Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-01-2013) 03-04-2013, n. 15283

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza del 12/05/2010, il Tribunale di Ragusa – Sezione distaccata di Vittoria – dichiarò G.A. e S. E. responsabili entrambi del reato di cui all’art. 707 c.p. e il solo S. del reato di cui alla L. n. 1423 del 1956, Francesco e – con la diminuente per la scelta del rito – condannò il G. alla pena di mesi 8 di arresto e il S. alla pena di 1 anno di arresto.

Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame ma la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 14/05/2012, confermò la decisione di primo grado.

Ricorrono per cassazione gli imputati deducendo la mancanza di motivazione per avere la Corte di appello confermato la sentenza di primo grado senza considerare le doglianze contenute nelle impugnazioni.

Entrambi i ricorrenti concludono, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata sentenza.

Motivi della decisione

I ricorsi sono inammissibili per violazione dell’art. 591, lett. c) in relazione all’art. 581 c.p.p., lett. c), perchè le doglianze – perfettamente identiche in entrambi i ricorsi – si riducono all’enunciazione di astratti principi di diritto su come deve essere redatta la motivazione di una sentenza e sull’obbligo del Giudice di appello di rispondere a quanto di rilevante evidenziato nell’atto di impugnazione. Non si indica, però, neppure uno dei motivi al quale la Corte di appello non avrebbe risposto, nè vengono evidenziate manifeste illogicità o contraddizioni della sentenza. E’ quindi evidente l’estrema genericità dei ricorsi, privi del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali completamente trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti, la Corte di appello ha ben evidenziato tutti gli elementi probatori a carico degli imputati con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria; nello stesso modo sottolinea le ragioni per le quali non ritiene di concedere le attenuanti generiche e valuta congrua la pena irrogata dal Tribunale.

In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent.

n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2013
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