Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-07-2012, n. 13516

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Svolgimento del processo

Con ricorso formulato ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 22, depositato il 24 giugno 2004, il sig. F.D. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Palermo, avverso l’ordinanza- ingiunzione n. 712/IS del 14 maggio 2004, con la quale l’Ufficio Autonomo Igiene e Sanità del Comune di Palermo gli aveva ingiunto di pagare la sanzione di Euro 15.494,00 per la violazione prevista dal D.Lgs. n. 336 del 1999, art. 14, riconducibile al verbale n. 81 del 12 settembre 2003 elevato dall’Area Sanità Pubblica Veterinaria della U.S.L. 6 in seguito ad apposito sopralluogo nel corso del quale gli era stato contestato, nella qualità di titolare dell’allevamento di equini sito in (OMISSIS), di non aver registrato, presso il competente Servizio veterinario, l’azienda in cui gli animali erano stati allevati.

Nella costituzione dell’ente opposto, il Tribunale adito, in composizione monocratica, con sentenza n. 11119 del 2005 (depositata il 5 dicembre 2005), accoglieva la formulata opposizione per incompetenza del dirigente ad emettere l’impugnata ordinanza- ingiunzione (in assenza di una formale delega da parte del Sindaco), per la mancata configurazione delle figure di imprenditore e di azienda produttiva previste dalla norma di riferimento riguardante la contestata violazione e per omessa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 11.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Palermo, basato su tre motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato F.D..

Motivi della decisione

1. In primo luogo deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione formulata nell’interesse del controricorrente. Infatti, nel caso di specie, non si verte in una ipotesi di ricorso per cassazione "per saltum" (secondo l’art. 360 c.p.c., comma 2, nella sua versione "ratione temporis" applicabile antecedentemente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006), poichè, in effetti, la sentenza del Tribunale di Palermo in questione risulta pubblicata il 5 dicembre 2005 e, quindi, la stessa, essendo assoggettata al regime processuale anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006 (invero applicabile ai provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006), non era appellabile ma soltanto (e direttamente) ricorribile per cassazione (ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, u.c., prima della sua abrogazione intervenuta per effetto dello stesso D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 26, comma 1, lett. b)).

2. Con il primo motivo l’ente ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, comma 2, poichè, diversamente da quanto ritenuto con la sentenza impugnata, in coerenza con il principio di distinzione tra attività gestionale ed attività di governo espresso dall’anzidetta norma, le competenze di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 18 si sarebbero dovute considerare spettanti, in materia di emanazione delle ordinanze-ingiunzioni, ai dirigenti.

2.1. Il motivo è fondato.

Infatti, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale palermitano, secondo la uniforme giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 21631 del 2006 e Cass. n. 8569 del 2009) a norma del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107 (applicabile nel caso in esame), la competenza ad irrogare sanzioni amministrative, con provvedimenti amministrativi consistenti in atti autoritativi posti in essere dalla P.A. nell’espletamento di una potestà amministrativa ed aventi rilevanza esterna, è stata devoluta ai dirigenti degli enti locali rimanendo spettanti agli organi di governo solo i poteri di indirizzo e controllo politico-amministrativo, mentre spettano ai dirigenti i compiti non compresi espressamente dalla legge o dallo statuto fra le funzioni degli organi di governo o fra quelle del segretario comunale o del direttore generale. In altri termini, deve essere confermato il principio secondo cui, dopo l’entrata in vigore del citato D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, applicabile nella specie), la competenza ad irrogare sanzioni amministrative deve ritenersi appartenere ai dirigenti degli enti locali in virtù dell’art. 107 del menzionato D.Lgs., la cui disciplina ha carattere innovativo anche rispetto al riparto di attribuzioni in precedenza regolato dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (con attribuzione al sindaco, ai sensi dell’art. 22 dell’ora menzionato testo normativo, dell’emanazione dei provvedimenti di irrogazione di sanzioni), e dispone, al comma 1, che i poteri di indirizzo e di controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo dell’ente (nella specie, al sindaco del comune), e, al comma secondo, che sono attribuiti ai dirigenti "tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno" non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni degli organi di governo o non rientranti tra quelle del segretario o del direttore generale. Pertanto, nel caso in discorso, rientrando l’attività riconducibile al potere di emissione dei provvedimenti irrogativi delle sanzioni nell’ambito dei poteri gestionali dell’ente comunale, si deve ritenere che l’impugnata ordinanza-ingiunzione era stata legittimamente emanata dal competente dirigente dell’Ufficio autonomo igiene e sanità del Comune di Palermo.

3. Con il secondo motivo l’ente ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 336, artt. 1 e 14 (come successivamente sostituito dal D.Lgs. 16 marzo 2006, n. 158), sul presupposto che la nozione di azienda, previsto da tale normativa speciale (non potendosi applicare, anche con riferimento a quella di imprenditore, le qualificazioni contemplate dal codice civile) si sarebbe dovuta identificare con "qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati o detenuti, anche transitoriamente", con la conseguenza che il suo titolare, se non già registrato presso il Servizio veterinario dell’AUSL competente per territorio, sarebbe stato tenuto a registrarsi presso detto Servizio.

3.1. Anche questo motivo è meritevole di pregio.

Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale del capoluogo siciliano che ha posto riferimento alle inconferenti nozioni codicistiche di imprenditore e di azienda, nella fattispecie trovava ("ratione temporis") applicazione la disciplina specifica dettata dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 336, art. 1, comma 3, lett. a), che aveva riguardo, con riferimento al concetto di "azienda" (finalizzata all’allevamento di equini), a "qualsiasi luogo, anche all’aria aperta, in cui gli animali sono allevati, o detenuti, anche transitoriamente", ragion per cui, nella fattispecie, è indubbio che si fosse venuto a configurare tale requisito, essendo stato il F., quale titolare dell’allevamento di equini, colto all’atto del controllo in un luogo corrispondente a tutte le anzidette caratteristiche. Pertanto, non avendo proceduto – nella predetta qualità – alla necessaria registrazione dell’azienda equina presso il competente Servizio veterinario dell’A.U.S.L. (non essendo stato in grado di produrre i documenti comprovanti tale adempimento), l’organo accertatore gli aveva legittimamente contestato la violazione di cui al citato D.Lgs. n. 336 del 1999, art. 14 e, di conseguenza, il dirigente dell’Area amministrativa competente aveva emanato nei suoi confronti l’ordinanza-ingiunzione con la quale aveva irrogato la corrispondente sanzione nei limiti previsti dall’art. 32, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

4. Con il terzo motivo l’ente ricorrente ha denunciato la violazione o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 11, poichè, nella specie, avuto riguardo ai parametri edittali per la sanzione correlata alla contestata violazione e all’importo di Euro 10.328,00, computato per l’eventuale pagamento in misura ridotta, si sarebbe dovuta considerare legittimamente emessa l’ordinanza-ingiunzione impugnata irrogatrice della sanzione di Euro 15.494,00, determinata tenendo conto della valutazione della gravità del fatto (il F.D., all’esito del controllo, era risultato nel possesso di sei cavalli per fine amatoriale), della condotta del responsabile e delle sue condizioni economiche.

4.1. L’esame di tale motivo appare ultroneo (con conseguente sua inammissibilità) poichè la pronuncia del giudice palermitano sulla concreta determinazione della sanzione è da considerarsi inutile in quanto superata dall’accoglimento delle altre due doglianze formulate con l’atto di opposizione che aveva condotto all’annullamento totale dell’ordinanza-ingiunzione opposta.

Naturalmente, in virtù dell’accoglimento dei due precedenti motivi del ricorso per cassazione, il giudice di rinvio dovrà ora valutare la relativa doglianza dedotta a fondamento dell’originaria opposizione.

5. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere accolto nei precisati termini (ed in virtù dei principi di diritto affermati con riferimento ai primi due motivi), con conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa allo stesso Tribunale di Palermo, in composizione monocratica ed in persona di altro giudicante, che provvedere anche sulle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, in persona di altro giudicante.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012
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