Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 12-03-2013, n. 11530 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 06/04/2012 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza di condanna di A.E. R.M.A.A. per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. ad anni sei di reclusione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato personalmente deducendo con unico motivo la mancata assunzione di prova decisiva.

In particolare lamenta che la Corte territoriale abbia rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale consistente nell’assunzione dell’esame della testimone G.A., rintracciata e compiutamente identificata solo dopo la conclusione del giudizio di primo grado (posto che in precedenza l’imputato ne conosceva il solo nome di battesimo) in ordine a quanto da lei visto dopo che l’imputato ebbe ad aprire la porta del negozio in cui, secondo la tesi accusatoria, era stata consumata la violenza e da cui, secondo la persona offesa, lei stessa era uscita in lacrime raccontando il fatto. Lamenta in particolare la violazione dell’art. 603 c.p.p., comma 2, posto che la Corte ha rigettato la richiesta sulla base della motivata completezza del quadro probatorio mentre il parametro cui fare riferimento, in caso di prova sopravvenuta, sarebbe unicamente quello rappresentato dall’art. 495 c.p.p., comma 1.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato. Nella specie la Corte d’Appello, investita della richiesta di esaminare la suddetta testimone, la cui identità si è dedotta essere stata scoperta solo successivamente alla sentenza di primo grado, ha affermato che, "essendo il completo il quadro probatorio", non potevano ritenersi sussistenti i presupposti per una rinnovazione del dibattimento ex art. 603 c.p.p.. Così facendo, tuttavia, da un lato, non ha affrontato preliminarmente la questione se tale prova potesse o meno considerarsi effettivamente sopravvenuta e, dall’altro, laddove si versasse effettivamente in tale situazione, non ha considerato che il parametro utilizzato, ovvero appunto quello della completezza o decisività della prova, non corrisponde a quello indicato dalla legge. Prevede infatti l’art. 603 c.p.p., comma 2, che "se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’art. 495, comma 1". A propria volta detta ultima norma dispone che l’ammissione delle prove è effettuata alla stregua dell’art. 190 c.p.p., comma 1, ovvero con esclusione delle sole prove manifestamente superflue o irrilevanti.

Conseguentemente questa Corte ha reiteratamente affermato che in caso di sopravvenienza o scoperta di nuove prove dopo il giudizio di primo grado, il giudice di appello, in presenza di istanza di parte, è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Sez. 1, n. 39663 del 07/10/2010, Cascarino e altro, Rv. 248437). Infatti, mentre, nell’ipotesi di cui al primo comma del citato art. 603, la rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell’ambito della propria discrezionalità, che i dati probatori già acquisiti siano incerti e che l’incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività, diversamente, nell’ipotesi del secondo comma, il giudice è tenuto a disporre la rinnovazione delle nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, ma con il limite, appunto, costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239341; nel medesimo senso, Sez. 5, n. 552 del 13/03/2003, Attanasi ed altri, Rv.

227022). Nè il chiaro dettato normativo, che rimanda, per tali evenienze, all’art. 495 c.p.p. e, quindi, indirettamente, all’art. 190 c.p.p., comma 1 consente approdi interpretativi diversi, non potendosi, per tale ragione, strettamente ancorata al principio di legalità, condividere quanto isolatamente sostenuto, nel senso della possibile valorizzazione dei diversi parametri di utilità e rilevanza, da Sez. 6, n. 29137 del 05/05/2004, Amoroso ed altri, Rv.

229452.

4. Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata con rinvio affinchè la Corte d’Appello di Milano valuti anzitutto se la prova nella specie richiesta rientri nel concetto di prova sopravvenuta o scoperta, tendo conto, a tal fine, del principio secondo cui la stessa deve all’uopo presentare il carattere della "novità", che sussiste o quando essa sopraggiunga autonomamente, senza alcuno svolgimento di attività, o quando venga reperita dopo l’espletamento di un’opera di ricerca, la quale dia i suoi risultati in un momento posteriore alla decisione (Sez. 3, n. 11034 del 21/10/1993, Bavagnoli, Rv. 195940). Una volta risolto positivamente tale aspetto la stessa Corte dovrà poi valutare se disporre o meno la rinnovazione richiesta in particolare sulla base dei parametri, già indicati sopra, della non manifesta superfluità o irrilevanza della stessa.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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