Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 03-04-2013, n. 15314

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

P.G., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la ordinanza 27.7.2012 con la quale il Tribunale di Bari ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Bari in data 16.7.2012, applicativa della misura della custodia in carcere, per i reati di cui agli artt. 110, 56 e 81 cpv. c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 2 e L. n. 203 del 1991, art. 7.

La difesa richiede l’annullamento del provvedimento impugnato, deducendo:

1.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) e E): violazione dell’art. 273 c.p.p., erronea applicazione della L. n. 203 del 1991, art. 7, manifesta illogicità della motivazione circa la aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, ritenuta sussistente sulla base del mero riferimento al canone della "territorialità" del commesso reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato Il Tribunale, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, ha reso adeguato motivazione in ordine alle ragioni per le quali deve applicarsi la circostanza aggravante in esame. In particolare (vv.

Pp. 18 e 19 alle quali si fa rinvio per brevità), il tribunale riferisce di una drammatica escalation di attentati, di natura diversa, registrati in Vieste e zone limitrofe, ai danni di villaggi turistici, ristoranti ed altri esercizi commerciali in un arco di tempo antecedente o concomitante ai periodi di tempo di consumazione dei delitti di estorsione in contestazione. Con un giudizio non irragionevole e non sindacabile nel merito, il Tribunale ha posto in evidenza che nella collettività si è diffusa una condizione di "soggezione" quale effetto derivante dalla percezione dell’esistenza di un gruppo di persone impegnato nella sistematica intimidazione perchè i cittadini cedano alle richieste di "protezione", attività quest’ultima attribuita anche all’indagato.

Il tribunale del riesame facendo riferimento al contesto territoriale nel cui ambito si sono verificati i fatti, in un’accezione diversa da quella ritenuta dalla difesa, pone ancora in evidenza come la eclatanza degli episodi sia maggiore e con maggiori effetti intimidativi nei confronti della popolazione, perchè commessi in un ambito territoriale di piccole dimensioni.

A ciò il Tribunale ha aggiunto la narrazione di episodi specifici dai quali non è irragionevole desumere come la popolazione possa essersi sottoposta ad condizionamento mafioso, per il fatto che uno degli associati ha dimostrato di essere in grado di controllare il territorio e di venire a pronta conoscenza anche della circostanza che una delle persone sottoposte ad estorsione aveva avuto contatti con Carabinieri ed appartenenti alle forze dell’ordine.

La motivazione del provvedimento impugnato è adeguata e scevra da vizi.

Le doglianze sono generiche nel contenuto, non pongono in evidenza vizi specifici della motivazione e si limitano a denunciare in modo superficiale e generico ipotesi di violazione di legge, senza dimostrare in modo concreto la loro sussistenza Per le suddette ragioni il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende ravvisandosi estremi di responsabilità nella condotta del ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dello spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2013

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