Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 13-03-2013, n. 11844

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 15/05/2012 il Tribunale del riesame di Firenze ha revocato la misura della custodia cautelare in carcere già applicata, per reati diversi, a A.N.B.C., Bo.Ta., B.Y., R.W., M. M., e quella degli arresti domiciliari già applicata a T. L.. Il Tribunale ha osservato essenzialmente, pur con precisazioni diverse per ognuno degli indagati, e salva la posizione di A.N., per il quale si è rilevata la dubbia sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la mancanza delle esigenze cautelari in considerazione del lungo tempo trascorso dal momento di commissione dei fatti senza che risulti che gli stessi abbiano successivamente posto in essere altri simili reati.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Livorno denunciando violazione di legge e insufficienza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Quanto a A.N., indagato per detenzione, porto e vendita di arma nonchè ricettazione commessi nel (OMISSIS), il P.M., dopo avere richiamato il passaggio dell’ordinanza cautelare con cui si rilevavano i riscontri esterni alle dichiarazioni de relato accusatorie di Ma.Sa., quanto alle esigenze cautelari censura l’argomentazione del Tribunale circa la mancata commissione di reati della medesima specie, essendo sufficiente, ex art. 274, lett. c), la commissione di altri gravi delitti commessi con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale. Si lamenta inoltre che, in violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 9, il Tribunale non abbia considerato i nuovi atti d’indagine e le memorie depositate nel corso dell’udienza del 14/05/2012 da cui emergeva in particolare la denuncia in data 19/04/2012 per reato di ricettazione e lo stato di coabitazione con soggetto spacciatore. Analogamente sono state ignorate le condanne del 12/12/2007 per uso di atto falso, del 04/03/2008 per falsità materiale e del 29/09/2009 per spaccio di stupefacenti, già poste dal Gip alla base delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p., lett. b) e c).

Quanto a B.Y., indagato per le condotte di acquisti di partite di cocaina avvenuti fino al (OMISSIS) nonchè, successivamente, nell’anno (OMISSIS) sino al (OMISSIS), evidenzia l’errore del Tribunale nel non avere considerato rilevante la condanna in primo grado intervenuta per rapina, furti e ricettazione commessi nei mesi di giugno, (OMISSIS), avendo sul punto omesso la valutazione del materiale offerto in udienza dal P.M..

Quanto a Bo.Ta., indagato per le condotte di acquisiti e rivendita di eroina e cocaina avvenuti fino al (OMISSIS), evidenzia l’errore del Tribunale nel non avere considerato rilevante nel senso dell’attualità delle esigenze la denuncia in data 14/02/2012 da parte della moglie per il reato di sequestro di persona e lesioni gravi nonchè le risultanze, prodotte dal P.M. in udienza, riguardanti un altro episodio di violenza ai danni della nuova convivente. Quanto a M.M., indagato per condotte di acquisto e rivendita di eroina, commesse nel (OMISSIS), censura la ritenuta rilevanza, nel senso della insussistenza di esigenze attuali, del provvedimento di scarcerazione della Corte d’Appello per una condotta di detenzione di gr. 5,3 di eroina tenuta il (OMISSIS), afferendo la stessa, in realtà, ad un episodio avente ad oggetto un quantitativo di stupefacente ben più modesto rispetto a quello oggetto della misura revocata dal Tribunale.

Quanto a R.W., indagato per condotte di acquisto e rivendita di stupefacenti avvenute nel (OMISSIS) nonchè per acquisto di arma comune da sparo e ricettazione avvenuta nel (OMISSIS), dopo avere contestato il giudizio di non rilevanza dato dal Tribunale, quanto all’accusa di acquisto di eroina a fine (OMISSIS), alla frase, pronunciata nel corso di conversazione telefonica, di non avere l’imputato "ancora tagliato l’insalata", rileva come il Gip avesse messo in luce i plurimi contatti telefonici di carattere sospetto tra l’indagato ed il connazionale A.M. nei quali si alludeva allo scambio di stupefacente, da ciò potendosi dedurre la intervenuta dazione di stupefacente da questi all’indagato. Sul punto delle esigenze lamenta come il Tribunale abbia, con riguardo ai fatti del (OMISSIS), trascurato di valutare gli elementi, in particolare le plurime condanne per fatti di stupefacente dal (OMISSIS), emersi dalla memoria depositata in udienza.

Infine, quanto a T.L., indagata per il reato di acquisto ripetuto di cocaina dal (OMISSIS), rileva che il Tribunale ha trascurato di considerare il fatto che dagli atti prodotti all’udienza camerale sarebbe emerso l’inserimento da tempo della stessa nell’ambiente dello spaccio avendo a disposizione stabili canali di approvvigionamento e smercio dello stupefacente, come emergente dalla memoria depositata in udienza.

Motivi della decisione

3. Il P.M. ricorrente si duole fondamentalmente del fatto che il Tribunale abbia ritenute, in difformità dalla valutazione del Gip, assenti le esigenze cautelari per il fatto del passaggio di anni tra il momento di commissione dei fatti ed il momento di adozione della misura senza considerare in maniera adeguata gli indici, viceversa, di una permanenza, in particolare, del pericolo di reiterazione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) desumibile da altri elementi.

Va allora ricordato che l’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c) prevede che l’ordinanza che dispone la misura cautelare debba tenere conto, in punto di valutazione delle esigenze cautelari, anche del "tempo trascorso dalla commissione del reato". Ne consegue che, a fronte di una norma il cui presupposto logico risiede nel fatto che il passaggio di un tempo considerevole dal fatto costituisce di per sè indizio di diminuzione delle esigenze cautelari, il giudice deve individuare in modo particolarmente specifico e dettagliato gli elementi concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa (Sez. 3, n. 4374 del 15/12/1997, Di Giorgi, Rv. 209859) anche evidenziando il perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (Sez. 6, n. 10673 del 15/01/2003, Khiar Mohamed Zenab e altro, Rv. 223967); da ciò la necessità di un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione all’attualità dell’esigenza cautelare, sia in relazione alla scelta della misura (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009, Scollo, Rv. 244417; Sez. 2, n. 21564 del 08/05/2008, Mezzatenta e altro, Rv.

240112). Da ultimo, anche le Sezioni Unite hanno posto in rilievo che la disposizione dettata dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), impone al giudice di motivare circa il profilo temporale menzionato sotto il profilo della valutazione della pregnanza della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempus commissi delicti, dovendosi ritenere che ad una maggiore distanza temporale dei fatti corrisponda un affievolimento delle esigenze cautelari (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377). Deve aggiungersi anche, avendo tale precisazione, come oltre si dirà, una concreta incidenza nella fattispecie in esame, che, quanto più lungo è il decorso temporale tra momento commissivo dei fatti e momento di applicazione della misura, tanto più pregnante, evidentemente, in ragione della particolare intensità della presunzione di affievolimento discendente dal passaggio del tempo, deve essere l’elemento (o gli elementi) individuabile quale indice di persistenza dell’esigenza cautelare; viceversa, ad un decorso temporale più contenuto, con conseguente minore capacità di resistenza della presunzione di affievolimento, non può non corrispondere una valutazione meno selettiva ed idonea, dunque, a ricomprendere financo elementi che, pur tratti dai medesimi fatti per i quali la misura viene posta in essere, siano tuttavia in qualche modo indicativi, per le modalità di commissione degli stessi, di una persistente pericolosità del soggetto.

4. Ciò posto, osserva la Corte che le doglianze del P.M. ricorrente sono parzialmente fondata laddove il provvedimento impugnato appare anzitutto circoscrivere, in contrasto con il chiaro dettato normativo, il pericolo di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c). alla sola commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede, in tal modo illegittimamente obliterando, dalla necessaria ricognizione degli elementi indicativi di una persistenza del pericolo di recidiva, fatti attinenti alla possibile commissione di gravi delitti, anche diversi da quelli oggetto della misura, ma posti in essere con mezzi di violenza personale. Ciò deve dirsi, in particolare, per quanto riguardante le posizioni di B.Y. e di Bo.Ta..

Per il primo, infatti, il Tribunale ha affermato l’indifferenza, rispetto all’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), dell’arresto per fatti di rapina intervenuto nel (OMISSIS), "trattandosi di reato contro il patrimonio del tutto diverso da quello di spaccio" senza considerare, tuttavia, l’astratta riconducibilità anche di reati di tal fatta all’interno del quadro di valutazione di pericolosità delineato dal legislatore con l’art. 274 citato ed in tal modo venendo meno, conseguentemente, alla necessità, discendente dai principi di cui sopra, sub 3., di individuare o meno in tali reati un indice di portata contraria rispetto alla presunzione di assenza di esigenze derivante dalla decorrenza, dai fatti, di un tempo di quattro anni.

Nella medesima violazione di legge appare essere incorso il Tribunale anche con riguardo alla posizione di Bo.Ta., atteso che, anche in tal caso, il Tribunale, sul presupposto di reati del tutto diversi da quello per cui si procede, ha espunto dall’orizzonte valutativo le denunce in stato di libertà intervenute nell’anno (OMISSIS) per sequestro di persona e lesioni personali gravi ai danni della moglie e per altro episodio di violenza ai danni della nuova convivente (quest’ultimo emerso da produzione effettuata all’udienza come consentito dall’art. 309 c.p.p., comma 9); anche in tal caso dunque, il Tribunale non ha proceduto a valutare la idoneità in concreto di tali elementi a superare la presunzione di assenza di esigenze derivante, come nel caso precedente, dal decorso del tempo di quattro anni.

4.1. La censura del P.M. è altresì fondata laddove l’ordinanza impugnata, in contrasto con quanto affermato sopra sub 3, appare avere omesso, in relazione alla posizione di T.L., a fronte di un distacco temporale tra commissione dei fatti e ordinanza applicativa della misura degli arresti domiciliari contenuto in un ambito di circa due anni e mezzo, con conseguente presunzione di assenza di esigenze di intensità e grado sicuramente inferiori rispetto a quella derivante dal decorso di ben più lunghi periodi temporali, di motivare sulla idoneità o meno degli elementi, tratti dalla commissione degli stessi fatti per i quali la misura è stata applicata, a superare detta presunzione. Sul punto, infatti, il Tribunale si è limitato a motivare in ordine alla incensuratezza dell’indagata e alla mancanza di successivi comportamenti illeciti senza dare contezza della idoneità o meno delle modalità di commissione dei fatti per i quali la stessa è indagata a dar luogo all’esigenza cautelare di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) e da cui si trarrebbe infatti, come invocato dal P.M. ricorrente, l’inserimento non occasionale nell’ambiente dello spaccio in grado, infatti, di sfruttare stabili canali di approvvigionamento e di smercio dello stupefacente.

5. Quanto alle restanti posizioni, il ricorso va invece rigettato, avendo il Tribunale, in tali casi, sia pure con motivazione succinta, fatto corretta applicazione dei principi di cui in premessa.

Con riferimento alla posizione di A.N.B.C., indagato per i reati di ricettazione e conseguente detenzione, porto e vendita di pistola, e per il quale appaiono trascorsi ben otto anni dai fatti per i quali è stata emessa la misura, pur a fronte di argomentazioni illogiche quanto alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi per il solo fatto che gli stessi deriverebbero da dichiarazioni testimoniali "de relato", la motivazione da tuttavia correttamente conto, a fronte di una presunzione di affievolimento evidentemente assai intensa (proprio per il lungo numero di anni ormai trascorso), della impossibilità di trarre dalla commissione di altri reati indicazioni di persistenza di esigenze; nè il ricorso del P.M. sul punto, laddove lo stesso, oltre a rammentare plurimi fatti, peraltro tutti antecedenti ai fatti de quibus, invoca in senso contrario la denuncia in stato di libertà per il reato di ricettazione del (OMISSIS) e la coabitazione con soggetto spacciatore, appare riferirsi, a dispetto della impostazione fatta in premessa, a gravi delitti commessi con uso delle armi o di "altri mezzi di violenza personale". Con riguardo poi alla posizione di M.M., indagato per detenzione a fini di spaccio di imprecisati quantitativi di eroina per un periodo di soli quattro giorni, e per il quale appaiono trascorsi tre anni dalla commissione dei fatti, non appare prestarsi a censure, come vorrebbe il P.M. ricorrente, il ragionamento del Tribunale che ha escluso di potere valorizzare nel senso della persistenza delle esigenze l’episodio di spaccio di eroina e metadone per il quale è intervenuto arresto il 04/03/2011; in termini logici, il Tribunale ha infatti ritenuto che l’avvenuta restituzione in libertà di M., ordinata con provvedimento della Corte di Appello del 13/01/2012 per tale fatto, mal si concilierebbe con una valutazione del medesimo, relativamente a fatti ormai non più attuali, in termini indicativi della persistenza del pericolo di cui all’art. 274, lett. c); e del resto, se, come sottolineato dallo stesso P.M. a pag. 15 del ricorso, il fatto "nuovo" avrebbe avuto ad oggetto un quantitativo modesto di stupefacente, non è dato comprendere perchè lo stesso dovrebbe ugualmente rilevare nel senso della invocata permanenza del pericolo di recidiva.

Quanto infine alla posizione di R.W., mentre deve ritenersi inammissibile in questa sede ogni censura volta ad invocare, quanto alla sussistenza dei gravi indizi, una diversa lettura delle frasi pronunciate nel corso di conversazioni telefoniche, pretendendo di attribuire ad esse un diverso significato rispetto a quello motivatamente conferito dal Tribunale (da ultimo, Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Gionta e altri, Rv. 239724), va osservato che il P.M. ha invocato, a conforto della persistenza delle esigenze cautelari pur a distanza di tre anni dai fatti, e riprendendo la memoria prodotta in sede di riesame, sentenze di condanna, anche definitive, sempre per fatti di stupefacenti intervenute, a quanto pare di comprendere, negli anni (OMISSIS); tuttavia, nè detta memoria, nè, oggi, il ricorso hanno specificato, come sarebbe stato necessario, se dette sentenze si riferiscano a fatti commessi anteriormente o successivamente al (OMISSIS) quale data ultima di commissione dei fatti per i quali il Tribunale ha revocato la misura, così restando generica la prospettazione del ricorrente sul punto.

6. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Firenze per nuova motivazione in ordine alle posizioni di B.Y., Bo.Ta. e T.L., dovendo invece essere rigettato quanto alle restanti posizioni.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di B., Bo. e T. e rinvia al Tribunale di Firenze per nuovo esame; rigetta il ricorso del P.M. nel resto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2013

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