Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13502

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 22 marzo 2011, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata:
Con sentenza del 24 ottobre 2005, la CTC ha rigettava il ricorso proposto dal Fisco nei confronti della Soc. XXX.
Era accaduto che l’Ufficio IVA di Avellino aveva emesso un avviso di rettifica per il 1982 nei confronti della contribuente, che aveva erroneamente evidenziato nella dichiarazione un credito di L. 65.607.000 già chiesto a rimborso con la dichiarazione per il 1981, irrogandole le sanzioni, all’epoca previste, dall’art. 43, commi 2 e 3, D.Iva..
La società adiva, con parziale successo, la Commissione di primo grado (1984), che dichiarava non dovuta la sanzione di cui all’art. 43, comma 2 cit.; tale decisione era confermata in secondo grado (1988) e poi in sede centrale.
La CTC motivava l’impugnata decisione, ritenendo che la volontarietà del dato infedele, necessaria per la punibilità dell’illecito amministrativo di cui all’art. 43, comma 2 cit., non ricorreva nel caso, sussistente nella specie, di consapevole detrazione nella dichiarazione annuale di un credito IVA, risultante dalla dichiarazione concernente la precedente annualità, di cui, in occasione di quella dichiarazione, era già stato chiesto il rimborso, data la possibilità di ricostruzione della correttezza aritmetica della posizione del contribuente sulla base della semplice verifica delle poste attive e passive indicate nelle dichiarazioni, con la conseguenza che il comportamento della contribuente si era risolto unicamente in una irregolarità formale.
Con atto consegnato all’ufficiale giudiziario il 6 dicembre 2006 e poi ritualmente notificato, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico mezzo, l’Agenzia delle entrate; la contribuente non si è costituita.
Nell’unico mezzo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 43, comma 2 cit.. Sostiene che l’infrazione contestata si realizza per il solo fatto che, in base ai dati contenuti in dichiarazione, risulti una imposta inferiore a quella dovuta o un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, prescindendo la norma da ulteriori valutazioni di carattere soggettivo, attinenti all’intenzione di frodare il Fisco, o di carattere oggettivo, riguardanti il verificarsi di un danno per l’Erario. Nè, aggiunge la ricorrente, la violazione potrebbe essere considerata meramente formale, trattandosi di comportamento che ha inciso sulla determinazione dell’imposta.
Il mezzo è fondato.
Va data continuità al principio, oramai consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui:
"In tema di violazioni dell’obbligo di dichiarazione annuale IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 43, comma 2 (ora abrogato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16) deve trovare applicazione tutte le volte in cui dalla dichiarazione presentata risulti un’imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore di oltre un decimo a quella spettante, senza che occorra che in concreto la dichiarazione inesatta abbia determinato un’evasione dell’imposta ovvero il conseguimento di un rimborso indebito" (C. 20070/05), cioè "indipendentemente dall’intenzione di frodare il fisco e dalla verificazione di un danno per l’amministrazione" (L. 10768/06 e 214/02).
Atteso che, nella specie, la pretesa inoperatività della sanzione prevista dall’art. 43, comma 2 viene in riguardo unicamente sotto i profili, soggettivo e oggettivo, erroneamente considerati nella sentenza impugnata, questa può essere cassata senza rinvio non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.
La regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza; nel progressivo consolidarsi della giurisprudenza in punto di sanzioni, si ravvisano giusti motivi per la integrale compensazione delle spese dei precedenti gradi.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente, che condanna alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito; compensa le spese dei precedenti gradi.
Così deciso in Roma, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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