Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13193

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Svolgimento del processo
Il Tribunale di Massa il 15 agosto 2007 rigettava la domanda proposta dalla s.r.l. X nei confronti di V.L. e B.G. tendente ad ottenere il risarcimento dei danni per asserito illegittimo comportamento colposo posto in essere dai convenuti, a causa di iniziative contro di essa intraprese da un numeroso gruppo di condomini in sede di assemblea condominiale e concretatesi con denunce per illeciti edilizi, che erano state archiviate.
Lamentava la società che aveva subito un danno per la propalazione di notizie false, che le avrebbero procurato un danno all’attività economica e che quantificava in L. 1.200.000.000.
Il Tribunale, inoltre, accoglieva in parte la riconvenzionale dispiegata dal convenuto V. e condannava la società a risarcire i danni allo stesso che liquidava in Euro 20.000, oltre interessi dalla decisione al saldo.
Su appello principale della società e incidentale dell’appellato V. la Corte di appello di Genova il 31 maggio 2008 accoglieva in parte l’appello principale e condannava la B. a restituire quanto versatole dalla X s.r.l. a titolo di spese legali di primo grado e il V. a restituire quanto a lui versato in virtù della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, compensando per la metà tra il V. e la B. le spese del grado.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione la B., affidandosi a quattro motivi.
Nessuna attività difensiva risulta svolta dalla intimata società.
All’udienza del 25 maggio 2011 il Collegio disponeva per la integrazione del contraddittorio nei confronti del V., appellato e appellante incidentale.
L’incombente risulta espletato il 29 giugno 2001 La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo (art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli artt. 161, 346, 100 c.p.c.) la ricorrente lamenta che l’appellante società con il primo motivo del gravame si sarebbe limitata esclusivamente ad argomentare e concludere per la declaratoria di nullità della sentenza senza proporre alcuna domanda risarcitoria a suo tempo formulata e disattesa dal Tribunale, per cui questo motivo avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.
Al riguardo, va detto che trattasi di censura inammissibile per difetto di interesse, perchè nessun interesse concretamente è stato leso dalla mancanza di declaratoria di inammissibilità di quel motivo, una volta che il giudice dell’appello lo ha comunque respinto.
2.-Con il secondo motivo (art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione all’art. 342 c.p.c.), ulteriormente illustrato nella memoria la ricorrente lamenta che il giudice dell’appello, in difetto di specifica doglianza, avrebbe riformato il regolamento delle spese in primo grado, sebbene la richiesta, a suo avviso, fosse stata formulata esclusivamente e direttamente quasi "a sorpresa" nelle conclusioni dell’atto di appello.
La censura, così intesa, merita accoglimento.
Risulta, infatti, dagli atti del processo che la sentenza di primo grado conteneva due statuizioni: una relativa al rigetto della domanda della società nei confronti del condomino (con la condanna della società alle spese a favore del condominio e, quindi, della B.); la seconda relativa alla riconvenzionale dispiegata dal V..
Entrambe le statuizioni sono state gravate di appello con un primo motivo comune sia al V. che alla B..
L’appello quanto alla posizione della B. è stato respinto.
Di conseguenza il giudice dell’appello non avrebbe potuto condannare la B. alla restituzione delle spese di lite di primo grado a lei corrisposte a seguito della esecuzione della sentenza di primo grado.
Resta, in tal modo, assorbito il terzo motivo (art. 360 c.p.c., n. 5 – manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione circa il fatto controverso, costituito dal regolamento delle spese inerenti al giudizio di primo grado).
3.- Ne consegue che anche il quarto motivo, relativo al regolamento della spese di secondo grado (manifesta illogicità della motivazione sul fatto controverso delle spese inerenti al giudizio di appello), va accolto.
Pertanto, la sentenza impugnata, non essendo necessari ulteriori accertamenti, ex art. 384 c.p.c., va cassata senza rinvio per il capo della stessa che ordina la restituzione delle spese legali liquidate nella sentenza di primo grado" oltre interessi dalla data del pagamento alla data di restituzione e per il capo che compensa per la metà le spese del giudizio di appello tra la B. e il V..
Stante la totale soccombenza della società nei confronti della B. la Corte, decidendo nel merito, anche in accoglimento del quarto motivo, liquida a favore della B. le spese del giudizio di appello, determinandole nella somma di Euro 404,36 per spese, 4238,12 per diritti, 5670,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e epa e ponendole a carico dell’intimata società, la quale va condannata anche alle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano, come da dispositivo.
Dette spese vanno riconosciute al procuratore della B., che se ne è dichiarato antistatario (v. 5 memoria).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di appello determinandole nella somma di Euro 404,36 per spese, 4238,12 per diritti, 5670,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa, ponendole a carico dell’intimata società.
Condanna l’intimata società al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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