Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13202

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 13.5.1999 V.V., D., S., E. e M.A., quali prossimi congiunti ed eredi di Va.Eu. convenivano davanti al tribunale di Roma C.F. e la Gan Italia Assicurazioni s.p.a. per sentirli condannare in solido al risarcimento del danno conseguente al decesso del loro congiunto in un incidente stradale.

Assumevano gli attori che il (OMISSIS) C. F. alla guida della propria Fiat Uno, giunta all’incrocio con la (OMISSIS), senza arrestarsi al segnale di stop si immetteva su tale (OMISSIS), effettuando la manovra di svolta a sinistra ed, oltrepassando le due strisce longitudinali continue che separano le due semicarreggiate ed oltrepassando anche la striscia longitudinale continua che delimitava la corsia di accelerazione dalla semicarreggiata opposta, si immetteva nella corsia di destra investendo il motoveicolo Yamaha GTS 1000, condotto da Va.

E., con a bordo Pu.Pa., che decedevano.

Il tribunale di Roma, (sez. 12) con sentenza n. 7758/04 riteneva il concorso di colpa del Va. nella misura del 25% (per la velocità di km. 130 superiore a quella consentita di km. 60) e della C. nella misura del 75% e liquidava a titolo di danno morale per ognuno dei genitori la somma di Euro 145.00 ed Euro 50.000 per ognuno dei fratelli. Nulla veniva riconosciuto a titolo di danno patrimoniale.

Con atto di citazione notificato il 4.2.2000, gli eredi della trasportata P.P., convenivano in giudizio C.F. e la Gan Italia Assicurazioni, gli eredi Va. e la Royal Sunalliance Assicurazioni s.p.a., per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni derivati dalla morte della loro familiare.

Il tribunale di Roma (sez. 13) con sentenza n. 35215/02 fissava nella misura del 60% la colpa del Va. e nella misura del 40% la colpa della C. e quindi liquidava agli attori a titolo di danno morale la somma di Euro 115200 per S.U. ed egualmente per P.P., Euro 40320 per la sorella della vittima, P.S.. Nulla veniva riconosciuto per danno patrimoniale e per preteso danno biologico della madre della vittima, S.U..

Le sentenze venivano appellate dai vari soccombenti, con distinti procedimenti, poi riuniti.

La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 26.9.2006, riconosceva nel sinistro stradale in questione la responsabilità concorrente di C.F. nella misura del 50% e di Va.Eu. nella misura del 50% (la prima per mancato rispetto del segnale di stop ed il secondo per mancato rispetto dei limiti di velocità). Confermava, invece, le statuizioni, dei primi giudici, relativamente alle domande risarcitorie, salvo condannare la C. anche al risarcimento del danno al motoveicolo in Euro 8000,00 in favore della proprietaria V.D..

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Groupama Assicurazione (già gan Italia). Resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale V.V., D., S., E. e M.A., e con altro controricorso e ricorso incidentale P.P., S. e S. U..

Motivi della decisione

1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente principale, Groupama assicurazioni s.p.a., (già Gan Italia s.p.a.) lamenta la nullità della sentenza per omessa pronunzia in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla richiesta di restituzione delle somme pagate in più in esecuzione della sentenza di primo grado, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

2. Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata da atto che in appello si costituiva Gan Italia s.p.a. (a cui è subentrata l’attuale ricorrente) che svolgeva appello incidentale chiedendo la declaratoria di responsabilità a carico di Va.Eu. in misura non inferiore al 60%, con conseguente condanna degli eredi Va. alla restituzione della somme non dovute.

La sentenza impugnata in merito a detta domanda di restituzione non ha emesso alcuna pronunzia (che ovviamente avrebbe potuto essere anche di rigetto, all’esito dei dovuti calcoli in relazione ai danni liquidati dalla sentenza impugnata, oltre agli interessi e detratti gli acconti), con ciò violando il principio di cui all’art. 112 c.p.c..

3. Il secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente principale ripropone la stessa questione sotto il profilo dell’omissione di motivazione, rimane assorbito.

4. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente principale lamenta la violazione e/o errata applicazione dell’art. 113 c.p.c., artt. 2054 e 1227 c.c., nonchè il vizio motivazionale della sentenza.

Il motivo si conclude con il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c., "E’ il giudice di merito, in corretta applicazione dell’art. 113 c.p.c. e dell’art. 1227 c.c., una volta stabilita, in combinato con l’art. 2054 c.c., la quota di diritto oggettivamente riconosciuto in favore di un danneggiato, tenuto a limitare la conseguente pronunzia di condanna di pagamento a vantaggio del medesimo in ragione proporzionale a detta quota, su tutti i titoli di pregiudizio invocati, e riconosciuti in suo favore?" 5. Il ricorso è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Il quesito di cui all’art. 366-bis c.p.c., rappresentando la congiunzione fra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, non può esaurirsi nella mera enunciazione di una regola astratta, ma deve presentare uno specifico collegamento con la fattispecie concreta, nel senso che deve raccordare la prima alla seconda ed alla decisione impugnata, di cui deve indicare la discrasia con riferimento alle specifiche premesse di fatto, essendo evidente che una medesima affermazione può essere esatta in relazione a determinati presupposti ed errata rispetto ad altri. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso che contenga quesiti di carattere generale ed astratto, privi di qualunque indicazione sul tipo della controversia, sugli argomenti addotti dal giudice "a quo" e sulle ragioni per le quali non dovrebbero essere condivisi (Cass. civ., Sez. Unite, 14/01/2009, n. 565).

Segnatamente nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

Nella fattispecie la formulazione del motivo per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis, c.p.c., poichè non è stato formulato il quesito di diritto con riferimento agli elementi del caso concreto nè contiene una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione (in quanto insufficiente, contraddittoria o omessa) a giustificare la decisione (cfr. Cass. S.U. 16.11.2007, n. 23730).

6.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale i ricorrenti incidentali P.P., S.U. e P.S., lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione ed errata applicazione degli artt. 3 e 111 Cost..

Assumono i ricorrenti che la sentenza impugnata presenta una motivazione apparente, inidonea a rilevare la ratio decidendi e, quindi integrante una motivazione apparente.

6.2. Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti incidentali detti, lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ed insufficiente valutazione delle risultanze istruttorie, in relazione all’art. 11 Cost. e art. 115 c.p.c., e art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione degli artt. 3 e 111 Cost. e artt. 114 e 2054 c.c. e art. 2059 c.c..

Assumono i ricorrenti che, in violazione dei principi di eguaglianza di cui alle dette norme costituzionali e pur assumendo la corte di volersi riportare ai parametri delle tabelle di liquidazione del danno morale per rispettare l’esigenza di uniformare il risarcimento dei danni in casi similari, aveva contraddittoriamente liquidato il danno morale ai genitori di Va.Eu., di anni 28 e non convivente, Euro 145.000 per ciascun genitore ed Euro 50.000 per ciascun fratello, mentre aveva liquidato ai genitori di Pu.

P., convivente di anni 25, Euro 115.200 per ciascun genitore ed Euro 40.320 per l’unica sorella.

7.1. Ritiene questa Corte che i due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, stante la loro connessione.

Il primo motivo è infondato, ad eccezione della censura attinente alla liquidazione del "danno morale", che va accolto, come va accolto anche il secondo motivo del ricorso incidentale.

Va osservato preliminarmente che in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 e dall’art. 111 Cost., sussiste quando la pronuncia riveli un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, (Cass. 21/12/2010, n. 25866).

E’ legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame, purchè il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (Cass. civ., Sez. Unite, 18/03/2010, n. 6538).

Pertanto la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, e l’osservanza degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non richiedono che il giudice del merito dia conto di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente e necessario che egli esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione; ne consegue che risponde al modello legale la motivazione "per relationem" in cui il giudice di secondo grado abbia fatto riferimento all’esame degli atti del primo giudizio ed alla conformità ad essi della motivazione estesa dal giudice di primo grado, in tal modo consentendo il controllo sul riesame della questione oggetto della domanda (Cass. 28/10/2009, n. 22801).

7.2. Nella fattispecie la sentenza impugnata ha motivato la ragione del diniego del danno patrimoniale, rilevando in modo congruo che la prova documentale dei redditi della Pu.Pa. non costituiscono prova di eventuale contributo all’economia familiare, mentre nel rigettare la domanda di "danno biologico" della S. ha rilevato che proprio dalla documentazione sanitaria esibita nonchè dalla relazione medico-legale della dr.ssa L. emergeva che la notoria e grave sofferenza psichica derivante dall’evento luttuoso non era degenerata in sindrome patologica di tipo psichiatrico.

Trattasi della valutazione di materiale probatorio effettuato dalla corte di merito, con motivazione non incongrua, che non può essere rivisitata in questa sede di legittimità.

8.1. Fondata è invece la censura del primo motivo limitatamente alla liquidazione del c.d. danno morale, inteso quale elemento descrittivo del danno non patrimoniale preso in esame, nonchè il secondo motivo di ricorso.

Infatti, pur affermando la corte di appello che correttamente il tribunale aveva tenuto conto delle tabelle elaborate allo scopo di uniformare il risarcimento del danno in casi similari, aveva poi nella stessa sentenza liquidato il danno "morale" in favore di ciascuno dei genitori di Va.Eu., in Euro 145.000, ed in favore dei germani dello stesso in Euro 50.000,00 ciascuno, mentre in favore di ciascuno dei genitori di Pu.Pa. in Euro 115.200,00 ed in favore della sorella in Euro 40320,00.

8.2. E’ vero che in materia risarcitoria la liquidazione del danno non patrimoniale subito dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare deve avvenire in base a le ragioni della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti dalle parti? 3) Nel disattendere le risultanze della consulenza tecnica di parte, è tenuta ad esporre gli elementi di cui si è avvalsa per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u? 4) Nel disattendere le richieste istruttorie reiterate dall’appellante nell’atto di appello incidentale, è tenuta ad esporne anche le ragioni?".

9.2. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti incidentali eredi Pu. lamentano il vizio motivazionale dell’impugnata sentenza nel rigettare la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, nonchè la violazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115 e 132 c.p.c..

Il motivo si conclude con un quesito di diritto analogo a quello del motivo precedente, relativamente ai punti 1, 2 e 4 del quesito.

10. Ritiene questa Corte che i suddetti motivi siano inammissibili per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

I requisiti del quesito di cui all’art. 366 bis c.p.c., sono già stati indicati nel precedente punto 5.

Nella fattispecie i quesiti di diritto in relazione alle pretese violazioni di legge sono inammissibili per essere gli stessi astratti e senza riferimento alla fattispecie concreta.

Quanto alla censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, manca il momento di sintesi (o quesito di fatto) nei termini sopra indicati, con conseguente inammissibilità dei due motivi.

11.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti incidentali eredi di Va.Eu. lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e l’insufficiente valutazione delle risultanze istruttorie, per essersi il giudice di appello discostato senza alcuna motivazione dalle conclusioni cui era giunto il C.T.U. che aveva ritenuto prevalente la responsabilità della C., conducente dell’autovettura che si era immessa sulla (OMISSIS), senza rispettare il segnale di stop a fronte della pur concorrente responsabilità del Va. che viaggiava su tale strada alla velocità di Km. 130, e quindi superiore a quella consentita come massima di km. 60/h.

11.2. Con il settimo motivo di ricorso i detti ricorrenti incidentali lamentano la violazione ed errata applicazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115 e 132 c.p.c. per avere il giudice di appello disatteso le conclusioni del ctu senza motivare sul punto.

12.1. I suddetti due motivi vanno esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati.

Correttamente i ricorrenti incidentali segnalano che il C.T.U. in sede penale ha accertato che la C. si immise sulla (OMISSIS) dall’intersezione con segnale di stop, senza rispettarlo, mentre avrebbe dovuto o attendere il passaggio del veicolo, oppure immettersi mantenendosi sulla corsia di accelerazione e non sulla destra.

Il C.T.U. in sede penale, tenuto conto della velocità del motoveicolo superiore a quella consentita, concludeva che "la causa dell’incidente andava ricercata principalmente nella manovra posta in essere dal conducente dell’autovettura e, in linea tecnicamente concorrente, al conducente del motoveicolo".

A fronte di tale conclusione del C.T.U., a cui pure la sentenza impugnata dichiara di riportarsi, in una ai verbali della polizia, senza alcuna adeguata motivazione assegna un pari concorso di colpa nella produzione dell’evento a carico dei due conducenti.

La corte di merito non ha tenuto conto che il segnale di stop a un incrocio stradale non comporta soltanto l’obbligo dell’arresto ma anche quello successivo, una volta ripresa la marcia, di dare in ogni caso la precedenza ai veicoli che, percorrendo la strada favorita, provengano sia da destra che da sinistra. (Cass. 11/11/1975, n. 3804;

Cass. 19/02/2009, n. 4055).

12.2. Ne consegue che la corte di merito, dopo aver riconosciuto che l’incidente era eziologicamente ascrivibile al concorso dei due comportamenti colposi, come rilevato dal C.T.U., avrebbe dovuto motivare in merito alla conclusione di assegnare un pari concorso di colpa ad entrambi i conducenti, discostandosi dalla conclusione del CTU, secondo cui l’incidente era da ascriversi principalmente alla manovra posta in essere dal conducente dell’auto, e solo in via concorrente al conducente del motoveicolo.

Il principio secondo cui, per non incorrere nel vizio motivazionale, il giudice che si discosta dal parere espresso dal c.t.u. su punto decisivo della controversia deve motivare il suo dissenso valutando tutti gli elementi concreti sottoposti al suo esame (Cass. civ., Sez. 3^, 06/04/1998, n. 3551), deve essere esteso anche all’ipotesi in cui il giudice ritenga di avvalersi per la risoluzione della questione tecnica di una consulenza disposta in sede penale ed introdotta ritualmente nel procedimento civile.

13. L’accoglimento dei motivi primo e settimo del ricorso incidentale, comporta l’assorbimento dei motivi secondo, terzo, quarto e quinto dello stesso ricorso.

14. Con il sesto (erroneamente individuato come 5^) motivo di ricorso gli eredi Va. lamentano il vizio motivazionale della sentenza nella parte in cui rigetta la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, nonchè la violazione dell’art. 111 Cost., art. 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4.

Quanto al quesito di diritto esso è enunziato al punto 8 del ricorso nei seguenti termini: "la corte di appello in applicazione dell’art. 111 Cost. e artt. 115 e 132 c.p.c., 1) nel disattendere le risultanze istruttorie è tenuta ad illustrare gli elementi di cui si è avvalsa per ritenerle erronee ed è tenuta ad enunziare le ragioni della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti dalle parti?.

2) nel disattendere le richieste istruttorie dell’appellante formulate in primo grado e reiterate in appello, è tenuta ad esporre anche le ragioni".

15. Ritiene questa Corte, applicando i principi sopra esposti al punto 5. che il suddetto motivo è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c..

Infatti manca il quesito di fatto o momento di sintesi del denunziato vizio motivazionale, mentre il quesito di diritto è generico ed astratto e senza riferimento alla fattispecie concreta.

16. Pertanto vanno riuniti i ricorsi e va accolto il primo motivo del ricorso principale, nonchè il primo motivo (nei soli termini di cui in motivazione) ed il secondo motivo del ricorso incidentale degli eredi di Pu.Pa., ed il primo ed il settimo motivo del ricorso incidentale degli eredi di Va.Eu., assorbiti i motivi secondo, terzo, quarto e quinto di quest’ultimo ricorso incidentale ed il secondo motivo del ricorso principale. Vanno rigettati tutti gli altri motivi dei tre ricorsi. Va cassata, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e va rinviata la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà ai principi di diritto sopra esposti.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo del ricorso principale, nonchè il primo motivo (nei soli termini di cui in motivazione) ed il secondo motivo del ricorso incidentale degli eredi di Pu.

P., ed il primo ed il settimo motivo del ricorso incidentale degli eredi di Va.Eu., assorbiti i motivi secondo, terzo, quarto e quinto di quest’ultimo ricorso incidentale ed il secondo motivo del ricorso principale. Rigetta tutti gli altri motivi dei tre ricorsi. Cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012
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