Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 18-03-2013, n. 12577

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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Casoria, con sentenza del 21 ottobre 2011, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Casoria del 27 ottobre 2009 che aveva condannato F. F. per il delitto di lesioni personali in danno di R. E..

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando:

a) una violazione e falsa applicazione della legge, con particolare riferimento alla mancata proposizione delle questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 157 c.p., comma 2 ritenuto non applicabile ai reati di competenza del Giudice di pace;

b) una motivazione illogica e l’erronea valutazione delle risultanze probatorie in merito all’affermazione della penale responsabilità.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

2. Come già ribadito dal Giudice impugnato, i dubbi di costituzionalità, sollevati dal ricorrente con il primo motivo di ricorso, sono stati risolti dalla Corte Costituzionale (v. Corte Cost. 18 gennaio 2008 n. 2), la quale ha, tra l’altro, rilevato che le pene speciali menzionate nell’art. 157 cod. pen., comma 5 non possono essere identificate con le sanzioni paradetentive applicabili dal Giudice di pace, perchè esse non sono previste dalla legge come sanzioni applicabili in via esclusiva per determinati reati, come invece richiesto dalla testuale dizione dell’art. 157 cod. pen. quinto comma ma costituiscono una opzione che il Giudice può compiere in alternativa alla irrogazione della pena pecuniaria.

Inoltre, deve considerarsi che il D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 58, equipara per ogni effetto giuridico le sanzioni paradetentive alle pene detentive, con la conseguenza che anche ai reati di competenza del Giudice di pace deve applicarsi lo statuto dettato in materia di prescrizione per quelli invece sanzionati con queste ultime.

Da quanto detto risulta che i termini di prescrizione dei reati attribuiti alla competenza del Giudice di pace rimangono, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 251 del 2005, quelli ordinari di quattro anni per le contravvenzioni e di sei anni per i delitti stabiliti dall’art. 157 cod. pen., comma 1 (v. Cass. Sez. 5 28 maggio 2008 n. 37110, Sez. 2 16 ottobre 2009 n. 45543 e la citata Sez. 4 13 gennaio 2011 n. 811).

Nella specie il reato ascritto all’imputato andrà a prescriversi l’11 settembre 2013 (decorrenza 18 marzo 2005 e anni sette e mesi sei di termini di prescrizione ordinari oltre giorni 358 di sospensione).

3. In fatto, questa volta, sì osserva come i motivi di ricorso risultino simili se non identici a quelli presentati in sede di appello e disattesi dal Tribunale napoletano, per cui il ricorso sarebbe già affetto da una genericità ai limiti dell’inammissibilità.

Giova, poi, ribadire in punto di diritto, come in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trovi dinanzi a una "doppia pronuncia conforme" e cioè a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento possa essere rilevato in sede di legittimità, ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (v. Cass. Sez. 4 10 febbraio 2009 n. 20395).

Nel caso di specie, invece, il Giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione della sussistenza di responsabilità.

Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regga al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del fatto o della prova.

Nell’impugnata sentenza le dichiarazioni testimoniali sono state correttamente vagliate e non possono essere rimesse in discussione alla luce di una visione defensionale del tutto soggettiva che non è consentita avanti questa Corte di legittimità.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013
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