Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-07-2012, n. 13515

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Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 1997 V.L., V.R. e V.G. proposero opposizione avverso il decreto ingiuntivo che intimava loro di pagare al Condominio (OMISSIS) la somma di lire 68.516.350, oltre interessi convenzionali, a titolo di contributo per i lavori di ristrutturazione del fabbricato condominiale eseguiti dalla impresa XXX Costruzioni, sostenendo che gli importi da loro versati erano già sufficienti a pagare i lavori eseguiti in relazione alla loro quota di proprietà, la nullità delle deliberazioni che li avevano approvati e la violazione dei criteri di ripartizione della spesa.
Il Condominio si costituì in giudizio chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo.
Con sentenza del 2003 il Tribunale di Salerno rigettò l’opposizione.
Interposto gravame, la pronuncia di primo grado fu interamente confermata con sentenza n. 369 del 5 giugno 2007 dalla Corte di appello di Salerno, che, per quanto qui ancora interessa, affermò che, sulla base delle conformi risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, la quota della spesa posta a carico degli appellanti corrispondeva ai millesimi loro attribuiti sulla base della effettiva superficie di proprietà posseduta, che essi non avevano fornito adeguata prova di avere in precedenza corrisposto direttamente alla impresa appaltatrice la somma di lire 147.332.617, che il credito azionato dal Condominio non presentava duplicazioni in ordine alla spesa di cui agli stati di avanzamento dei lavori dall’1 al 5 del primo contratto di appalto, riguardando il decreto opposto lavori contabilizzati in stati di avanzamento diversi, che la richiesta di pagamento degli interessi convenzionali era legittima in quanto i contratti che li prevedevano erano stati stipulati dall’amministratore su autorizzazione dell’assemblea e poi approvati da quest’ultima con deliberazioni mai oggetto di impugnativa.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 17 settembre 2007, ricorrono V.L., V.R. e V.G., affidandosi a sei motivi.
Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS), in persona dell’amministratore, giusta a delibera assembleare del 14 giugno 2011, che ne ha ratificato l’operato.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., artt. 115, 633, 653 e 167 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello non abbia preso in considerazione, ai fini della sua detrazione dall’importo di cui al decreto ingiuntivo, la somma di lire 35.575.031 versata dagli attuali ricorrenti al Condominio prima del ricorso monitorio, versamento di cui vi era la prova documentale e della cui esistenza il Condominio aveva dato atto nel momento in cui aveva richiesto altro e precedente decreto ingiuntivo, n. 1262/95, per cui tuttora pende il giudizio di opposizione.
Il motivo è infondato.
La Corte di appello ha accertato, con apprezzamento di fatto non oggetto di specifica censura, che il credito azionato in questo giudizio dal Condominio si riferiva a lavori di appalto contabilizzati in stati di avanzamento diversi da quelli di cui dal n. 1 al n. 5 del primo contratto, per il cui pagamento era stato emesso altro decreto ingiuntivo nei confronti dei medesimi condomini, la cui opposizione aveva dato luogo ad un distinto ed autonomo giudizio; ha quindi, in forza di tale circostanza, respinto l’eccezione di pagamento in oggetto, riferendosi essa ai crediti sorti in relazione a lavori diversi, azionati tramite l’altro provvedimento monitorio. Tanto basta a ritenere corretta e logicamente adeguata la conclusione accolta dalla sentenza impugnata sul punto, in mancanza di allegazione e di prova da parte dei debitori di una sostanziale duplicazione delle voci dei crediti richiesti con i distinti decreti monitori, quale presupposto necessario ai fini dell’imputazione dell’eccepito pagamento al credito azionato nel presente giudizio.
Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., artt. 112, 115 e 633 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello non abbia preso in considerazione, ai fini della sua detrazione dall’importo di cui al decreto ingiuntivo, la somma di lire 12.780.415 richiesta dal Condominio con precedente azione legale e la somma di lire 49.995.457 richiesta con il decreto ingiuntivo n. 1262/95.
Anche questo motivo va respinto, non avendo parte ricorrente indicato da quali elementi di fatto risultava che i versamenti eccepiti si riferissero al credito di cui al decreto ingiuntivo opposto, circostanza questa che è stata anzi esclusa dal giudice di merito in relazione ai pagamenti riferibili al diverso decreto ingiuntivo emesso nei confronti dei ricorrenti, contraddistinto con il n. 1262/95. La censura in ordine all’eccezione di pagamento della somma di lire 12.780.415 è anche inammissibile in quanto nuova, non risultando di essa traccia nella sentenza impugnato e non precisando il ricorso se e in quale atto del giudizio di merito essa sarebbe stata sollevata.
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e art. 2697 cod. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di merito non abbia rilevato che alcune voci di credito di cui al decreto opposto era state chieste con il precedente decreto ingiuntivo n. 1262/95 e che la consulenza tecnica d’ufficio aveva riguardato tutti i sai del primo contratto.
Il motivo è infondato.
La prima censura appare non solo sostanzialmente nuova ma anche priva dell’indicazione di elementi probatori a sostegno; la seconda appare invece smentita dall’accertamento di fatto con cui il giudice di merito ha chiarito che il credito di cui al decreto opposto si riferiva a lavori diversi da quelli di cui alla richiesta di pagamento portata dall’altro decreto ingiuntivo, mentre del tutto generici appaiono i richiami ad un asserito diverso accertamento della consulenza tecnica d’ufficio.
Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 633, 641 e 653 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di merito non abbia considerato, ai fini della loro detrazione dall’importo di cui al decreto ingiuntivo, le somme già versate al Condominio (motivo di ricorso n. 1) e quelle richieste con il decreto ingiuntivo n. 1262/95 (motivi di ricorso n. 2-3).
Il motivo appare meramente ripetitivo delle doglianze precedenti e, pertanto, va respinto per le medesime ragioni.
Il quinto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 633, 641 e 653 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, assumendo che i pagamenti effettuati dagli opponenti avrebbero imposto la revoca del decreto ingiuntivo e che erroneamente il giudice di secondo grado non ha ritenuto provato il pagamento della somma di lire 147.332.617 effettuato direttamente all’impresa appaltatrice, che invece era dimostrato dalla scrittura privata del 18 gennaio 2001.
Anche questo motivo va disatteso.
La censura investe il giudizio formulato dalla Corte distrettuale circa l’idoneità della prova fornita dagli appellanti a dimostrare che essi avevano pagato il loro debito mediante versamento diretto della somma di lire 147.332.617 all’impresa appaltatrice, in luogo che al condominio; in tali termini, però, la doglianza è inammissibile, finendo con l’investire l’esercizio stesso del potere di valutazione delle prove che la legge affida in via esclusiva al giudice di merito, che non è sindacabile in sede di legittimità.
Nè sussiste nel caso di specie il vizio di motivazione denunziato, avendo la Corte di appello ampiamente motivato sull’inaffidabilità del documento prodotto in giudizio dai ricorrenti, rilevando palesi incongruità tra quanto in esso rappresentato e le pretese dell’impresa e lo stesso comportamento della parte in giudizio, che ad esso non aveva fatto alcun riferimento per tutto il corso del giudizio di primo grado. A ciò si aggiunga che il ricorso nemmeno riproduce il contenuto di tale documento, come gli imporrebbe il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, mancanza che impedisce al Collegio di verificarne la decisività sotto il profilo della completezza e congruità della motivazione.
Il sesto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., del principio del ne bis in idem, degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, lamentando che la Corte di appello non abbia rilevato la nullità della clausola che prevedeva interessi convenzionali di mora, in quanto mai autorizzata dall’assemblea. In ogni caso, l’ammontare di tali interessi avrebbe dovuto essere ridotto in considerazione dei versamenti effettuati dagli opponenti sopra menzionati.
Il motivo è infondato trovando smentita nell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, non censurabile in questa sede, secondo cui i contratti di appalto che avevano previsto interessi convenzionali in caso di ritardo dei pagamenti erano stati stipulati dall’amministratore del condominio su autorizzazione dell’assemblea e quindi approvati da quest’ultima con deliberazioni mai oggetto di impugnativa.
In conclusione, il ricorso è respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 31 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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