Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13481

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La commissione tributaria provinciale di Roma respinse un ricorso della s.n.c. I.I.R. & C. contro un avviso di accertamento col quale il comune di Roma, stante l’omessa denuncia di occupazione abusiva di un’area pubblica, aveva recuperato la Tosap relativa all’anno 1995, con relativi interessi e sanzioni.
Su appello della società, la commissione tributaria regionale del Lazio riformò la decisione osservando che il comune non aveva adempiuto all’onere della prova in ordine ai fatti costitutivi della pretesa. Era stata difatti prodotta unicamente una nota della polizia municipale evidenziante che la società, titolare di concessione per mq. 71,92, aveva effettuato una maggiore occupazione di mq. 30; e tuttavia dal documento non era stato possibile stabilire in quali giorni erano avvenuti gli accertamenti, se ne fosse stato redatto un processo verbale in contraddittorio con l’autore del presunto abuso, in qual modo era stato individuato il periodo dell’occupazione abusiva e attraverso quali indagine era stata determinata l’effettiva consistenza dell’occupazione stessa rispetto al suolo oggetto di regolare concessione. Nè, aggiunse la commissione regionale, il comune aveva avvertito l’esigenza di dar conto delle ragioni per le quali l’avviso di accertamento era stato correlato a una superficie di 144 mq. rispetto ai 30 mq. di occupazione in effetti accertata.
Per la cassazione di questa sentenza il comune di Roma ha proposto ricorso affidato a un motivo.
L’intimata ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso denunzia l’insufficiente motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo, in relazione (così in rubrica) "all’interpretazione dell’art. 2697 c.c. in materia di onere della prova e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 circa i poteri istruttori attribuiti alla CTR".
Lamenta che il giudice d’appello abbia valutato, ai fini del riconoscimento dell’occupazione del suolo pubblico, il contenuto del solo fascicolo di esso comune, e non anche il materiale probatorio depositato dalla società contribuente; materiale dal quale, invece, gli interrogativi formulati nell’anzidetta motivazione avrebbero potuto ricevere risposta. E, ancora, che la commissione regionale non abbia comunque esercitato i poteri istruttori riconosciuti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c., cui la controversia è soggetta in considerazione della data di pubblicazione della sentenza d’appello (6.7.2006).
Invero non risulta redatta, a conclusione della complessa esposizione, una appropriata sintesi rappresentativa (in relazione al dedotto vizio motivazionale) del c.d. quesito di fatto, contenente cioè la chiara enunciazione del fatto controverso, rispetto al quale la motivazione andrebbe ritenuta carente, e le connesse ragioni di decisività rispetto alla decisione finale.
L’inammissibilità del motivo determina il rigetto del ricorso.
Spese processuali alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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