Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 10-04-2013, n. 16345

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

P.A., sottoposto a procedimento penale per la violazione dell’art. 81 cpv., art. 629, n. 2, in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3 bis, art. 61 c.p., nn. 5 e 11, con sentenza 17.2.2011 è stato condannato dal Tribunale di Napoli alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione e 900,00 Euro di multa, ritenute le attenuanti generiche prevalenti alle circostanze aggravanti.

La Corte d’Appello di Napoli, adita dalla difesa dell’imputato in sede di gravame, ha confermato la condanna irrogata in primo grado, pronunciando sentenza 6.12.2011 che viene qui impugnata per le seguenti ragioni:

p. 1.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di motivazione in ordine alla affermazione della penale responsabilità dell’imputato.

p. 2.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di motivazione poichè è stata rigettata la richiesta di procedere alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale al fine di procedere alla escussione della madre dell’imputato con conseguente violazione dell’art. 603 c.p.p., e art. 393 c.p..

p. 3.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), erronea applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4;

p. 4.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), vizio di motivazione in relazione alla richiesta di rideterminazione della pena e dell’aumento per la continuazione.

Motivi della decisione

La difesa dell’imputato, illustrando le ragioni poste a fondamento dei motivi di gravame sostiene che: a) la Corte d’Appello non ha affrontato il "nodo della esistenza in capo all’imputato di un dolo generico"; b) dalle dichiarazioni rese in dibattimento dall’imputato emerge che lo stesso aveva restituito alla madre le somme richieste, trattandosi peraltro di somme che l’imputato già in precedenza aveva prestato al proprio genitore, con la conseguenza che la richiesta di pagamento delle somme si sarebbe tradotta in un esercizio delle proprie ragioni; c) la Corte d’Appello sul punto precedente non ha reso motivazione; d) la Cote d’appello ha reso motivazione illogica nel respingere la richiesta di rinnovazione del dibattimento volta ad accertare la esistenza di un debito della persona offesa verso l’imputato; e) il provvedimento impugnato è carente nel punto relativo alla motivazione del diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, e in relazione alla assenza di motivazione circa la richiesta di rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

Il ricorso è manifestamente infondato. I punti di cui alla lette a), b), c), non costituiscono una validità critica alla decisione impugnata. Infatti sotto nessuno dei suddetti aspetti vengono messi in evidenza vizi della motivazione che devono essere desumibili dal testo del provvedimento impugnato. Le argomentazioni delle difesa attengono esclusivamente ad aspetti di merito e sono orientate ad una ricostruzione alternativa del fatto che in questa sede non può essere oggetto di apprezzamento.

Con riferimento al punto d) va osservato che, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, la Corte d’Appello ha reso ampia ed adeguata motivazione in relazione al diniego richiesta di rinnovazione dell’istruttoria specificando le ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere la richiesta v. Pag. 3 della sentenza alla quale per brevità si fa rinvio. La censura pertanto è priva di qualsiasi fondamento e per di più si accentra sul merito della motivazione impugnata. Nel contempo la difesa non ha fornito alcun elemento dal quale possa inferirsi che la prova richiesta abbia carattere "decisivo" ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), poichè non ha fornito alcuna indicazione sulla efficacia dimostrativa della prova richiesta, rispetto alle restanti prove contenute in atti.

Con riferimento al punto e) va osservato che, anche in questo caso, contrariamente alle asserzioni della difesa, la Corte d’Appello ha reso motivazione più che adeguata in ordine al trattamento sanzionatorio, e delle ragioni per le quali, sulla scorta della costante giurisprudenza di legittimità (puntualmente richiamata), non ha ritenuto di riconoscere la attenuante invocata.

La motivazione in punto trattamento sanzionatorio è inoltre adeguata tenuto della modesta entità della sanzione che, in riferimento ai reati ascritti si attesta su una entità di gran lunga inferiore al minimo edittale.

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, ravvisando nella condotta processuale dell’imputato estremi di responsabilità rilevante ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *