Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-01-2013) 22-03-2013, n. 13529

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’imputato S.N. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in data 11.6.2009 della Corte di Appello di Firenze, con la quale, in parziale riforma di quella del Tribunale di Firenze in data 22.6.2007, è stato condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili unitamente al responsabile civile Ministero della Giustizia, quale colpevole dei reati di cui ai capi B (artt. 479 e 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 9, art. 476 c.p.) e C (artt. 314 e 81 cpv. c.p.) unificati sotto il vincolo della continuazione; nonchè alla pena di anni quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parti civili, quale colpevole dei reati di cui ai capi D (artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., art. 609 septies c.p., comma 4, n. 3), art. 61 c.p., n. 9) ed E (artt. 56, 81 cpv. e 609 bis c.p.) unificati sotto il vincolo della continuazione.

2. La terza sezione di questa Suprema corte, con sentenza del 25 novembre 2010, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo B limitatamente ai fatti commessi fino al (OMISSIS); relativamente al reato di cui al capo C limitatamente ai fatti commessi fino al (OMISSIS); relativamente ai fatti di cui al capo D e relativamente ai fatti di cui al capo E, limitatamente al tentativo di violenza sessuale ai danni di F.A., per essere i detti reati estinti per prescrizione. Ha rigettato nel resto il ricorso e rinviato ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze per la determinazione della pena in ordine ai residui reati.

3. La Corte d’appello, nuovamente decidendo, con sentenza del 5 dicembre 2011, ha rideterminato in tre anni e tre mesi di reclusione la pena per i reati di cui ai capi B e C; ed in un anno e dieci mesi di reclusione per il reato di cui al capo E, limitatamente alla violenza sessuale nei confronti di M.M..

4. Ricorre per cassazione l’imputato censurando, con due motivi, la determinazione della pena.

4.1 Con il primo motivo si lamenta che la suprema Corte ha rilevato che i reati di cui ai capi B e C commessi fino al (OMISSIS) erano prescritti; ed ha disposto il rinvio alla Corte d’appello per la cui determinazione della pena. La Corte territoriale, in sede di rinvio ha rideterminato la pena trascurando, tuttavia, che nelle more era altresì intervenuta la prescrizione anche degli altri reati commessi fino alla fine del (OMISSIS). Poichè la contestazione riguardava reati commessi dall'(OMISSIS), tutti i reati erano prescritti, sicchè la pena non avrebbe dovuto essere rideterminata ma esclusa.

4.2 Con il secondo motivo si espone che, quanto al reato di cui al capo E, il primo giudice aveva determinato la pena in un anno di reclusione, confermata dalla Corte d’appello. La Corte di cassazione ha scisso tale contestazione in due reati, uno tentato in danno di F.A. per il quale ha dichiarato la prescrizione; ed un altro consumato, per il quale ha rinviato alla Corte d’appello quanto alla determinazione della pena. La Corte d’appello, in sede di rinvio ha rideterminato la sanzione in un anno e sei mesi di reclusione, e quindi in misura superiore a quella inflitta dal primo giudice e perciò palesemente illegittima.

4.3 Ha fatto seguito la presentazione di una memoria con la quale si è sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 650 cod. proc. pen. in relazione all’art. 27 Cost..

5. Il primo motivo è infondato. E’invece parzialmente fondato il secondo.

5.1 Quanto al primo motivo, va solo evocata la costante, condivisa giurisprudenza di questa Suprema corte in tema di formazione progressiva del giudicato: in caso d’annullamento parziale della sentenza, qualora sia rimessa al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato rende definitive tali parti della sentenza ed impedisce l’applicazione delle cause estintive del reato sopravvenute alla pronuncia d’annullamento (da ultimo, tra le tante, Cass. 4, 20 novembre 2008, rv. 242494, in conformità all’insegnamento delle Sezioni unite 26/03/1997, Rv. 207640). Se ne deve inferire che correttamente la Corte d’appello ha ritenuto l’irrilevanza del tempo trascorso successivamente all’annullamento con rinvio determinato dalla sola necessità di rideterminare la pena.

La questione di costituzionalità sollevata con riguardo a tale interpretazione della normativa è manifestamente infondata. Invero, non si scorge sotto quale aspetto la presunzione di non colpevolezza sia frustrata, visto che l’annullamento con rinvio fa seguito al definitivo accertamento della responsabilità.

5.2 Quanto al secondo motivo va rammentata la consolidata condivisa giurisprudenza di questa Corte: una volta annullata dalla Corte di cassazione, su ricorso del solo imputato, sentenza di condanna per reato continuato limitatamente alla violazione più grave (nella specie per essere il reato prescritto), il giudice di rinvio non può lasciare inalterata, per il reato residuo, la pena irrogata per esso a titolo dì continuazione nel giudizio antecedente all’annullamento, ma deve rideterminarla secondo i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., commisurandola ai limiti edittali, pena la possibile irrogazione, in caso contrario, di una pena illegale perchè inferiore al minimo edittale (da ultimo Cass. 1, 16 giugno 2009, rv.

244299). La Corte d’appello si è correttamente attenuta a tale giurisprudenza, rideterminando autonomamente la pena per l’unico reato residuo.

Tuttavia, occorre considerare pure che il Tribunale ha tra l’altro affermato la responsabilità dell’imputato in ordine ai reati sessuali di cui ai capi D ed E in danno di quattro donne dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria e, ritenuta la continuazione, lo ha condannato alla pena di quattro anni di reclusione. In particolare, quanto ai reati di cui al capo D la pena base è stata determinata in un anno ed otto mesi di reclusione, aumentata per l’aggravante a due anni, aumentata ulteriormente per la continuazione interna a tre anni di reclusione, aumentata ancora di un anno per i reati di cui al capo E. Tale pena è stata confermata dalla Corte d’appello.

Orbene, la Corte d’appello, in sede di rinvio, ha violato il divieto di reformatio in peius. In precedenza, infatti per la più grave delle violazioni, diversa da quella residua di cui oggi ci si occupa, la pena era stata determinata in un anno ed otto mesi di reclusione.

Non vi era quindi la possibilità di incrementare in appello tale sanzione, irrogandola per di più in relazione ad un illecito di gravità non superiore a quella del reato cui si riferiva la sanzione inflitta dal primo giudice. Va dunque ripristinata nella presente sede di legittimità la pena inflitta dal primo giudice, corrispondente al minimo edittale.

Per il resto il gravame deve essere rigettato. Appare congruo compensare le spese tra le parti, in considerazione dei motivi dell’impugnazione e del tenore della presente pronunzia di legittimità.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per il capo E; pena che quantifica in un anno e mesi otto di reclusione.

Rigetta il ricorso nel resto e compensa integralmente le spese tra le parti del presente giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento si dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2013
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