Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13503

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

L’Agenzia delle entrate e il Ministero dell’economia e delle finanze propongono ricorso per cassazione nei confronti di D.L. G.N., esponendo quanto segue:

a. La contribuente aveva presentato nel 1992 dichiarazione integrativa, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49, condonando gli anni d’imposta 1983/1990; nella circostanza aveva esposto l’importo dovuto per il condono (L. 4.500.000), il credito IVA per l’anno 1990 (L. 31.707.000) e il residuo credito rinunciato a fini condonistici (L. 27.207.000).

b. L’Ufficio accertava che, ciononostante, la contribuente aveva portato in detrazione per l’anno d’imposta 1991 il credito per l’anno precedente, al quale avrebbe dovuto rinunciare e, dunque, provvedeva al recupero dell’IVA di cui era stato omesso il versamento per l’indebita detrazione.

c. La cartella, impugnata dall’interessato, era annullata dalla CTP- Lucca, perchè riteneva non provato il riporto nel 1991 del credito del 1990. La sentenza, appellata dall’Agenzia delle entrate con allegazione di copia della dichiarazione IVA attestante il riporto al 1991 del credito per il 1990, era confermata dalla CTR-Toscana in data 7 novembre 2005.

d. Il giudice d’appello motivava la sua decisione affermando che la contribuente aveva "…redatto la sua domanda di condono ed esposto nelle sue denunce le voci come previsto dalla legislazione positiva vigente al momento". Aggiungeva che "i documenti esibiti non hanno alcun valore giuridico ai fini del giudizio: cioè se il contribuente abbia rispettato o meno la legge nel compilare le sue denunce".

Tanto premesso, le parti pubbliche chiedono cassarsi la sentenza d’appello e affidano il ricorso a due mezzi; la contribuente resiste con controricorso e memoria.

Motivi della decisione

01. Preliminarmente, si rileva che, con l’ultima memoria in atti, il difensore della contribuente inutilmente denuncia l’intervenuto decesso della sua assistita nelle more del giudizio di legittimità e "dichiara di rinunciare all’azione promossa". Infatti, il giudizio di cassazione, non trovando applicazione gli artt. 299 e seg. c.p.c., è indifferente alla morte della parte (SU 14385/07) e il suo difensore può continuare successivamente nell’ordinaria attività difensiva (C. 22624/11), che, di per sè stessa, non comprende mai gli atti disposizione totale della lite (C. 1439/02).

02. Pregiudizialmente, e d’ufficio, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’altro soggetto ricorrente e rappresentato dall’avvocatura erariale, il Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali.

L’intervento ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso dell’Avvocatura dello Stato va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimamente impugnante.

Il ricorso per parte ministeriale non incide concretamente sul presente giudizio e, dunque, le relative spese possono essere compensate tra gli interessati.

03. Passando all’esame dei motivi di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione della L. n. 413 del 1991, art. 49, atteso che l’emissione della cartella di pagamento era del tutto legittima, perchè essa riguardava il recupero di IVA non versata a seguito della detrazione d’imposta relativa al credito pregresso. Inoltre, si duole della totale carenza della sentenza d’appello nella parte in cui ritiene priva di valore giuridico la dichiarazione IVA per il 1991, prodotta dall’Agenzia.

04. La controricorrente replica asserendo che chiunque avesse aderito al condono nel periodo marzo/giugno 1992 era nell’impossibilità di operare scelte circa il riporto o meno del credito, in quanto il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno d’imposta 1991 era già spirato.

05. Il ricorso è fondato.

06. Le circostanze di fatto sono pacifiche tra le parti e, in particolare, non è controverso che la contribuente avesse portato in detrazione, nella dichiarazione per l’anno d’imposta 1991, il credito IVA per l’anno 1990.

Sicchè, evidente è la sconnessione logica della sentenza d’appello nella parte in cui afferma, riguardo alla dichiarazione IVA per il 1991, che "i documenti esibiti non hanno alcun valore giuridico ai fini del giudizio".

07. Ciò premesso in fatto, va data continuità in diritto all’orientamento di questa Corte secondo cui, con riferimento alla definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49, comma 2, nel caso in cui il contribuente si sia avvalso, per il versamento dell’importo dovuto in base alla dichiarazione integrativa, della compensazione con un credito d’imposta relativo all’anno 1990, previa rinuncia all’eventuale maggior credito residuo, il computo del medesimo credito in detrazione nella dichiarazione annuale relativa al periodo d’imposta successivo non comporta l’invalidità o l’inefficacia della domanda di condono, ma è quest’ultima a precludere la possibilità di portare in detrazione il medesimo credito, ormai estinto, per i successivi periodi d’imposta, con la conseguente legittimità del recupero del relativo importo (C. 665/07; cfr. C. 18007/06) .

08. Da tutto ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello senza rinvio, stante la manifesta infondatezza del ricorso introduttivo che consente la pronuncia immediata nel merito ex art. 384 c.p.c..

09. Nell’evoluzione della vicenda processuale e della giurisprudenza di legittimità, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese delle fasi di merito, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza della contribuente verso l’Agenzia.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per parte ministeriale e compensa le spese inerenti; accoglie il ricorso quanto all’Agenzia delle entrate, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della parte contribuente che condanna alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 3000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *