T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 19-01-2011, n. 497

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

I ricorrenti sono consiglieri comunali di minoranza ed impugnano le deliberazioni del Consiglio comunale del Comune di Valentano in quanto le stesse sono state approvate, in terza seduta, con la presenza di n. 6 Consiglieri (e in loro assenza, essendosi allontananti al momento della relativa votazione) invece dei n. 7 Consiglieri ritenuti necessari sulla base dell’art. 42 del regolamento comunale.

Con ricorso notificato e depositato nei termini, ne hanno dedotto la illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della L. n. 131 del 2003 ed eccesso di potere per violazione degli artt. 6 e 8 dello Statuto e 42 e 66 del Regolamento comunale e per difetto dei presupposti e violazione degli artt. 114 e 117 della Costituzione.

2- Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della L. n. 131 del 2003 ed eccesso di potere per violazione degli artt. 6 e 8 dello Statuto e 42 e 43 del Regolamento comunale e per difetto dei presupposti e violazione degli artt. 114 e 117 della Costituzione, sotto altri profili.

3- Violazione e falsa applicazione di legge ed eccesso di potere per violazione dell’art 2 del Regolamento comunale.

Il Comune si è costituito in giudizio in data 20.7.2010 depositando memoria con la quale ha dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso.

Con il decreto presidenziale n. 3366/2010 del 20.7.2010 è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati.

Con il ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 28.8.2010 e depositato in data 31.8.2010, i ricorrenti hanno, altresì, impugnato le deliberazioni del Consiglio comunale nn. 24 e 25 del 9.8.2010, con le quali sono stati approvati il bilancio di previsione per l’anno 2010, il bilancio pluriennale 2010/2012 e la relazione previsione programmatica 2010/2012, nonché il conto consuntivo esercizio 2009.

Ne hanno dedotto l’illegittimità con un unico motivo di censura per i medesimi profili di cui al ricorso introduttivo del presente giudizio.

Con l’ordinanza n. 3737/2010 del 2.9.2010 è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’esecutività dei provvedimenti impugnati, attesa la sollecita fissazione nel merito del ricorso.

Il Comune ha depositato memoria, con allegata documentazione, in data 1.9.2010; con la memoria ha dedotto l’irrilevanza, ai fini della decisione, dell’esito di una precedente controversia concernente le delibere di modifica del Regolamento dello stesso Comune di Valentano per difetto del quorum funzionale, annullate da questa Sezione, con sentenza (n. 6569/2009) sostanzialmente confermata dal Consiglio di Stato (con decisione n. 3357/2010); ha inoltre insistito per l’accoglimento del ricorso, rilevando come il Sindaco, in quanto consigliere "assegnato", fosse da conteggiare ai fini della formazione della maggioranza qualificata richiesta per potere apportare le modifiche allo Statuto comunale.

Con la memoria del 24.9.2010 i ricorrenti hanno insistito nelle loro deduzioni ai fini dell’accoglimento dei ricorsi in trattazione.

Infine il Comune, con la memoria del 18.10.2010, ha più argomentatamene reiterato le proprie deduzioni, insistendo per il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti.

Alla pubblica udienza del 28.10.2010, la causa è stata trattenuta per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Motivi della decisione

In sede di trattazione orale del ricorso il difensore dei ricorrenti ha ulteriormente insistito sull’eccezione di nullità dell’intervenuta costituzione del Comune di Valentano (già dedotta in sede di trattazione orale dell’istanza di sospensiva ed argomentatamente reiterata con l’ultima memoria del 24.9.2010), chiedendo una pronuncia esplicita sul punto e, altresì, lo stralcio degli atti difensivi dal medesimo prodotti nel presente giudizio, in quanto ritenuti affetti da assoluta nullità, atteso che sarebbe mancata l’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata al Sindaco da parte dell’organo a ciò deputato, ossia la Giunta comunale, in un momento antecedente alla costituzione del Comune nel presente giudizio, né la costituzione effettuata precedentemente sarebbe stata formalmente ratificata successivamente.

In sostanza i ricorrenti deducono che la sottoscrizione da parte del Sindaco del mandato alle liti (posto a margine dell’atto di costituzione) risulterebbe invalida in quanto – all’epoca di tale sottoscrizione – non si era regolarmente formata la volontà dell’ente di procedere all’impugnativa dei provvedimenti indicati in epigrafe.

Al riguardo si osserva quanto segue.

Il Comune si è costituito in giudizio depositando memoria difensiva in data 20.7.2010; la detta memoria presenta a margine la delega rilasciata dalla sig.ra Saraconi Raffaella, nella qualità di Sindaco del Comune e non è stata allegata alcuna deliberazione della Giunta municipale di autorizzazione alla costituzione nel presente giudizio.

Successivamente, il medesimo Comune ha depositato memoria con allegati documenti in data 25.8.2010 e 1.9.2010 (attesa la intervenuta notificazione nelle more, in data 27.8.2010, del ricorso per motivi aggiunti); nella documentazione depositata in data 25.8.2010, in particolare, per quanto interessa in questa sede, vi era ricompresa anche la deliberazione della Giunta comunale n. 115 del 23.7.2010, con la quale, preso atto dell’intervenuta notificazione al Comune del ricorso introduttivo del presente giudizio, è stata deliberata la costituzione in giudizio dell’Amministrazione.

Tanto premesso in punto di fatto, in punto di diritto si rileva quanto segue.

L’art. 6, co. 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.) dispone testualmente che: "… 2. Lo statuto, nell’ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico….".

In sostanza la richiamata norma consente al Comune di disciplinare con lo statuto il regime delle autorizzazioni a promuovere o a resistere alle liti, in quanto attinente ai modi con i quali la rappresentanza va esercitata.

Dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e la successiva l. 131 del 2003, che consentono a ciascun ente locale di regolare autonomamente la propria struttura organizzativa, lo statuto comunale ben può disciplinare – anche mediante norme generali la cui attuazione venga rimessa a regolamenti comunali – la materia della rappresentanza in giudizio dell’amministrazione, stabilendo che i relativi poteri spettino ai dirigenti comunali in luogo del sindaco ed eliminando l’autorizzazione della giunta comunale a promuovere le liti o a resistervi, ovvero prevedendo altri procedimenti per l’attribuzione della legittimazione processuale all’organo titolare della rappresentanza in giudizio (Cassazione civile, sez. un., 16 giugno 2005, n. 12868).

L’art. 26 dello statuto del Comune di Valentano, approvato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 6 del 21.2.2002, richiede, ai fini della costituzione in giudizio, la previa autorizzazione della Giunta comunale.

L’art. 50 del richiamato testo unico, rubricato "Competenze del sindaco e del presidente della provincia.", dispone testualmente che: "1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia.

2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti.

3. Salvo quanto previsto dall’art. 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia

4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.

…".

Ai sensi dell’art. 50, co. 2, del richiamato testo unico, il sindaco, quale rappresentante legale del comune, è l’organo che lo rappresenta in giudizio ed ha il potere di conferire la procura al difensore senza che occorra alcuno specifico mandato da parte della giunta a mezzo della deliberazione di autorizzazione alla lite, che è condizione di efficacia e non requisito di validità della costituzione in giudizio dell’ente pubblico e, pertanto, può intervenire anche nel corso del processo – ma sempre prima che la causa passi in decisione – con effetto sanante delle eventuali irregolarità in precedenza verificatesi (Consiglio di Stato, sez. V, 26 ottobre 2006, n. 63999).

Tuttavia, atteso che, in forza delle considerazioni innanzi svolte, sussiste certamente il potere dello statuto di regolare il regime dell’esercizio della rappresentanza, deve argomentarsi che, in ogni caso in cui lo statuto, con la forza sua propria, preveda l’autorizzazione della giunta, in ragione della connotazione latamente politica che le decisioni di agire o resistere in giudizio possono assumere, specie in riferimento a determinate tipologie di atti e di controversie, così da comportare valutazioni segnate da ampi spazi di discrezionalità politica in ordine alla scelta di difendere in giudizio la legittimità e la correttezza degli atti o comportamenti, l’autorizzazione giuntale va considerata come un atto necessario, per espressa scelta statutaria, ai fini della legittimazione processuale dell’organo titolare della rappresentanza.

Deve, pertanto, ritenersi che, nel nuovo ordinamento delle autonomie locali compete esclusivamente al sindaco il potere di conferire al difensore del comune la procura alle liti, ai sensi dell’art. 50 del richiamato testo unico, senza necessità di autorizzazione della giunta municipale, ai sensi del disposto dell’art. 47 dello stesso testo normativo, salvo che una disposizione statutaria la richieda espressamente, essendo attribuita al sindaco l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del comune.

Tuttavia l’autorizzazione della giunta comunale attiene, comunque, alla legitimatio ad processum e non alla validità della costituzione dell’ente, con la conseguenza che un’autorizzazione successiva è idonea ad assumere efficacia convalidante ex tunc dell’attività processuale svolta dal rappresentante dell’ente stesso.

Ne consegue che la costituzione in giudizio del comune è valida ed efficace, a condizione che intervenga la delibera di autorizzazione in sanatoria ad agire o resistere in giudizio da parte della autorità competente, nella specie la giunta comunale, anche qualora il sindaco abbia già posto in essere i relativi atti, ed anche se siano scaduti i termini processuali, sempreché la causa non sia passata in decisione (Consiglio di Stato- Ad. Plen., 6 febbraio 1993, n. 3).

Nel caso di specie tale autorizzazione (Deliberazione n. 115 del 2010) risulta prodotta in atti prima del passaggio in decisione del ricorso.

L’eccezione di nullità della costituzione del comune deve, pertanto, essere rigettata siccome infondata.

Nel merito valgono le considerazioni che seguono.

In via ulteriormente preliminare si rileva che, a fronte della censura relativa ad un vizio del procedimento deliberativo, quale è la mancanza del quorum strutturale, direttamente incidente sulla regolare composizione dell’organo rappresentativo e, per l’effetto, sulle attribuzioni dei consiglieri contrari all’approvazione dei provvedimenti, sussiste la legittimazione ad impugnare dei consiglieri comunali.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, infatti, tutte le deliberazioni impugnate sono illegittime in quanto, dal punto di vista strutturale, sono state approvate con la presenza di n. 6 consiglieri assegnati e non invece dei n. 7 che sarebbero stati necessari ai sensi dell’art. 42, co. 1, del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale che dispone al riguardo testualmente che: "1. Il Consiglio comunale può validamente deliberare solo quando siano presenti almeno sette consiglieri sui 12 assegnati". Inoltre, con riguardo alle deliberazioni con le quali sono stati modificati gli artt. 7, 8 e 9 del vigente Statuto comunale, si sostiene, dal punto di vista funzionale, che è mancato il voto favorevole della maggioranza assoluta (anche in tal caso di 7 consiglieri più il Sindaco); quanto poi alla deliberazione n. 11 del 30.6.2010, di interpretazione autentica dell’art. 42, co. 1, del regolamento, si lamenta la mancanza dei presupposti per l’attivazione del relativo procedimento interpretativo di cui all’art. 2 del medesimo regolamento in relazione alla insussistenza di alcun valido dubbio interpretativo al riguardo.

In particolare, con la deliberazione n. 11 del 30.6.2010, avente ad oggetto: "Regolamento: interpretazione articolo 42 comma 1 del vigente Regolamento del Consiglio comunale", è stato deciso, ai sensi dell’art. 2, co. 2, del regolamento per il funzionamento del C.C., di interpretare l’art. 42, co. 1, del medesimo regolamento nel senso che nel numero dei sette consiglieri "assegnati", richiesto per rendere valida l’adunanza, è da ritenersi ricompreso anche il sindaco, in quanto non espressamente escluso dalla norma in esame. Si è in particolare sottolineato che il riferimento al numero dodici – che escluderebbe la possibilità di tener conto del sindaco – deve essere ritenuto frutto di un mero errore materiale, considerato che il sindaco, ai sensi dell’art. 37 del TUEL, è consigliere a tutti gli effetti.

Con il ricorso introduttivo i ricorrenti lamentano l’illegittimo ricorso al procedimento di cui al richiamato art. 2, co. 2, del regolamento, per la mancanza del suo presupposto applicativo, rappresentato dall’esistenza di un dubbio interpretativo relativamente all’applicazione dell’art. 42, co. 1, del regolamento.

L’art. 2, co. 2, del regolamento, infatti, dispone testualmente che: "1. Le eccezioni sollevate dai consiglieri comunali, al di fuori delle adunanze, relative all’interpretazione di norma del presente regolamento, sono presentate in scritto al sindaco. 2. Il sindaco incarica il Segretario comunale di istruire la pratica con il suo parere e sottopone la stessa nel più breve tempo possibile ai capi gruppo consiliari. 3. Qualora l’interpretazione non ottenga il consenso unanime dei capi gruppo la soluzione è rimessa al consiglio il quale decide, in via definitiva, con il voto favorevole della maggioranza dei suoi componenti.".

Nel caso di specie è avvenuto che, con l’istanza di cui al prot. n. 4031 del 19.6.2010, i consiglieri della maggioranza hanno chiesto di procedersi all’interpretazione autentica dell’art. 42, co. 1, del regolamento ai sensi dell’art. 2 del medesimo.

Atteso che l’interpretazione proposta non aveva ottenuto il consenso unanime dai capi gruppo, come da verbale del 26.6.2010, si è proceduto ai sensi dell’art. 2, co. 3, del regolamento, che prevede la rimessione della decisione al Consiglio comunale.

Il motivo appare fondato.

La determinazione del quorum strutturale ai fini della validità delle sedute del Consiglio comunale è rimessa all’autonomia dell’ente che si esplica attraverso norme di carattere regolamentare.

Ed infatti, ai sensi dell’art. 3 del richiamato testo unico, rubricato "Autonomia dei comuni e delle province.", "2… 4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa nonché autonomia impositiva e finanziaria nell’ambito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.".

Il successivo articolo 6, rubricato " Statuti comunali e provinciali.", dispone testualmente che: "1. I comuni e le province adottano il proprio statuto.

2. Lo statuto, nell’ambito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente e, in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico…" ed il successivo art. 7, rubricato " Regolamenti.", che " 1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni.".

Ancora, ai sensi dell’art. 4, co. 4, della L. 5/6/2003, n. 131, rubricato " Attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di potestà normativa degli enti locali", "… 4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione….".

Infine l’art. 38, rubricato " Consigli comunali e provinciali.", dispone che "…2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, e disciplinato dal regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia….".

La detta ultima norma, pertanto, detta la regola generale per la validità delle sedute consiliari; da questa deriva che la materia della validità delle sedute è propria del regolamento per il funzionamento del consiglio, seppure sempre nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto, tenendo conto che la disposizione, pur demandando all’autonomia organizzativa dell’ente locale le scelte in punto di rafforzamento della stabilità (quorum strutturale), stabilisce uniformemente, a garanzia degli equilibri politici interni alla compagine politica ed a salvaguardia del principio di rappresentatività democratica, la necessità di un numero minimo di componenti per la validità della seduta, fissandolo in un terzo dei consiglieri assegnati, con esclusione del sindaco.

La ratio della norma è quella di escludere il sindaco soltanto dal calcolo per la determinazione del numero minimo di componenti richiesti per rendere valida la seduta, che non può scendere al di sotto del terzo dei consiglieri (escluso appunto il sindaco) assegnati all’ente; per il resto, ha lasciato alla discrezionalità organizzativa dell’ente locale la fissazione del quorum strutturale di prima come di seconda convocazione (salvo, appunto, l’inderogabilità della soglia minima), nonché le modalità ed i criteri per il suo calcolo.

L’individuazione del quorum strutturale per le sedute del consiglio comunale è quindi rimessa alla potestà regolamentare del comune che, nel caso di specie, è stata esercitata con il regolamento per il funzionamento del C.C. di cui alla deliberazione consiliare n. 39 del 24.11.2003. In particolare, il contestato art. 42 deve essere peraltro letto in combinato disposto con la norma di cui al successivo art. 66, secondo cui le votazioni non possono avere luogo se non sono presenti i consiglieri richiesti per rendere legale l’adunanza. Se è vero, va poi aggiunto, che ai fini della validità della seduta del Consiglio comunale, il quorum strutturale è quello richiesto dallo statuto e non dal regolamento comunale – atteso che, in quanto atti di normazione secondaria, detti regolamenti non possono contraddire alle disposizioni statutarie (cfr. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 16 gennaio 2001, n. 138) – tuttavia, nel caso di specie, al momento dell’adozione della deliberazione C.C. n. 11/2010 di interpretazione autentica dell’art. 42, co. 1, del regolamento, lo statuto comunale, nella parte dedicata agli organi ed alle loro attribuzioni (articoli 69), non conteneva sul punto alcuna specifica disposizione)

La detta norma regolamentare dispone testualmente che: "1. Il Consiglio comunale può validamente deliberare solo quando siano presenti almeno sette consiglieri sui 12 assegnati.".

Il richiamato regolamento, pertanto, alla luce del suo chiaro tenore testuale, fissa discrezionalmente il quorum strutturale per la validità della seduta consiliare rapportandolo ai consiglieri assegnati – da intendersi pertanto in senso stretto – e non invece ai componenti assegnati al Comune, ossia ai componenti amministratori di estrazione elettiva (e pertanto il sindaco in quanto componente del consiglio ai sensi dell’art. 37 del T.U.E.L., più i consiglieri) siccome assegnati, nel numero massimo di legge, all’organo collegiale (e tra i quali, dunque, deve farsi rientrare, appunto, anche il sindaco che del consesso è parte integrante in quanto membro di diritto e concorrendo, comunque, alla determinazione dei quorum funzionali ed alle relative votazioni).

Pertanto il dato testuale della norma richiamata di cui all’art. 42, co.1, del regolamento non sembra lasciare alcun concreto spazio per un dubbio interpretativo del tenore di quello avanzato dai consiglieri di maggioranza.

E’ infatti pacifico che,ai sensi dell’art. 37 appena richiamato, rubricato "Composizione dei consigli.", atteso che "1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:…", anche il sindaco deve essere considerato come un effettivo componente il consiglio. Tuttavia, il testuale riferimento ai dodici consiglieri assegnati (e comunque non ai 13, ossia ai 12 più il sindaco) permette di escludere, senza alcun dubbio interpretativo al riguardo, che il sindaco non debba essere conteggiato ai fini del raggiungimento del quorum strutturale richiesto per la validità delle sedute consiliari.

Ed infatti i consiglieri assegnati al Comune (con esclusione naturalmente del Sindaco) sono proprio in numero di 12, come si evince dalla deliberazione C.C. n. 29 del 16.6.2006, e come del resto è previsto dal richiamato testo unico, atteso che trattasi di comune con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti.

Né d’altronde risulta che in passato fossero sorti dubbi interpretativi al riguardo: la norma regolamentare è stata infatti introdotta nel 2003 e la questione in oggetto è stata sottoposta al vaglio interpretativo del Consiglio soltanto nel corso dell’anno 2010, quando la sua puntuale applicazione ha dato origine ai noti inconvenienti per la maggioranza.

La detta circostanza trova del resto conferma nel precedente tentativo, posto in essere dalla medesima maggioranza, di procedere ad una modifica del dato testuale del richiamato art. 42, co. 1, nel senso dell’abbassamento del quorum strutturale di cui trattasi da 7 a 6 consiglieri assegnati (cfr. deliberazione C.C. n. 18/2008).

Da quanto in precedenza esposto consegue che il tenore testuale dell’art. 42 non legittimava alcun dubbio interpretativo al riguardo e, pertanto, il procedimento di cui all’art. 2 del medesimo regolamento è stato illegittimamente adottato per giungere al risultato voluto.

D’altronde l’assenza dalle sedute consiliari può costituire un deliberato (anche se non preannunciato) astensionismo dovuto a ragioni di natura politica e di opposizione nei confronti della maggioranza consiliare, tenuto conto che rientra nel diritto del consigliere comunale l’impiego di tutti gli strumenti giuridici offerti dall’ordinamento per opporsi a decisioni non condivise (quali, ad esempio, l’espressione di voto contrario, l’astensione dal voto o l’omessa partecipazione alla seduta al fine di impedire il formarsi del quorum strutturale).

Da quanto precede, considerato che è comprovato in atti che le impugnate deliberazioni sono state adottate alla presenza di n. 6 consiglieri comunali più il sindaco, devono essere ritenuti fondati i dedotti motivi di censura.

Per completezza valgono, inoltre, le considerazioni che seguono.

Con la deliberazione n. 17 del 9.7.2010 il Consiglio comunale ha approvato, in terza seduta, modifiche agli artt. 7, 8 e 9 dello Statuto comunale, alla presenza di n. 6 consiglieri e del sindaco.

In particolare è stato deliberato di aggiungere all’art. 7 un nuovo comma 1 bis che testualmente recita: "Le deliberazioni del Consiglio… si intendono approvate quando abbiano ottenuto il voto favorevole della maggioranza dei votanti…"; è stato, altresì, deliberato di sostituire l’originario comma 3 dell’art. 8 disponendosi che "Il Consiglio comunale… svolge le proprie attribuzioni conformandosi… alle procedure stabilite nel presente Statuto e nel regolamento per il funzionamento del C.C.. Tale regolamento, così come le sue successive modifiche ed integrazioni sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio comunale."; è stato, infine, deliberato di aggiungere all’art. 9 un nuovo comma 1 bis che testualmente recita: " E’ demandata al regolamento del Consiglio comunale la definizione del numero dei Consiglieri necessario per la validità delle sedute; tale quorum in prima convocazione non potrà essere previsto in misura superiore alla maggioranza dei componenti il Consiglio Comunale".

Soprattutto in applicazione della detta ultima norma verrebbe ad essere modificato il quorum strutturale richiesto ai fini della validità delle sedute del Consiglio, in quanto il riferimento ai componenti del consiglio ed alla relativa maggioranza, consente di ritenere che nel computo della detta maggioranza debba essere conteggiato anche il sindaco, con la conseguenza che, per la validità delle sedute consiliari, dalla data di entrata in vigore della richiamata disposizione, sarebbe sufficiente la presenza di n. 6 consiglieri comunali più il sindaco.

Ed infatti, come in precedenza incidentalmente ricordato, deve ritenersi che, ai fini della validità della seduta del Consiglio comunale, il quorum strutturale è quello richiesto dallo statuto e non dal regolamento comunale appunto perché, trattandosi di atti di normazione secondaria, detti regolamenti non possono contraddire alle disposizioni statutarie.

Ne consegue che nel caso in cui si ritenesse legittimamente adottata la detta deliberazione n. 17/2010, dalla data della sua entrata in vigore, l’art. 42, co. 1, del regolamento non potrebbe più trovare applicazione in quanto con la stessa in insanabile contrasto.

Ed infatti, ai sensi della richiamata deliberazione di C.C. n. 17 del 9.7.2010, "a decorrere dall’entrata in vigore delle presenti modifiche statutarie, cesseranno di trovare applicazione tutte le norme regolamentari con esse in contrasto".

L’interrogativo concerne, pertanto, la questione se il sindaco debba o meno essere computato nel quorum strutturale e funzionale del Consiglio comunale ai fini dell’approvazione di modifiche dello Statuto dell’ente.

L’art. 6 del testo unico degli enti locali, rubricato " Statuti comunali e provinciali.", dispone testualmente che:

"… 4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie…."

La normativa ha quindi previsto un "procedimento aggravato" per l’approvazione delle norme statutarie (nonché delle relative modifiche) sia disponendo che, in caso di mancata approvazione da parte dei due terzi dell’assemblea si debba ripetere la votazione entro trenta giorni, sia prescrivendo che lo Statuto sia approvato se ottiene per due volte – in sedute successive – il voto favorevole della maggioranza assoluta dei membri assegnati al collegio (metà più uno).

L’approvazione dello Statuto, pertanto, attesa la natura di atto normativo "fondamentale" sua propria (comma 2, articolo 6), comporta che su di esso converga il più elevato numero di consensi attraverso un’ampia discussione e comparazione degli interessi da parte della maggioranza e dell’opposizione consiliare. Tale particolare esigenza ha determinato, conseguentemente, la previsione di maggioranze speciali disponendo che i quorum, rispettivamente della prime e delle altre votazioni, siano ragguagliati ai due terzi o alla maggioranza assoluta, non dei votanti, ma dei Consiglieri assegnati.

Tuttavia si ricorda che il quorum in parola attiene al numero dei voti favorevoli riportati e non al numero dei consiglieri presenti trattandosi pertanto di quorum "funzionale" e non di quorum "strutturale".

E per il quorum strutturale non possono se non valere le considerazioni di cui in precedenza.

Per le dette considerazioni, pertanto, il ricorso deve essere accolto.

Attesa la complessità delle questioni, si ritiene di dovere compensare tra le parti costituite le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Francesco Riccio, Consigliere

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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