Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 12-03-2013, n. 11527

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con la sentenza della Corte di Appello di Brescia in data 06/02/2012 qui impugnata, gli imputati O.H. e A. P.P. si sono visti confermare il giudizio di responsabilità pronunciato nei loro confronti dal Gup presso il Tribunale di Bergamo, con riduzione della pena, rispettivamente, ad anni sette ed anni cinque di reclusione.

Gli stessi sono chiamati a rispondere di concorso in violenza sessuale e di lesioni personali (giudicate guaribili in giorni 15) ai danni di una loro connazionale nonchè, il solo O., di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione della medesima persona e di lesioni gravissime in danno della stessa per averle procurato uno sfregio permanente sul volto.

2. Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto distinti ricorsi per cassazione dal contenuto analogo.

Deducono, con un primo motivo, vizio di motivazione avendosi ragione di ritenere che nelle dichiarazioni della persona offesa vi siano contraddizioni tali da dover far dubitare della sua attendibilità.

In particolare, dovrebbe essere ritenuto contraddittorio fondare – come fatto in sentenza – un giudizio di attendibilità su considerazioni di ordine generale (come il non avere la persona offesa negato di conoscere uno degli imputati) ovvero su reazioni emotive della vittima. Si giudica, altresì, illogico considerare riscontro della violenza il fatto che gli esami abbiano evidenziato la presenza di liquido seminale riconducibile al coimputato (che, però, non ha mai negato di avere avuto con la donna rapporti non protetti) e, del resto, anche il certificato ospedaliere attesta solo "sospetta violenza carnale e stato di agitazione".

E’ illogico anche il fatto di credere alle parole della teste Oh.Pa. – quando afferma di avere visto la foto della vittima distesa nuda sul letto della stessa Oh. (foto che sarebbe stata effettuata dallo stesso imputato O. e da questi mostratale con l’affermazione che aveva fatto "una cosa stupida") – considerato che esami tecnici sul cellulare dell’imputato avevano escluso che vi fosse mai stata una foto del genere (ancorchè cancellata). I ricorrenti criticano anche il fatto che la Corte abbia considerato un dettaglio marginale la discrasia esistente tra l’orario di verificazione dei fatti e quello indicato dalla vittima e censurano le considerazioni della Corte sulla durata della violenza e sulle modalità di commissione della violenza (posta in essere "pazientemente").

Con un secondo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatolo riguardante sia la pena base, essendosi la Corte limitata a menzionare la gravità dei fatti e la congruità della pena, sia l’aumento per la continuazione, dato che, pur avendo ritenuto eccessivo l’aumento di pena per la continuazione, la stessa non ha dato conto dei criteri in base ai quali ha proceduto alla relativa diminuzione.

Con un terzo motivo lamentano vizio di motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche avvenuto con il richiamo alla "odiosità" dei fatti, ovvero senza tener conto dell’incerto quadro probatorio e senza effettuare un completa osservazione della personalità dell’imputato.

Con un quarto motivo, infine, il solo O.H. deduce violazione di legge perchè l’interrogatorio di garanzia cui è stato sottoposto verteva solo sui reati di violenza sessuale e lesioni mentre, invece, in sede di emissione del decreto di giudizio immediato, è stata formulata anche l’accusa di cui alla L. n. 75 del 1958.

I ricorrenti concludono invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo è infondato.

Va anzitutto premesso che, come da costante indirizzo di questa Corte, a proposito della valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (tra le tante, Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, Pacca e altro, Rv. 1227493).

Al riguardo, la sentenza impugnata appare avere incentrato la prova della responsabilità degli imputati sulle dichiarazioni della persona offesa I.J. la quale ebbe a narrare che, avvicinata da due connazionali, poi individuati fotograficamente negli imputati, mentre si trovava presso la stazione delle autolinee di (OMISSIS), era stata da questi condotta, sotto la minaccia di un coltello ed un cacciavite, presso un appartamento di un condominio sito nella vicina (OMISSIS) e qui, dopo essere stata percossa (quale ritorsione per avere fornito informazioni ai carabinieri con riguardo ad una lite nella quale era stata coinvolta anche la convivente di O., I.J.), era stata violentata a turno dai due e infine fotografata per sei volte mentre giaceva nuda a letto; tali dichiarazioni sono state dalla Corte ritenute attendibili, essenzialmente, sotto il profilo intrinseco, in ragione delle modalità di esternazione dei fatti (denunciati in via spontanea ed immediata subito dopo avere subito dette violenze) e delle ragioni dei medesimi, da ricondursi appunto a quanto verificatosi nei giorni precedenti, e, sotto il profilo estrinseco, in ragione, fondamentalmente, delle dichiarazioni di Oh.Pa., amica di O. e della sua convivente, che, indifferente alla vicenda, ha confermato di avere messo a disposizione dell’uomo l’appartamento di (OMISSIS), oltre che nella sera tra il (OMISSIS), anche nel pomeriggio dello stesso giorno 28; la stessa ha in particolare narrato che l’imputato, dopo avere avuto già in prestito l’appartamento per dormirvi a seguito di una lite intervenuta con la convivente, aveva nuovamente fatto richiesta delle chiavi il pomeriggio seguente e, successivamente, al momento di restituirle, le aveva confidato di avere fatto una "cosa stupida" e le aveva mostrato le fotografie di I.J. nuda sul letto del suo appartamento. La Corte ha, ancora, valorizzato le risultanze del traffico telefonico del cellulare di O., indicative del fatto che questi, contrariamente a quanto dichiarato, circa la sua presenza in tutt’altra zona, era invece effettivamente presente quel pomeriggio in luoghi compatibili con quelli di verificazione dei fatti.

Ciò posto, tale complessivo percorso, del tutto logico ed esaustivo, non risulta sostanzialmente censurato dal primo motivo dei due ricorsi, che, in luogo di confutare tali determinanti snodi della giustificazione data alla valutazione di attendibilità, si è invece soffermato su circostanze di contorno della motivazione che, anche se eventualmente suscettibili di una valutazione critica in termini di logicità (si pensi, in effetti, alla indicazione di una violenza posta in essere "pazientemente" o il non avere la persona offesa negato di conoscere l’ O. quale elemento di riscontro), non sono in grado di disarticolare il fondamento dell’affermazione di responsabilità ricavata da argomenti decisivi. Del resto, la tenuta logica e argomentativa della decisione impugnata deve essere correlata al complessivo costrutto del percorso motivazionale sicchè eventuali omesse risposte o risposte, financo, manifestamente illogiche su censure investenti singoli aspetti della decisione impugnata in tanto possono assumere rilievo in quanto incidano in maniera determinante e decisiva sull’assetto motivazionale della pronuncia. Correlativamente, la denuncia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività), non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto. Al contrario, è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).

4. Anche il secondo motivo è, quanto al censurato trattamento sanzionatorio, infondato: premesso che l’esercizio del potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena è sottratto al controllo di legittimità, se congruamente motivato, la Corte territoriale, espressamente chiamata a valutare il mancato contenimento della pena nei minimi edittali, ha motivatamente e logicamente fatto riferimento alla accertata commissione di fatti odiosi rivelatori di personalità allarmanti, violente e pericolose, mentre, con riguardo alla censurata insufficienza del temperamento operato sull’aumento ex art. 81 c.p., i ricorrenti si sono arrestati a doglianze generiche, non indicanti, infatti, le ragioni per cui il contenimento non sarebbe sufficientemente congrue.

5. Anche con riguardo al terzo motivo i ricorrenti non risultano aver posto in evidenza elementi favorevoli di sorta; va ricordato, sul punto, che le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (da ultimo, Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900).

6. Il quarto motivo proposto da O.H. è inammissibile, essendo stato prospettato per la prima volta nella presente sede, dopo che l’imputato è stato giudicato col rito abbreviato, senza che la violazione della norma (segnatamente l’art. 453 c.p.p.) che richiede il previo interrogatorio dell’imputato come presupposto per la richiesta del giudizio immediato dia luogo ad una nullità assoluta bensì, come più volte precisato da questa Corte, ad una nullità a regime intermedio, non più rilevabile o deducibile dopo la sentenza di primo grado (Sez. 6, n. 25968 del 15/04/2010, Fibbi, Rv. 247817; Sez. 2, n. 40231 del 28/09/2005, Amoroso e altro, Rv.

232768).

7. I ricorsi devono pertanto essere rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2013

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