Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13196

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Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8/5/2007 la Corte d’Appello di Napoli, reietto quello incidentale degli appellati sigg.ri I.F. e E.R., in accoglimento del gravame in via principale interposto dalla società X s.r.l. nei confronti della pronunzia Trib. Torre Annunziata 17/11/2004, condannava i primi al pagamento, in solido, della somma di Euro 21.724,28 – oltre ad interessi – in favore di quest’ultima a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento commerciale ex art. 34 L. Loc. all’esito del rilascio di immobile sito in (OMISSIS), locato ad uso diverso da abitazione.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’ I. e la E. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
L’intimata società X s.r.l. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Va preliminarmente posto in rilievo che il Collegio ha richiesto una motivazione semplificata.
Con il 1 ed il 2 motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 28, 34, artt. 1373, 1597 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 3 motivo denunziano "omessa o insufficiente o contraddittoria o incongrua" motivazione su fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il ricorso è inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
I motivi recano infatti quesiti di diritto formulati in termini invero difformi dallo schema al riguardo delineato da questa Corte, non recando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, a tale stregua appalesandosi astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433;
Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658;
Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr.
Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Tanto più che nel caso i motivi risultano formulati in violazione del requisito richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito senza invero debitamente ed esaustivamente – per quanto in questa sede d’interesse – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riportati, senza puntualmente ed esaustivamente indicare i dati necessari al reperimento in atti degli stessi (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279).
A tale stregua i ricorrenti non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo essere questa Corte viceversa posta in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, i motivi non recano la prescritta "chiara indicazione" – secondo lo schema e nei termini delineati da questa Corte – delle relative "ragioni", inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica della medesima, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazioni come nella specie altresì violative del requisito richiesto ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Senza sottacersi, con particolare riferimento al 3 motivo, che risulta in realtà mossa censura di violazione di norma di diritto e manca il relativo quesito di diritto, non potendo al riguardo considerarsi idoneo il periodo conclusivo del motivo (alla non numerata p. 6 del ricorso).
I motivi dei ricorsi si palesano dunque privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.
Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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