Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 03-04-2013, n. 15315 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

P.A. è sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dal mese di giugno del 2008 per la violazione dell’art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 6, per avere fatto parte del sodalizio mafioso Cosa Nostra fino al luglio del 2008.

Il P. è stato condannato in primo grado alla pena di anni nove e mesi sei di reclusione. La decisione è stata confermata in sede di appello e la Corte di cassazione, con sentenza 2.7.2012 l’ha annullata limitatamente alla determinazione della pena, rinviando ad un nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo.

Con istanza 26.7.2012 il P. ha richiesto alla Corte d’Appello di Palermo la revoca della misura in atto, invocando la applicazione dell’art. 303 c.p.p., comma 2.

Il giudice adito ha rigettato la suddetta istanza mettendo in evidenza che la Corte di Cassazione aveva disposto l’annullamento con rinvio della sentenza emessa nei confronti dello imputato per profili che non investivano la responsabilità del prevenuto, ma soltanto la determinazione della pena, con la conseguenza che permaneva la situazione giuridica della c.d. "doppia conforme", con formazione del giudicato sulla responsabilità e con conseguente applicazione dell’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. D) che richiama il quarto comma della medesima disposizione e con la ulteriore conseguenza che il termine massimo di carcerazione preventiva, di anni sei, non è ancora decorso.

La difesa dello imputato ha quindi impugnato la suddetta ordinanza presso il Tribunale del riesame, ribadendo che nel caso di specie doveva applicarsi la disciplina di cui all’art. 303 c.p.p., comma 2.

Il Tribunale del riesame con ordinanza 24.9.2012, sulla scorta della costante giurisprudenza di legittimità, ha rigetto il gravame sulla base del principio per il quale, essendosi formato il giudicato in punto responsabilità dell’imputato, i termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono quelli di cui all’art. 303 c.p.p., comma 4.

La difesa ricorre pertanto per cassazione avverso quest’ultimo provvedimento censurando la decisione impugnata di violazione e falsa applicazione dell’art. 13 Cost., art. 303 c.p.p., comma 2 e art. 303 c.p.p., comma 1, lett. D), in ciò richiamando La decisione della Corte Cost. 299/2005.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Come già affermato in precedenti condivise decisioni, va qui ribadito che nell’ipotesi in cui il giudice di legittimità abbia disposto l’annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione della pena della sentenza di appello conforme a quella pronunciata in primo grado, deve ritenersi che sull’affermazione di responsabilità dell’imputato si sia formato il giudicato (Cass. SU n. 373/1991,con la conseguenza che i termini di custodia cautelare cui deve farsi riferimento sono, ai sensi dell’art. 303 c.p.p., comma 1, lett. d), quelli stabiliti per la durata massima delle misure cautelari dal quarto comma dello stesso articolo, e non invece quelli di fase rapportati alla pena in concreto irrogata (Cass. Sez. 6, 15.1.2009 n. 4971; Cass. Sez. 6, 16.6.2010 n. 27408; Cass. Sez. 4, 14.2.2008 n. 17037).

Il ricorso va pertanto rigettato, siccome del tutto infondate e generiche le doglianze mosse e del tutto inconferente il richiamo alla decisione Corte Cost. 299/2005 che attiene a fattispecie del tutto differente.

Pertanto il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e dispone che si provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e dispone provvedersi ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2013

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