Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13199

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Svolgimento del processo

In data 22 settembre 2006 il Tribunale di Verbania, su ricorso proposto da R.R. dichiarava cessato il rapporto di locazione, di cui al relativo contratto del 2 settembre 2002, stipulato dall’intimato F.R. per finita locazione ed ordinava il rilascio dell’immobile entro il 31 dicembre 2006, condannando il convenuto alle spese di lite.

Su gravame di F.R. la Corte di appello di Torino il 14 luglio 2008, confermando nel resto la sentenza di prime cure, accoglieva l’appello limitatamente all’eccessività della condanna alle spese.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione F. R., affidandosi ad un unico articolato motivo, corredato dai prescritti quesiti.

Nessuna attività difensiva risulta svolta dall’intimato R..

Su istanza di trattazione L. 12 novembre 2011, n. 183, ex art. 26, il ricorso è stata fissato per l’odierna pubblica udienza.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha raccomandato una motivazione semplificata.

Motivi della decisione

1.-Osserva il Collegio che il punto centrale del presente ricorso è costituito dalla interpretazione della disdetta-pacificamente tra le parti- inviata con lettera del 19 settembre 2005 da parte del locatore, con la quale lo stesso esprimeva la sua volontà di negare la rinnovazione del contratto alla sua prima scadenza motivata dalla intenzione di dovere adibire l’immobile ad abitazione della figlia ("perchè serve a mia figlia") in previsione del matrimonio della stessa.

Ciò posto in rilievo, l’articolato motivo (violazione e falsa applicazione della L. n. 432 del 1998, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – insufficiente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) va disatteso.

2.-Il giudice dell’appello ha affermato che la lettera di disdetta motivata fosse sufficientemente specifica sulla futura destinazione da dare all’immobile locato. Infatti, il locatore aveva provato che l’immobile dovesse essere abitato dalla figlia, prossima alle nozze, come confermato dal fatto che la stessa, successivamente, aveva contratto matrimonio il 24 marzo 2007 con Y.S. e che al momento del giudizio ella viveva ancora con i genitori.

La figlia era l’unica figlia del R. e il F. ben conosceva la situazione familiare del locatore per aver lavorato circa un anno nella sua ditta.

Il R., presidente dell’Associazione Centro Aiuti per l’Europa, gli aveva concesso in locazione l’immobile al prezzo irrisorio di Euro 25,00 mensili, come risultava dal contratto scritto.

Agli atti fu dimessa una lettera datata 11 agosto 2005 con cui il R. chiedeva a F.A., cugino del conduttore, di rilasciare l’immobile" poichè lo stesso sarà abitato da mia figlia".

Questa lettere, però, aveva come destinatario un soggetto diverso dal locatario, per cui immediatamente il R. indirizzò altra missiva di disdetta con scadenza del 25 gennaio 2009 al locatario vero.

Quest’ultima comunicazione non era dunque un pretesto, stanti il certificato di avvenuto matrimonio della figlia con il S. e lo stato di famiglia del locatore.

3.-Alla luce di questa motivazione, che è strettamente ancorata alle risultanze processuali, l’unico ed articolato motivo appare inammissibile, anche perchè i relativi quesiti appaiono inconferenti.

Infatti, il primo quesito (p. 9 ricorso) non corrisponde a quanto ritenuto dal giudice dell’appello, ossia che non fosse perfettamente indicato il beneficiario dell’uso dell’immobile.

Il secondo quesito (p. 9 ricorso) non coglie nel segno, perchè il giudice dell’appello, pur avendo posto in rilievo che la giustificazione della disdetta "poichè l’appartamento serve a mia figlia", interpretata astrattamente, poteva apparire come non del tutto corretta dal punto di vista giuridico (p. 8 sentenza impugnata), l’ha valutata nel suo linguaggio comune, corroborando tale valutazione con le altre circostanze e i documenti in atti.

Il terzo quesito (p. 9) è chiaramente inidoneo a sottoporre a questa Corte il controllo dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice dell’appello.

In esso, peraltro, senza che nella illustrazione del profilo ci si curi di provarlo, si deduce addirittura che il giudice dell’appello avrebbe " apoditticamente" affermato che il R. abbia una sola figlia, desumendolo dal certificato anagrafico e ritenere dato certo la conoscenza personale da parte dello stesso del proprio nucleo familiare.

Il che appare veramente una ipotesi irreale, a cui, del resto, il ricorrente non offre alcuna allegazione per corroborare il contrario di quanto ritenuto in sentenza.

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla dispone per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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