Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 03-04-2013, n. 15313

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

E.G. ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 12.6.2012 con la quale il Tribunale del riesame di Lecce, respingendo il ricorso proposto, ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere per i reato di cui agli artt. 56 e 629 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Il ricorrente richiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:

1.) ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), violazione degli artt. 273 e 274 c.p.p. e vizio di motivazione, perchè gli indizi sono stati desunti dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dagli accertamenti di polizia giudiziaria svolti dal Maresciallo F.. La difesa denuncia l’inutilizzabilità delle prime, perchè rese dalla persona offesa ad un maresciallo dei Carabinieri che, essendo in ferie, non era legittimato a riceverle; circa la seconda fonte probatoria, la difesa sostiene che l’indagato, incensurato, non ha minacciato o usato violenza nei confronti della persona offesa, definendo quanto riferito dal "militare in ferie" frutto di fervida fantasia.

Da ultimo il ricorrente sostiene che il provvedimento del Tribunale del riesame è contraddittorio e la motivazione è insufficiente.

Motivi della decisione

Va premesso che la valutazione delle doglianze difensive soggiace ai noti limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti "de libertate", la Corte di Cassazione non ha alcun potere nè di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), nè di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. 2, 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez 6, 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. 1, ordinanza 20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. 1, 11.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. 1, 20.2.1998 n. 1083). Da quanto sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito, (v. in tal senso Cass sez. 3, 21.10.2010 n. 40873). Infatti il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia "effettiva", ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia "manifestamente illogica", perchè sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente "contraddittoria", ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Cass. Sez. 1, 19.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass. Sez. 4, 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. 6, 15.3.2006 n. 10951).

Passando quindi in disamina i punti di ricorso va osservato quanto segue. Le doglianze relative alla ricostruzione del fatto, prospettata con ipotesi alternative da parte della difesa e con rivalutazione della qualificazione giuridica del reato ascritto, sono inammissibili, poichè esulano dal giudizio di legittimità impingendo a questioni di merito la cui disamina è preclusa in questa sede, secondo quanto riferito in premessa. Le doglianze relative ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato sono a loro volta inammissibili, perchè, con violazione dell’art. 581 c.p.p. e art. 606 c.p.p., sono formulate in modo generico, non essendo indicati i punti della decisione affetti dal vizio che deve essere desumibile dal testo del provvedimento impugnato.

In diritto va osservato che la lamentata inutilizzabilità del verbale riportante la denuncia della persona offesa, perchè formato da un ufficiale di polizia giudiziaria (maresciallo appartenente all’Arma dei Carabinieri) in ferie, è infondata, poichè gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri sono pubblici ufficiali da considerare in servizio permanente: nel senso che, anche nei periodi di permesso o di licenza, essi sono obbligati ad assumere l’esercizio attuale delle funzioni, allorchè se ne verifichino le condizioni di legge (Cass. Sez. 6, 23.5.1989 n. 7075; Cass. Sez. 1, 9.3.2005 n. 11709). La critica formulata dalla difesa circa la prova fondata sulle dichiarazioni e le attestazioni dell’ufficiale di polizia giudiziaria e su quanto abbia potuto ascoltare e riferire, è semplice commento in fatto, privo di valenza giuridica nella presente sede, ed al limite della censura legittima.

Le considerazioni riguardanti l’assenza di analoghe denunce da parte di altri tossicodipendenti e il mancato rinvenimento di droga nel corso della perquisizione domiciliare presso la abitazione dell’indagato attengono ad aspetti che dovranno essere oggetto di valutazione nel corso del giudizio di merito; nella specie si tratta di mere considerazioni di merito che non mettono in evidenza vizi della motivazione dell’ordinanza del Tribunale che ha spiegato le ragioni per le quali non ha ritenuto convincente la deposizione prodotta dalla difesa.

Per le suddette ragioni il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2013
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