T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 19-01-2011, n. 477

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Riferiscono i ricorrenti, tutti dipendenti dell’XXX i quali nel periodo intercorrente dal giugno 1994 al dicembre 1995 hanno effettuato le quasi totalità della loro attività lavorativa lontano dalla sede di lavoro, che per gli spostamenti di servizio hanno sempre utilizzato anche in anni anteriori al 1994 la propria autovettura.
Rappresentano che anteriormente al giugno 1994, il dipendente che si recava in missione ed utilizzava per gli spostamenti la propria autovettura, percepiva regolarmente sia l’indennità chilometrica che l’indennità di missione. Tanto, mediante la compilazione di un apposito modulo rilasciato dal datore di lavoro, completo di tutti i dati relativi alla trasferta (km percorsi, ore di lavoro effettuate, luogo di lavoro raggiunto ecc.) che consegnava poi al suo Ufficio il quale, eseguiti i controlli del caso, liquidava le spettanze al lavoratore.
Evidenziano che dal Giugno del 1994, l’XXX ha interrotto i pagamenti sia della indennità di trasferta che della indennità chilometrica.
Avendo gli interessati con numerose richieste domandato le ragioni dei mancati pagamenti da parte dell’Ente, veniva sollecitato dal Funzionario all’epoca preposto (il Vice Direttore dr. XXX, a cui il Direttore Generale aveva demandato il compito di gestire l’attività dei ricorrenti) il Servizio del Personale ad effettuare il pagamento sia della indennità chilometriche che di missione al personale del ramo tecnicoedilizio obbligato a svolgere la sua attività fuori sede per l’espletamento dell’incarico di curare i lotti di manutenzione di Roma, implicante la necessità di utilizzare il proprio mezzo di trasporto non rendendosi necessaria la preventiva autorizzazione, per ogni volta dell’Ente.
Rilevano che i dipendenti che hanno svolto la suddetta attività utilizzando le modalità descritte, dipendevano funzionalmente dal Vice Direttore Generale, per delega da questi ricevuta dal Direttore Generale il quale in merito alla vicenda si era espresso come sopra riportato.
Assumono pertanto di aver diritto oltre che alla indennità di trasferta anche al rimborso chilometrico poiché tale trattamento è previsto sia dall’art. 29 D.P.R. del 1979 che dall’art. 128 del regolamento organico del personale per i dipendenti che si trovano a svolgere la propria attività lavorativa lontano dalla sede dell’Ente.
Precisano la entità delle loro richieste di natura economica nelle somme dagli stessi indicate per ciascuno dei ricorrenti e per il periodo dal 1° Giugno 1994 al 31 Dicembre 1995, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria e chiedono che l’XXX sia condannata al pagamento in loro favore dei relativi importi.
Il contraddittorio è stato istituito nei confronti dell’XXX il quale si è costituito in giudizio.
Tanto premesso anche per quanto concerne la costituzione del contraddittorio, quanto alla pretesa dei ricorrenti, oggetto della presente controversia,va rilevato quanto segue.
Per gli adempimenti di natura tecnica connessi alla manutenzione del patrimonio immobiliare, i geometri del Ramo professionale Tecnico edilizio dell’XXX debbono spesso svolgere la propria attività all’esterno degli uffici raggiungendo località poste in genere ad una certa distanza.
Il Comitato Esecutivo dello stesso Ente aveva stabilito con delibera n. 258/1992 che fosse consentito l’uso del mezzo proprio ai predetti Consulenti TecnicoEdilizi e anche ai Collaboratori professionali, ogni volta fossero tenuti a recarsi per sopralluoghi, collaudi o direzione di lavori presso i vari fabbricati siti in Roma e dintorni.
Era stato previsto all’uopo dallo stesso Comitato Esecutivo la corresponsione di una indennità chilometrica rapportata alle distanze percorse, con un rimborso pari ad un quinto del costo della benzina super praticato dall’AGIP.
La suddetta delibera prevedeva altresì che l’autorizzazione per l’uso del mezzo proprio dovesse essere rilasciata di volta in volta dal Direttore Generale o dai dirigenti da lui all’uopo delegati, previa verifica dei presupposti di necessità a servirsi del mezzo in questione.
Ciò premesso, quanto ai rilievi svolti nel ricorso dai richiedenti gli importi di cui trattasi non trova fondatezza quello relativo alla risposta dell’allora V. Direttore (cui era stato demandato il compito di gestire la attività dei ricorrenti) riassicurativa della loro spettanza anche senza la autorizzazione volta per volta dell’Ente.
Il Direttore Generale doveva attenersi alle direttive imposte dal Comitato Esecutivo e, pertanto, nel conferire la delega ai funzionari che avrebbero dovuto rilasciare le autorizzazioni all’uso del mezzo proprio, non poteva attribuire poteri diversi e tantomeno maggiori, di quelli previsti dal Comitato stesso.
In conseguenza di quanto sopra, i dipendenti che avessero voluto utilizzare il mezzo proprio avrebbero dovuto presentare al funzionario all’uopo incaricato una preventiva richiesta nella quale fosse specificata la ubicazione dell’immobile e i tempi presunti dello stazionamento fuori sede.
Ciò perché l’uso del mezzo proprio per motivi di servizio, per il quale era stata adottata la delibera del Comitato esecutivo, era consentito, in conformità ad un preciso disposto di legge, solo quale eccezione e per tale ragione doveva essere specificamente giustificata in rapporto alla attività da svolgere.
Le richieste dei ricorrenti non risultano, invece, essere state preventivamente sottoposte all’autorizzazione prevista dalla delibera del Comitato Esecutivo.
Pacifico che nel periodo 199495 i ricorrenti hanno effettuato prestazioni lavorative fuori dalla sede del’Ente senza richiedere la preventiva autorizzazione del Direttore Generale o di altro Dirigente all’uopo incaricato; per quanto concerne il supporto normativo cui far riferimento anche in relazione alle disposizioni dai ricorrenti invocate nel ricorso a sostegno della loro pretesa occorre precisare che la normativa vigente nel periodo in questione (art. 15 della legge 18.12.1973 n. 836 prevedeva che "L’uso del mezzo proprio di trasporto deve essere autorizzato dal Dirigente o da altro capo ufficio avente qualifica non inferiore a quella di primo dirigente o equiparata che, in sede di liquidazione di detta indennità, dovrà convalidare il numero dei chilometri percorso indicati dagli interessati").
Nel periodo preso in considerazione la normativa risultante dal D.P.R. n. 509/1979 che disciplinava le indennità in parola negli enti di diritto pubblico di cui alla legge n.70/1975, era applicata all’XXX sino alla privatizzazione dell’Ente, intervenuta solo con il D.Lg.vo n.509/1994.
Contrariamente alle predette disposizioni, però, le richieste dei ricorrenti non furono mai sottoposte all’autorizzazione prevista dalla citata delibera del Comitato Esecutivo n.258/92 atteso che essi hanno ritenuto, erroneamente, la autorizzazione insita nell’affidamento del’incarico, sulla base di una ritenuta invalsa diversa procedura.
Tale diversa procedura appare in palese contrasto con la normativa vigente e con le disposizioni indicate dal C.E. e non è da ritenersi che in un ente pubblico (ratione temporis, cfr. Cass. Civ., Sez. lavoro, 7.4.2008, n. 8986 e 4.4.2008, n. 8811), la presunta prassi possa sostituirsi alle norme ed ai regolamenti vigenti.
Il ricorso non trova dunque possibilità di accoglimento e va pertanto rigettato.
Quanto alle spese si ravvisano motivi giustificativi della loro compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sez. III bis) rigetta il ricorso indicato il epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2010 ed, in prosecuzione, del giorno 10 giugno 2010 con l’intervento dei Magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino, Consigliere, Estensore
Francesco Brandileone, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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