Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 04-04-2013, n. 15622

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 7 aprile 2011 il Tribunale di Varese ha ritenuto colpevole G.D. di plurimi reati (capo A: tre episodi di violenza sessuale verso tale B.L., profittando della sua situazione di etilista; capo B: un episodio di rapina per essersi l’imputato impossessato di oggetti di proprietà di B.L. dopo averle colpito ripetutamente il volto e averne abusato sessualmente; capo C: violazione di domicilio sempre ai danni di B.L.; capo D: porto abusivo di coltello; capi E e F: due episodi di lesioni personali a B.L.) condannandolo alla pena di sette anni di reclusione e al risarcimento dei danni alla parte civile B.L.. La pronuncia è stata impugnata dinanzi alla Corte d’appello di Milano, che con sentenza del 17 febbraio 2012 ha respinto l’appello, vagliando i profili di rito, riesaminando con un’accurata motivazione i fatti e disattendendo in conclusione ogni motivo del gravame.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l’imputato, sulla base di otto motivi.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 178 c.p.p, lett. c), artt. 76, 77 e 100 c.p.p., sostenendo la nullità della costituzione di parte civile. Il secondo, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), censura la sentenza perchè si fonderebbe solo sulle dichiarazioni della parte offesa, che è anche parte civile, e non terrebbe conto della sua condizione di etilista. Il terzo motivo, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva consistente in una perizia sulle capacità di B.L. di discernere il vero e di ricordare. Il quarto denuncia vizio motivazionale perchè la testimonianza di B. L. non sarebbe adeguata e quindi la motivazione sarebbe contraddittoria. Il quinto denuncia ulteriore vizio motivazionale perchè la motivazione si contraddirebbe riconoscendo la condizione di etilista della parte offesa laddove attribuisce però all’imputato la continua assunzione di alcol da parte di B.L.. Il sesto motivo pure denuncia vizio motivazionale perchè la sentenza non terrebbe conto della possibilità di errore ex art. 47 c.p. in cui poteva incorrere l’imputato sul consenso di B.L. agli atti sessuali. Il settimo motivo denuncia vizio motivazionale in rapporto agli artt. 80 e 81 c.p. nell’aver attribuito all’imputato la stessa condotta più volte, osservando altresì che le lesioni personali dovevano rientrare nella violenza sessuale. L’ottavo motivo denuncia la mancanza di motivazione sul reato di rapina.

Motivi della decisione

3. Il ricorso non merita accoglimento.

Il primo motivo riguarda la costituzione di parte civile, che sarebbe nulla perchè si sarebbe costituito un avvocato sulla base di una procura speciale conferita da B.L., e non dall’amministratore di sostegno della stessa. La doglianza corrisponde al primo motivo d’appello, con cui era stata eccepita, appunto, la nullità della costituzione di parte civile in quanto riconducibile alla B. senza la presenza del suo amministratore di sostegno; e condivisibilmente la corte l’aveva ritenuta infondata rilevando come dagli atti emergeva che la costituzione di parte civile era preceduta dalla richiesta di autorizzazione al giudice tutelare effettuata dall’amministratore di sostegno della B. e concessa, istanza relativa anche alla nomina del difensore poi sostituito con atto sottoscritto dall’amministratore di sostegno.

Non essendovi novità nel motivo del ricorso, questo va a sua volta disatteso.

Il secondo motivo, secondo cui la sentenza si basa esclusivamente sulla testimonianza di B.L., senza riscontri esterni, e senza tener conto della sua condizione di etilista, è accorpabile con i successivi motivi terzo (afferente la mancata assunzione della prova decisiva rappresentata dalla perizia sulle capacità testimoniali della parte offesa per le sue condizioni di etilista), quarto (riguardante ancora l’inadeguatezza della testimonianza della B.), quinto (che prospetta contraddittorietà tra il riconoscere la condizione di etilista della B. e l’attribuire all’imputato di averla costretta ad assumere alcol in continuazione, come dalla B. raccontato) e sesto (per cui non si sarebbe tenuto conto del possibile errore dell’imputato ex art. 47 c.p. sul consenso agli atti sessuali da parte della B.) e ottavo (per cui non vi sarebbe motivazione sulla rapina): tutti questi motivi sono diretti a smentire l’adeguatezza e la sufficienza della testimonianza della parte offesa in ordine alla responsabilità penale dell’imputato per i reati nei suoi confronti commessi.

Al riguardo, va allora osservato che tali motivi possono essere considerati solo nei limiti in cui prospettano vizi della motivazione della sentenza impugnata, a parte il terzo motivo che concerne la mancata assunzione di una perizia quale pretesa prova decisiva. Deve infatti ricordarsi che gli aspetti meramente fattuali, ampiamente presenti nell’esposizione dei motivi da ricondurre ai vizi motivazionali, direttamente non possono essere considerati – cioè non possono sostenere una versione fattuale alternativa, preclusa in sede di legittimità – bensì possono rilevare solo ai fini della individuazione di specifici vizi motivazionali nella sentenza impugnata. E va altresì osservato che già i motivi d’appello comprendevano la prospettazione difensiva in questa sede manifestata a mezzo dei suddetti motivi: l’appellante aveva contestato che l’impianto accusatorio fosse fondato esclusivamente sulla deposizione della B., pur essendo questa una persona cronicamente alcolizzata, senza disporre perizia sulla sua capacità a testimoniare, e in particolare a ricordare, aveva sostenuto che nella testimonianza della B. vi erano numerose contraddizioni sulle modalità della violenza e rilevato che la stessa aveva riconosciuto che l’alcol le faceva travisare quel che provava per l’imputato.

Premesso allora che la deposizione testimoniale della parte offesa non necessita di riscontri esterni, pur esigendo una valutazione particolarmente approfondita in ordine alla sua attendibilità intrinseca ed estrinseca (da ultimo S.U. 19 luglio 2012 n. 41461), si osserva che la corte ha riconosciuto che l’accertamento del primo giudice si era fondato in primo luogo sulla deposizione della B., "essendo questa, come nella quasi totalità dei processi aventi ad oggetto violenze sessuali, l’unico soggetto testimone diretto" e che l’etilismo cronico della B. si poneva comunque come un "problema" da sciogliere. La corte ha quindi proceduto ad un’analisi specifica delle dichiarazioni della B., evidenziandone "l’assoluta precisione e linearità", e valorizzando anche l’esistenza di riscontri oggettivi esterni, rappresentati da ulteriori testimonianze (in particolare, la deposizione della sorella B.P.), da rilievi della polizia giudiziaria (come quelli sullo scasso della finestra della cucina della casa della B.) e dai certificati medici dell’ospedale di (OMISSIS) agli atti, attestanti varie lesioni tutte coerenti con il racconto della parte offesa (pagine 9-11), il tutto con una motivazione ampia e attenta, priva di deviazioni illogiche. Del suddetto racconto, poi, specificamente la corte ha valutato le pretese incongruenze dedotte dalla difesa pervenendo a smentirle, con una motivazione anche in questo settore logica e adeguata (pagine 12-13, che spiegano anche l’incidenza nella vicenda, tentando in sostanza di far ritrattare la B. sulla forma negativa assunta dal suo rapporto con l’imputato, della madre dell’imputato). Non corrisponde d’altronde al contenuto della motivazione la doglianza che non vi sarebbe esame specifico in ordine alla rapina (rinvenibile invece a pagina 11 della motivazione) e in ordine alla possibilità di errore ex art. 47 c.p. (pure questa adeguatamente smentita: pagina 13).

Complessivamente quindi la corte costruisce una verifica dell’attendibilità della teste che giunge a un esito pienamente positivo, senza lacune e illogicità: esito che smentisce la decisività della richiesta perizia sulla capacità a testimoniare di B.L., essendo stata comunque accertata in modo adeguato l’esistenza di tale capacità; e sulla non necessità della perizia la corte d’altronde motiva, premettendola come quesito all’inizio della verifica dell’attendibilità della teste (pagina 9) e pervenendo a tradurre la conclusione di questa, implicitamente ma inequivocamente, nel rilievo della superfluità dell’accertamento tecnico. I motivi in esame risultano perciò privi di consistenza, risultando pienamente corretto l’operato della corte territoriale.

Rimane da considerare il settimo motivo, secondo il quale sarebbe stata valutata a carico dell’imputato "più volte la stessa condotta" perchè "le azioni lesive se vi furono devono unicamente appartenere al reato di violenza sessuale e non anche quello di lesioni semplici". Il motivo consiste esclusivamente in questa doglianza, in alcun modo illustrata e argomentata, e pertanto è inammissibile per manifesta genericità, anche a prescindere dal fatto che già la descrizione delle condotte attribuite all’imputato accuratamente dettagliata nei vari capi d’imputazione smentisce chiaramente l’assorbimento delle lesioni nei reati di violenza sessuale.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. La tipologia dei reati esige l’oscuramento dei dati identificativi delle persone coinvolte per rispetto del codice della riservatezza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2013

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