Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 11-03-2013, n. 11424 Misure cautelari Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 18/05/2012 il Tribunale del riesame di Firenze ha revocato la misura degli arresti domiciliari già applicata, per reati diversi, a F.F. e L.P.V. per i reati di acquisto e rivendita di stupefacente commessi dal (OMISSIS). Il Tribunale ha considerato essenzialmente la mancanza delle esigenze cautelari in relazione al tempo di due anni e mezzo trascorso dal momento di commissione dei fatti senza che risulti che gli stessi abbiano successivamente posto in essere altri simili reati, aggiungendo l’irrilevanza, in particolare per la L.P., della commissione di reato di furto in data (OMISSIS), concernendo lo stesso materia del tutto diversa.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Livorno denunciando violazione di legge e insufficienza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Lamenta, ricordando che secondo la giurisprudenza di questa Corte le esigenze possono permanere anche a distanza di tempo quando l’indagato persista nel mantenere atteggiamenti sintomatici di proclività al delitto e collegamenti con l’ambiente di maturazione del reato, che F. è stato colpito da numerose condanne per detenzione illecita e porto d’armi mentre la L.P. si è dedicata in maniera stabile e abituale a condotte delittuose in materia di stupefacenti; si duole inoltre della totale omessa considerazione delle memorie depositate dal P.M. da cui emergeva la condanna della L.P. nel 2001 per detenzione e spaccio di stupefacenti, e l’arresto intervenuto nel 2005 e 2007 sempre per detenzione e spaccio di stupefacenti ed emergeva inoltre la condanna di F. nel 1991 per omicidio colposo e nel 2006 per furto in abitazione, rapina, ricettazione, porto d’armi e falsità materiale in certificati.

Motivi della decisione

3. Il P.M. ricorrente si duole fondamentalmente del fatto che il Tribunale abbia ritenute, in difformità dalla valutazione del Gip, assenti le esigenze cautelari per il fatto del passaggio di anni tra il momento di commissione dei fatti ed il momento di adozione della misura senza considerare in maniera adeguata gli indici, viceversa, di una permanenza, in particolare, del pericolo di reiterazione di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c) desumibile da altri elementi.

Va allora ricordato che l’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), prevede che l’ordinanza che dispone la misura cautelare debba tenere conto, in punto di valutazione delle esigenze cautelari, anche del "tempo trascorso dalla commissione del reato". Ne consegue che, a fronte di una norma il cui presupposto logico risiede nel fatto che il passaggio di un tempo considerevole dal fatto costituisce di per sè indizio di diminuzione delle esigenze cautelari, il giudice deve individuare in modo particolarmente specifico e dettagliato gli elementi concludenti atti a cogliere l’attualità e la concretezza del pericolo di reiterazione criminosa (Sez. 3, n. 4374 del 15/12/1997, Di Giorgi, Rv. 209859) anche evidenziando il perdurante collegamento dell’imputato con l’ambiente in cui il delitto è maturato e, quindi, la sua concreta proclività a delinquere (Sez.6, n. 10673 del 15/01/2003, Khiar Mohamed Zenab e altro, Rv. 223967); da ciò la necessità di un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione all’attualità dell’esigenza cautelare, sia in relazione alla scelta della misura (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009, Scollo, Rv. 244417; Sez. 2, n. 21564 del 08/05/2008, Mezzatenta e altro, Rv. 240112). Da ultimo, anche le Sezioni Unite hanno posto in rilievo che la disposizione dettata dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), impone al giudice di motivare circa il profilo temporale menzionato sotto il profilo della valutazione della pregnanza della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempus commissi delicti, dovendosi ritenere che ad una maggiore distanza temporale dei fatti corrisponda un affievolimento delle esigenze cautelari (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377). Deve aggiungersi anche che, quanto più lungo è il decorso temporale tra momento commissivo dei fatti e momento di applicazione della misura, tanto più pregnante, evidentemente, in ragione della particolare intensità della presunzione di affievolimento discendente dal passaggio del tempo, deve essere l’elemento (o gli elementi) individuabile quale indice di persistenza dell’esigenza cautelare; viceversa, ad un decorso temporale più contenuto, con conseguente minore capacità di resistenza della presunzione di affievolimento, non può non corrispondere una valutazione meno selettiva ed idonea, dunque, a ricomprendere financo elementi che, pur tratti dai medesimi fatti per i quali la misura viene posta in essere, siano tuttavia in qualche modo indicativi, per le modalità di commissione degli stessi, di una persistente pericolosità del soggetto.

4. Ciò posto, osserva la Corte che il ricorso va rigettato, avendo il Tribunale, sia pure con motivazione succinta, fatto corretta applicazione dei principi di cui sopra.

Con riferimento infatti ad entrambe le posizioni in oggetto, il P.M. non appare invocare condotte successive o contestuali a quella per cui si procede, e dalle quali si potrebbe, sulla base delle caratteristiche e modalità di commissione, valutare l’idoneità a far ritenere persistenti le esigenze nonostante il decorso del tempo dai fatti, ma unicamente condotte, talora anche assai risalenti (come l’omicidio colposo invocato a carico di F.), tenute anteriormente ad essi. Appare pertanto esente da censure la motivazione con cui il Tribunale ha escluso la successiva commissione da parte di entrambi gli indagati di altri reati o altri elementi da cui possa farsi ragionevolmente discendere la persistenza delle esigenze cautelari.

5. Il ricorso va pertanto rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del P.M. Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2013

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