Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 22-03-2013, n. 13747

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Bolzano rigettò l’appello proposto da B.S. avverso l’ordinanza del Gip del tribunale di Bolzano, che aveva respinto l’istanza di revoca o di sostituzione, con quella degli arresti domiciliari, della misura cautelare della custodia in carcere applicata con ordinanza del 23.7.2012 in relazione al reato di violenza sessuale.

L’indagato, a mezzo dell’avv. E. A., propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione degli artt. 275 e 292 cod. proc. pen. e omessa motivazione in ordine alla inadeguatezza di altra misura cautelare a soddisfare le esigenze cautelari nel caso concreto. Lamenta che nella ordinanza impugnata manca qualsiasi valutazione su questa specifica censura proposta con l’atto di appello e qualsiasi concreta comparazione tra le esigenze cautelari e la idoneità delle singole misure diverse dalla custodia cautelare in carcere a soddisfarla.

Ciò in violazione del principio che è esclusa qualsiasi forma di automatismo nella scelta della misura in ragione del reato contestato.

2) violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. e omessa, contraddittoria motivazione. Osserva che quanto al pericolo di inquinamento probatorio, il tribunale ha affermato che l’espletamento dello incidente probatorio non farebbe venir meno l’esigenza di tutelare la genuinità della prova perchè la persona offesa potrebbe essere risentita in dibattimento. Si tratta di ipotesi scolastica e congetturale che non può costituire un concreto ed attuale pericolo di inquinamento della prova. Inoltre il tribunale ha attribuito valore decisivo ad una ipotetica condotta di una terza persona che avrebbe agito non sua sponte ma su sollecitazione dell’indagato, senza considerare che dal momento dell’arresto e del trasferimento in altra città non era stato possibile alcun contatto essendo stati negati i permessi di colloquio.

Quanto al concreto pericolo di reiterazione il tribunale lo ha desunto esclusivamente dalla minaccia che l’indagato avrebbe fatto alla persona offesa per indurla a non denunciare il fatto. Non è spiegato come dalla ipotizzata minaccia si desuma una propensione a commettere gravi reati della stessa specie e ciò senza soffermarsi minimamente sulle modalità concrete di realizzazione dell’ipotizzato fatto di reato. In particolare il tribunale ha omesso di considerare il concreto comportamento tenuto dall’indagato durante e dopo il fatto secondo lo stesso racconto della persona offesa.

Motivi della decisione

Il secondo motivo, nella parte relativa al pericolo di reiterazione, è infondato perchè il tribunale del riesame ha fornito sul punto congrua, specifica ed adeguata motivazione, osservando che le minacce rivolte alla persona offesa, prima che la stessa riuscisse a scappare definitivamente, autorizzavano a ritenere estremamente concreto il pericolo che il B., seppure soggetto incensurato, potesse tornare a commettere altro grave delitto tra quelli considerati dall’art. 274 cod. proc. pen., comma 1, lett. c), non necessariamente della stessa specie di quello per cui si procede.

E’ invece fondato il secondo motivo nella parte relativa al pericolo di inquinamento probatorio, in quanto la relativa motivazione appare generica e congetturale, non evidenziando la concretezza ed attualità di tale pericolo. L’ordinanza impugnata invero non specifica i concreti elementi di fatto sui quali fonda la previsione che la persona offesa, che ha già reso la sua deposizione in sede di incidente probatorio, possa essere risentita in un futuro dibattimento e la ragioni per le quali assume la concreta probabilità che in tale evenienza la medesima possa ritrattare quanto già testimoniato rischiando una imputazione per falsa testimonianza e per calunnia. E’ vero che il tribunale del riesame ha ritenuto che questo pericolo di inquinamento deriverebbe anche dal fatto che la convivente dell’indagato avrebbe contattato la persona offesa in previsione dello incidente probatorio; tuttavia ciò viene prospettato al condizionale come una mera ipotesi e senza specificare gli elementi di fatto da cui si desumerebbe almeno una elevata probabilità che tali tentativi di contattori siano realmente avvenuti e siano avvenuti d’accordo con l’indagato. Allo stesso modo l’ordinanza impugnata non indica gli elementi in base ai quali sospetta che la detta convivente abbia tentato di assistere all’udienza per incidente probatorio su sollecitazione dell’indagato o di concerto con il medesimo, tenendo conto delle concrete condizioni di detenzione dello stesso.

E’ poi anche fondato il primo motivo. E’ invero pacifico che nel nostro ordinamento non è consentito un automatismo nella scelta della misura in ragione del reato contestato mentre vige il principio del minore sacrificio necessario.

quindi necessaria una motivazione adeguata e logica che dia conto della congruità della misura e del sacrificio imposto in relazione alle concrete esigenze cautelari. Nella specie, nonostante il punto avesse formato oggetto di specifico motivo di appello, nella ordinanza impugnata manca una qualsiasi valutazione in merito ed una qualsiasi comparazione tra le esigenze cautelari e l’idoneità o meno delle singole misure diverse dalla custodia cautelare in carcere, ivi compresi gli arresti domiciliari, a soddisfarle. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari, l’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere, per quanto specificamente riguarda le esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 cod. proc. pen., lett. c) può essere ritenuta soltanto quando elementi specifici, inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità del soggetto indichino quest’ultimo come propenso all’inosservanza degli obblighi connessi ad una diversa misura (Sez. 1^, 15.7.2010, n. 30561, Micelli, m. 248322).

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al tribunale di Bolzano per nuovo esame.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Bolzano per nuovo esame.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2013
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