Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-07-2012, n. 13507

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza dell’8 agosto 2005 il Tribunale di Sassari – sezione distaccata di Alghero, adito da F.P. nei confronti di suo fratello F.F. con domanda di accertamento o in subordine di costituzione coattiva di servitù di passaggio e di veduta, dichiarò sussistenti, per destinazione del padre di famiglia, entrambe le servitù reclamate dall’attrice; condannò il convenuto alla rimozione delle opere che ne ostacolavano l’esercizio e al risarcimento dei danni.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, che con sentenza n. 157/2008 ha respinto le domande relative alla servitù di passaggio e al risarcimento dei danni; ha confermato l’accoglimento di quella attinente alla veduta, disponendo la rimozione delle grate apposte alle finestre da cui essa veniva esercitata. A tali pronunce il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo tra l’altro, per quanto ancora rileva in questa sede: – che la conformazione dei luoghi non giustificava la tesi, fatta propria dal Tribunale, secondo cui la servitù di passaggio era stata costituita mediante la divisione del compendio ereditario lasciato alle parti dai loro genitori; – che mancava infatti nella specie il requisito dell’apparenza; – che dal testamento della madre e da dichiarazioni rese in vita da costei emergeva la sua volontà di tenere fisicamente distinte le porzioni immobiliari rispettivamente destinate ai figli; – che non sussisteva una situazione di interclusione assoluta dei bene lasciato a F.P..

F.P. ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi. F.F. non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso F.P. lamenta che in sede di merito non è stata rilevata la nullità del testamento di sua madre, da cui era derivata "la creazione di due unità abitative prive dei servizi che costituiscono il quid minimum per poter avere una civile abitazione".

La censura va disattesa, poichè attiene a una questione che non ha formato oggetto di decisione con la sentenza impugnata e che la ricorrente non deduce – come era suo onere: cfr., per tutte, Cass. 28 luglio 2008 n. 20518 di aver prospettato nel giudizio a quo, sicchè non può avere ingresso in sede di legittimità, in cui la rilevabilità delle nullità è esclusa ove siano necessari, come nella specie, accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito: v., per tutte, Cass. 15 luglio 2009 n. 16541.

Con il secondo motivo di ricorso F.P. si duole del disconoscimento, da parte del giudice di secondo grado, del carattere apparente della servitù di passaggio oggetto della causa:

disconoscimento a suo dire erroneo e ingiustificato, in quanto "un cortile è in re ipsa cosa visibile".

Neppure questa censura può essere accolta, poichè il cortile è il fondo stesso pretesamente servente, nel quale sarebbe stata necessaria, per poter ravvisare sussistente il requisito dell’apparenza, la presenza di specifiche opere visibili e permanenti, obiettivamente destinare all’esercizio del passaggio: v., tra le più recenti, Cass. 31 maggio 2010 n. 13238. Di tali opere, nel ricorso, non viene fatta menzione alcuna.

Con il terzo motivo di impugnazione F.P. sostiene che la propria domanda subordinata di costituzione coattiva della servitù di passaggio avrebbe dovuto essere accolta, essendo "risultato per tabulas che la proprietà della odierna ricorrente è assolutamente interclusa".

Anche questa censura va disattesa, poichè si esaurisce nell’assiomatica affermazione che si è sopra trascritta, non corredata da contestazioni di sorta in ordine a quanto la Corte d’appello ha ritenuto a proposito dell’accesso diretto dalla strada pubblica di cui è dotata l’unità immobiliare appartenente a F.P..

Con il quarto motivo di ricorso si sostiene l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui è stato disposto che F.F. rimuova le grate apposte da F.P. alle proprie finestre, dalle quali esercitata la servitù di veduta di cui è stata dichiarata titolare.

La doglianza è fondata, in quanto la statuizione di cui si tratta non era stata chiesta dall’appellante, nè del resto risponde a un qualche suo interesse, dato che la collocazione delle grate non comporta un aggravamento, ma anzi semmai una restrizione del peso gravante sul fondo servente.

Rigettati pertanto i primi tre motivi di ricorso e accolto il quarto, la sentenza impugnata viene cassata senza rinvio, in applicazione dell’art. 382 c.p.c., comma 3, seconda ipotesi, limitatamente al capo relativo alla rimozione delle grate.

L’esito definitivo della controversia, che vede le parti reciprocamente soccombenti, induce a mantenere ferma la compensazione delle spese di entrambi i giudizi di merito, già disposta con la sentenza di appello, e ad adottare analoga decisione per quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso; accoglie il quarto;

cassa la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente al capo relativo alla rimozione delle grate dalle finestre; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *