito vantato dalla C.M. S.n.c. e portato dall’assegno bancario prodotto non in originale, ma solo in fotocopia della parte frontale, disconosciuta ex art. 2719 c.c. dalla R.; la scrittura privata 2 dicembre 1992, prodotta dall’opponente, rappresentava una controdichiarazione che costituiva elemento di prova di accordo simulatorio inter partes.
3.- Avverso la suddetta sentenza la C.M. S.n.c. ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi.
La R. ha proposto ricorso incidentale affidato ad un solo motivo.
La ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
1.- Preliminarmente i due ricorsi, proposti avverso la stessa sentenza, vengono riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
2.- Occorre premettere che ai ricorsi è applicabile ratione temporis – la normativa introdotta dal D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione. Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), 1’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
3 – I cinque motivi del ricorso principale risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..
Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.
Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e "virtuoso" nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.
In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.
Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).
4.- Il primo motivo denuncia violazione del combinato disposto dell’art. 2719 c.c. e dell’art. 214 c.p.c. e insufficiente motivazione.
Si assume che la Corte territoriale ha errato nel ritenere che fosse stata prodotta solo la fotocopia della parte frontale dell’assegno.
E’ agevole rilevare che l’errore de quo, ove effettivamente sussistente, sarebbe di natura revocatoria e non suscettibile di ricorso per cassazione.
Si assume, poi, che la R. non ha mai inteso disconoscere la propria firma che appariva sulla fotocopia del titolo. La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, secondo cui la R. ha contestato la conformità della fotocopia all’originale.
In ogni caso essa presuppone l’esame degli atti e valutazioni che esulano dal giudizio di legittimità.
Ma, soprattutto, manca il momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per indicare le ragioni dell’addotta insufficienza della motivazione, mentre il quesito non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, ma chiede alla Corte di verificare la fondatezza della propria tesi.
5 – Il secondo motivo lamenta contraddittorietà della motivazione.
Il tema è ancora il preteso disconoscimento della fotocopia dell’assegno bancario, ma la lettura della sentenza impugnata consente di ricavarne agevolmente che il disconoscimento ha avuto per oggetto la fotocopia. La Corte ha spiegato che la R. non si è limitata a chiedere di disconoscere, ma ha effettivamente disconosciuto la fotocopia.
Anche il motivo in esame non ottempera all’onere processuale imposto dall’art. 366-bis c.p.c..
6.- Il terzo motivo adduce violazione del combinato disposto degli artt. 2697 e 2729 c.c. nonchè dell’art. 116 c.p.c..
Il tema è ancora il disconoscimento della fotocopia. Occorre ribadire che la violazione dell’art. 2697 c.c. si verifica solo allorchè il giudice abbia errato nella ripartizione dell’onere probatorio e non si estende sino alla valutazione della prova, attività che attiene al contenuto decisorio e non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo del vizio di motivazione, nei ristretti limiti posti dall’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il quesito finale presenta le medesime caratteristiche negative evidenziate a proposito del quesito relativo al primo motivo.
7.- Il quarto motivo adduce violazione dell’art. 1813 c.c..
Si lamenta che inopinatamente ah Corte d’Appello ha inteso rivestire della dignità di prova un preteso negozio di mutuo simulato, che avrebbe avuto ad oggetto l’assegno bancario all’origine dell’ingiunzione, una scrittura privata redatta e sottoscritta da parti estranee al giudizio.
La censura richiede necessariamente esame degli atti e apprezzamenti di fatto non consentiti al giudice di legittimità.
Il quesito finale, intrinsecamente inidoneo per le ragioni già indicate, non è in sintonia con la norma di diritto indicata in rubrica.
8.- Il quinto motivo, erroneamente indicato come sesto, lamenta violazione degli artt. 1414 e 1417 c.c. e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La censura attiene al carattere di controdichiarazione attribuito dalla Corte territoriale alla menzionata scrittura privata.
Valgono le considerazioni già svolte in ordine al carattere di merito della censura.
Ma, soprattutto, anche in questo caso il quesito non postula l’enunciazione di un principio, fondato sulle norme indicate, che sia decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata.
9. Il ricorso incidentale, dichiaratamente ed effettivamente condizionato, rimane assorbito nella dichiarata inammissibilità del ricorso principale.
10.- Le spese seguono il criterio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro. 1.600,00, di cui Euro 1.400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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