Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 04-04-2013, n. 15623

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa il 29 marzo 2011 il Tribunale di Trapani riteneva M.S. colpevole di vari reati (capo A: lesioni personali alla moglie R.L.; capo C: violenza sessuale alla moglie; capo D: atti sessuali imposti alla figlia J. di anni (OMISSIS); capo E: tentata violenza privata alla figlia J.) e lo condannava alla pena di 15 anni di reclusione e al risarcimento dei danni alle parti civili (moglie e figlia).

L’imputato proponeva appello avverso la sentenza, che veniva respinto dalla Corte d’appello di Palermo con sentenza del 13 luglio 2012.

2. Contro quest’ultima pronuncia il difensore dell’imputato ha proposto ricorso articolato su otto motivi.

Il primo motivo è proposto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), rispetto all’art. 192 c.p.p.. Il ricorrente afferma l’esistenza di contraddizioni tra le dichiarazioni delle parti offese e quelle dei testimoni. In particolare, vi sarebbe contrasto sulle modalità in cui R.L. avrebbe conosciuto gli abusi alla figlia e la stessa R. dichiarava che gli abusi alla figlia J. erano accaduti mentre ella portava l’altro figlio, A., a un centro medico denominato (OMISSIS), mentre gli operatori del centro dichiaravano di non conoscerla. Vi sarebbe poi una connessione (vendetta) tra l’accusa della moglie di molestie a J. e la scoperta della relazione extraconiugale dell’imputato.

Non è stata inoltre trovata la videocassetta pornografica che l’imputato, secondo l’accusa, avrebbe mostrato alla figlia perchè ne riproducesse gli atti sessuali. La sentenza non sarebbe chiara nel determinare l’attendibilità o meno della suocera dell’imputato, N.F., e dell’amante di lui, C.F..

Non sarebbe chiaro neppure perchè la corte abbia ritenuto poco attendibile la deposizione testimoniale di R.P., sorella della moglie dell’imputato, che smentisce che J. sia rimasta sola col padre quando avrebbe subito gli abusi. Non sarebbe provata la presenza di J. nel cantiere di (OMISSIS), dove il padre lavorava e le avrebbe inferto uno degli episodi di presunta violenza.

Infine, un altro episodio di violenza alla figlia sarebbe stato commesso nella doccia dell’abitazione di (OMISSIS); ma questa casa non aveva la doccia.

Il secondo motivo è ancora fondato sull’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), rispetto all’art. 192 c.p.p. e riguarda le pretese violenze sessuali subite dalla moglie, che sarebbero del tutto prive di riscontri.

Il terzo motivo, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) ed e), in relazione all’art. 196 c.p.p., lamenta la mancanza di considerazione dello stato di salute, psichicamente compromesso, della moglie dell’imputato; allo stesso modo il motivo quarto si duole della mancata considerazione dello stato psicofisico di M.J., che sarebbe stata sentita da soggetti privi di esperienza e senza rispettare i protocolli, così compromettendo l’accertamento peritale.

Il quinto motivo denuncia vizio motivazionale ancora rispetto all’art. 196 c.p.p. quanto alla capacità testimoniare di M. J., che sarebbe affetta da un deficit mentale.

Ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), il sesto motivo lamenta la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, il settimo la mancata applicazione del minimo della pena edittale e della continuazione, nonchè dell’attenuante di cui all’art. 609 quater c.p., comma 3, e l’ottavo ex artt. 81 e 157 c.p., ss., afferma che i presunti reati di cui ai capi A ed E, contestati come commessi fino all’anno (OMISSIS), si sono prescritti prima della sentenza impugnata, per cui avrebbe dovuto applicarsi una pena più mite e una continuazione più blanda.

Alla pubblica udienza le parti civili R.L. e M. J. hanno depositato le loro conclusioni, chiedendo anche la condanna dell’imputato a una provvisionale.

Motivi della decisione

3. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

3.1 Il primo motivo assume carenze motivazionali in ordine a una serie di circostanze di fatto che in realtà sono state adeguatamente considerate e motivate. Riguardo, invero, alla pretesa contraddittorietà tra le dichiarazioni di R.L. (sulle modalità di conoscenza degli abusi e su quando questi avvenivano) e altre testimonianze, deve osservarsi che coincide con il primo motivo d’appello, il quale è stato oggetto di una motivazione ampia e assai puntuale, esente da soluzioni della continuità logica (in particolare, pagine 3-6; cfr. altresì pagine 15 ss.), motivazione che adeguatamente illustra come è pervenuta la corte a smentire i contrasti tra le fonti probatorie prospettati dalla difesa ma in realtà non esistenti o comunque non significativi.

Analogamente la corte ha affrontato anche la questione della pretesa vendetta della moglie per la relazione extraconiugale del marito, pure escludendola (pagine 7-8) e il mancato ritrovamento della videocassetta pornografica (pagine 11-12) adeguatamente e logicamente giustificandolo. Non emerge d’altronde alcun vizio motivazionale di ambiguità relativo alle deposizioni della N. e della C.: a proposito di quest’ultima, nettamente la corte la dichiara inattendibile (pagina 13), mentre per la N. ritiene che le sue dichiarazioni vadano valutate caso per caso, illustrandone chiaramente i motivi (pagina 14). Nessuna carenza motivazionale, infine, emerge a proposito dell’episodio di (OMISSIS) (pagine 14 ss.), alla dichiarazione di R.P. (pagine 12 s.) e al ruolo della pretesa "doccia" in altro episodio (pagina 19). In conclusione, il motivo ripropone doglianze già affrontate adeguatamente dalla corte territoriale con una motivazione congrua ed esente da contraddittorietà, anche nel valutare le varie fonti probatorie.

3.2 Analogo esito comporta la valutazione del secondo motivo, sulle violenze a R.L. (in particolare, pagine 7 s. e pagine 34 ss.), avendo adeguatamente motivato la corte la sua valutazione positiva di attendibilità della vittima (a sostegno della cui testimonianza non vi è obbligo di riscontri esterni: S.U. 19 luglio 2012 n. 41461). Riguardo poi al terzo motivo, in ordine alla pretesa compromissione dello stato psichico di R.L., ancora corrisponde a un motivo d’appello, che la corte ha attentamente ed espressamente valutato (pagine 36-37); e il motivo di ricorso travisa il contenuto della sentenza laddove afferma che il dottor G. non sarebbe stato considerato e neppure menzionato in essa, mentre la corte vi ha fatto esplicito riferimento proprio come fonte del chiarimento che il disturbo ossessivo che affliggeva la testimone "non inficia il grado del funzionamento della personalità" (pagina 37).

3.3 Vanno esaminati congiuntamente il quarto e il quinto motivo, poichè concernono un preteso stato di menomazione cognitiva di M.J. e pongono in dubbio la sua capacità a testimoniare. La corte ha esaminato ampiamente questo profilo, in più punti della motivazione verificando l’attendibilità della minore, sentita in incidente probatorio, e riportando ampi stralci delle dichiarazioni – da cui obiettivamente, si nota per inciso, non emerge il deficit cognitivo asserito -. Il giudice di merito è pervenuto, infine, a una piena credibilità di M.J. (pagine 23 s.), vagliando comunque anche gli aspetti peritali e l’esistenza di un ritardo cognitivo e adempiendo al proprio obbligo motivazionale al riguardo in modo ampiamente approfondito e privo di ogni vizio logico-giuridico (pagine 24-33).

3.4 Il sesto motivo lamenta la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3. In realtà, tra i motivi d’appello non vi era la relativa doglianza, essendo stata richiesta, in tema di trattamento sanzionatorio, l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 609 quater c.p., comma 3 e delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., l’applicazione della continuazione nel minimo e per l’effetto la riduzione della pena (sesto motivo d’appello).

Nessuna censura può dunque muoversi contro la sentenza d’appello al riguardo.

Il sesto motivo d’appello è stato poi riversato nel settimo motivo di ricorso, affermando che la motivazione della corte su tale punto "appare insufficiente e meramente di stile". Ciò non corrisponde all’effettivo contenuto della sentenza, che fornisce una motivazione specifica e congrua, sia quanto alla negazione delle attenuanti generiche (fondandola sulla gravità dei fatti, "soprattutto ai danni di una minorenne da parte del proprio padre", e sull’assenza di un pentimento: pagina 38) sia quanto a quella dell’attenuante di cui all’art. 609 quater c.p., comma 3, (per la grave lesione della libertà sessuale della minorenne e compromissione dello sviluppo della sua personalità, in riferimento anche a giurisprudenza di questa Suprema Corte, del tutto pertinente, sull’oggettività della valutazione della minore lesività del fatto rispetto al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale ai fini dell’ipotesi di minor gravità del reato di violenza sessuale, quale Cass. sez. 3, 11 maggio 2011 n. 23093: pagina 39), sia quanto alla congruità – inclusa la continuazione – della pena inflitta ex art. 27 Cost. e art. 133 c.p. (pagine 39-40). Anche questo motivo è pertanto manifestamente infondato.

3.5 Infine l’ottavo motivo afferma l’intervenuta prescrizione dei reati di cui ai capi A ed E commessi fino al (OMISSIS) prima della sentenza d’appello. Emerge invece dagli atti che la prescrizione di tali reati si sarebbe invece verificata il 1 febbraio 2013, per cui la corte territoriale (che peraltro così afferma solo per il capo A, indicando il mese di gennaio 2013 per il capo E) ha correttamente deciso nel merito anche i suddetti capi d’imputazione.

3.6 Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Palesemente Inammissibile è infine la domanda di provvisionale proposta dalle parti civili in questa sede, trattandosi di decisione di merito.

La tipologia dei reati esige l’oscuramento dei dati identificativi delle persone coinvolte per rispetto del Codice della riservatezza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2013
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