Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 22-03-2013, n. 13719

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Bologna confermò la sentenza emessa il 10.1.2011 dal tribunale di Ravenna, che aveva dichiarato M.E. colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 609 bis, cod. pen. per avere in due occasioni compiuto atti sessuali con B.C., di anni 14, consistenti nell’averle preso la mano e fatto toccare il proprio organo genitale e nel toccare a sua volta il seno e l’organo genitale della ragazza, e lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno in favore della parte civile, con una provvisionale di Euro 10.000,00.

L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione lamentando preliminarmente che la corte d’appello ha omesso di esaminare le deduzioni difensive valorizzando solo gli argomenti dell’accusa.

Così ha dedotto la verità del fatto di cui al capo B) solo perchè vero il reato di cui al capo A). In particolare deduce:

1) erronea applicazione delle norme sulla prova indiziaria. Osserva che la corte d’appello ha omesso di valutare le precedenti versioni, tutte contraddittorie, della ragazza rese nel corso del procedimento e quindi carenti del requisito della concordanza.

2) erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sulla responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui al capo B).

Deduce che la sentenza ha immotivatamente scelto l’ultima versione della ragazza invece di valutarle tutte globalmente e compiutamente, senza nemmeno considerare l’enorme aspettativa economica che la famiglia della minore aveva.

3) mancanza di motivazione circa la mancata concessione delle attenuanti generiche. Lamenta, tra l’altro, che la corte non ha considerato l’età avanzata dell’imputato, l’offerta di una somma a titolo di risarcimento del danno e l’incensuratezza dell’imputato.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che i motivi relativi alla affermazione di responsabilità dell’imputato in ordine al reato di cui al capo B) – non essendoci discussione sulla sussistenza di quello di cui al capo A) – siano infondati. Ed invero, la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto veritiera l’ultima versione fornita dalla ragazza in sede di incidente probatorio, osservando che la mutevolezza delle dichiarazioni non era indice di atteggiamento incerto ed ondivago (e quindi di fantasiosità del narrato), bensì derivava dalle pressioni che la minore aveva subito dalla madre al fine di sfumare il racconto degli episodi (tra cui quello del camper) che avrebbero potuto coinvolgere i genitori, mentre in sede di incidente probatorio la ragazza aveva assunto un atteggiamento di maggiore chiarezza e decisione narrativa a causa del superamento dei precedenti condizionamenti e della comprensione della serietà della deposizione dinanzi al giudice.

La corte ha anche motivatamente escluso che le dichiarazioni accusatorie fossero state dettate da aspettativa di benefici economici, per il motivo che il risarcimento del danno era già dovuto per l’episodio del 25 agosto in cui l’imputato fu sorpreso in flagranza, sicchè gli altri episodi avevano carattere secondario e non erano rilevanti per conseguire un autonomo vantaggio economico.

Non è poi ravvisabile una erronea applicazione della normativa in tema di indizi, dal momento che nella specie l’affermazione di responsabilità non si è basata su una serie di indizi e sulla loro valutazione, bensì sulla prova diretta costituita dalle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa in sede di incidente probatorio. Si è già rilevato che la corte d’appello ha dato una congrua spiegazione dei motivi per i quali erano irrilevanti le lievi difformità con le dichiarazioni precedenti, in cui la ragazza aveva sfumato il racconto a causa dei condizionamenti da parte della madre. Con il ricorso, poi, non vengono rivolte specifiche contestazioni al giudizio di attendibilità oggettiva di questa ultima deposizione relativamente agli episodi precedenti a quello della sorpresa in flagranza.

E’ invece fondato il motivo relativo al trattamento sanzionatorio.

Con l’appello l’imputato aveva specificamente contestato sia il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto lieve sia la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Per quanto concerne l’attenuante del fatto di minore gravità, secondo la giurisprudenza ai fini del suo riconoscimento devono essere "valutati in concreto l’impatto emotivo sulla vittima e le conseguenze sul suo sviluppo psicofisico, le modalità dei fatti, la loro durata nel tempo e l’invasività nella sfera sessuale della vittima" (Sez. 3^, 12.7.2012, n. 34236, A., m. 253172); "rilevano i soli elementi indicati dal comma primo dell’art. 133 cod. pen., e non anche quelli di cui al comma secondo, utilizzabili solo per la commisurazione complessiva della pena" (Sez. 3^, 26.10.2011, n. 45692, B., m. 251611); "non rispondendo la mitigazione della pena all’esigenza di adeguamento alla colpevolezza del reo e alle circostanze attinenti alla sua persona ma alla minore lesività del fatto, da rapportare al grado di violazione del bene giuridico della libertà sessuale della vittima" (Sez. 3^, 15.6.2010, n. 27272, P., m. 247931); "ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall’art. 609 bis cod. pen., comma 3, deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, quali mezzi, modalità esecutive, grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, così da potere ritenere che la libertà sessuale sia stata compressa in maniera non grave, così come al danno arrecato alla vittima anche in termini psichici" (Sez. 3^, 7.11.1006, n. 5002/07, Mangiapane, m.

235648).

Nel caso di specie, la corte d’appello ha escluso l’attenuante in considerazione dell’età e delle condizioni sociali della vittima, del contesto generalmente mercificante (promesse e dazioni di denaro e regali), della persistenza del dolo e di uno stile di vita corruttivo e pedofilo. Il punto non è stato specificamente investito dal ricorso per cassazione e non può essere pertanto oggetto di esame da parte di questa Corte.

Il mancato riconoscimento dell’ipotesi del fatto di minore gravità, tuttavia, non impedisce il riconoscimento delle attenuanti generiche (cfr. Sez. 3^, 9.4.2008, n. 19966, Mancini, m. 240047, che ha ritenuto compatibile la concessione delle circostanze attenuanti generiche per l’incensuratezza del reo con il contestuale diniego dell’attenuante speciale della minore gravità del fatto). Ora, nella specie, a parere del Collegio, la motivazione della sentenza impugnata sulle ragioni della mancata concessione delle attenuanti generiche è effettivamente carente e manifestamente illogica. Le attenuanti generiche, infatti, sono state negate anche per un "comportamento processuale per nulla collaborativo" (ossia, in mancanza di specificazione, deve ritenersi per la mancata confessione) e per "l’eccessiva insistenza sulla svalutazione della personalità della denunciante", e cioè per il modo in cui in concreto si è esplicato il fondamentale diritto costituzionale di difesa. Inoltre, effettivamente risulta generica la motivazione secondo cui l’età avanzata non potrebbe costituire elemento di valutazione positiva, non avendo impedito pulsioni sessuali patologiche. E’ poi mancata la considerazione della somma offerta a titolo di risarcimento del danno, che se pure ritenuta insufficiente ai fini della attenuante di cui all’art. 62 cod. pen., n. 6, poteva essere considerata ai fini delle attenuanti generiche, alla luce delle possibilità economiche dell’imputato.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alle attenuanti generiche con rinvio al giudice di appello per nuovo esame sul punto. Nel resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle attenuanti generiche con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bologna.

Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2013
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