Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13477

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il comune di Roma ha chiesto, sulla base di due motivi, la cassazione della sentenza con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio aveva respinto l’appello contro la decisione della commissione provinciale di Roma, dichiarativa, su ricorso dell’Anffas, della non debenza della Tosap in ordine all’occupazione di un’area sita all’interno della villa Doria Pamphili.
L’intimata si è costituita con controricorso.
La causa, già chiamata in anteriori pubbliche udienze, è stata rinviata a nuovo ruolo, una prima volta per la necessità di acquisire il non inviato fascicolo relativo al giudizio di merito, e una seconda volta per consentire alle parti, come da loro congiunta richiesta, di definire bonariamente la controversia.
E’ stata infine nuovamente fissata per l’odierna udienza.

Motivi della decisione

1. – Nei due motivi di ricorso, il comune solleva censure: (a) di violazione e falsa applicazione degli artt. 821, 822 e 826 c.c., in relazione alla L. n. 1089 del 1939 e al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38 e 192 del Tufl; (b) di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; (c) di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5).
Nel complesso, la tesi esposta – sulla quale risultano parametrate anche le doglianze di omessa pronuncia – è che la commissione regionale, affermando che nella specie non vi era mai stato, da parte della collettività, il godimento diretto della porzione di terreno occupata dall’Anffas (da epoca anteriore all’acquisto della proprietà in capo al comune), ha trascurato di considerare che il complesso di villa Pamphili appartiene ex lege al demanio comunale in base al combinato disposto delle previsioni codicistiche sopra citate e ai provvedimenti di esproprio e di acquisizione pubblica del comprensorio, senza necessità, quindi, di alcun successivo atto di destinazione concreta all’uso pubblico. Donde, attesa la natura giuridica predetta (demaniale) del complesso unitariamente considerato, ricorreva senz’altro il presupposto applicativo della Tosap, così come stabilito dal D.Lgs. n. 507 del 1993. La commissione regionale avrebbe in tal senso completamente trascurato di valutare la copiosa documentazione all’uopo prodotta in giudizio, ai fini dell’apprezzamento della ripetuta natura demaniale del bene.
2. – E’ stata peraltro eccepita l’inammissibilità del ricorso per la giuridica inesistenza della notificazione, questa essendo stata eseguita presso lo studio di un difensore inizialmente nominato, per il giudizio di primo grado, e poi definitivamente sostituito in corso del grado medesimo con atto ritualmente comunicato alla controparte.
L’eccezione pregiudiziale è fondata.
3. – Dagli atti del giudizio di merito, ai quali il collegio ha accesso in quanto giudice della fattispecie processuale, risulta che l’Anffas aveva proposto l’impugnazione, avverso l’avviso di accertamento, a mezzo del difensore tecnico avv. R.L..
Attesa la rinuncia di questi al mandato difensivo, risulta ancora che, all’udienza del 20.5.2002, dinanzi alla commissione provinciale di Roma, si era costituito, per l’Anffas, con memoria e mandato in calce, in sostituzione del precedente difensore, l’avv. R.M., presso il cui studio (in Roma, via Fabio Massimo n. 107) la contribuente aveva eletto domicilio per il giudizio.
Tanto la sentenza di primo grado, quanto la sentenza d’appello, d’altronde, recano nell’intestazione il riferimento alla parte difesa dal predetto avv. R.M. con studio all’indirizzo sopra citato.
Il ricorso per cassazione, per converso, è stato notificato all’Anffas "nel domicilio eletto presso lo studio degli avv.ti Liccardo e Landolfi associati in Roma, via Plinio n. 44"; vale a dire presso lo studio associato del difensore sostituito dinanzi alla commissione provinciale.
4. – Ora, nel processo tributario rileva la speciale disciplina dell’assistenza tecnica di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 12 in ragione della quale non occorre che la parte sia anche rappresentata in giudizio dal difensore.
Ma nulla vieta, naturalmente, che, come avvenuto nella fattispecie, al professionista avvocato, abilitato alla difesa tecnica, sia conferito non soltanto l’incarico di semplice assistenza ma anche un vero e proprio mandato di rappresentanza.
E nulla vieta che presso lo studio del detto difensore venga eletto domicilio per il giudizio.
In tal caso, vuoi per il conferimento della procura, vuoi per il contenuto, le forme e gli effetti, devesi far riferimento alla disciplina generale contenuta nell’art. 83 c.p.c. e segg..
5. – Secondo la prevalente giurisprudenza della Corte, che qui si condivide, la notifica della impugnazione eseguita presso il procuratore che sia stato revocato dal mandato e sostituito (ovvero che al mandato abbia rinunciato) deve considerarsi inesistente – e come tale insuscettibile di sanatoria, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione – una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale di tale sostituzione,- in tal caso, infatti, la notifica effettuata al precedente difensore si compie presso persona e in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell’atto, giacchè una volta intervenuta la sostituzione del difensore – revocato o rinunciante – si interrompe ogni rapporto tra la parte e il procuratore cessato (Cass. n. 3338/2009; n. 3964/2008).
Una simile conclusione è posta in dubbio da un altro orientamento.
Questo, senza peraltro contestare che, nel sistema del processo, continui ad avere cittadinanza la categoria dell’inesistenza giuridica della notificazione negli esatti termini di cui infra, reputa semplicemente nulla (e non inesistente) la notifica dell’impugnazione effettuata presso il procuratore domiciliatario costituito nella prima fase del giudizio di primo grado, anzichè presso il nuovo che lo abbia, sostituito in corso di causa (Cass. n. 6470/2011; n. 17555/2006; ma contra, per quel che sembra, Cass. n. 24506/2011).
E tuttavia codesta conclusione è incoerente rispetto alla confermata nozione dell’inesistenza come categoria giuridica ulteriore e distinta dalla nullità della notificazione, traente dignità dalla costante massima secondo cui la notificazione è inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea; mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario. (per tutte, Cass. n. 621 del 2007).
Il collegamento invero rileva, ai fini specifici, con riguardo alla situazione di fatto ravvisabile al momento della notificazione.
6. – Puntuale applicazione di tale principio generale, allora, è che la notifica della impugnazione eseguita presso il procuratore che sia stato revocato dal mandato e sostituito deve considerarsi inesistente – e come tale insuscettibile di sanatoria, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione – in quanto effettuata presso persona e in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell’atto, giacchè, una volta intervenuta la sostituzione del difensore revocato, si interrompe ogni rapporto tra la parte e il procuratore cessato, non essendovi (più) la prorogatici che si accompagna alla revoca senza la nomina di un nuovo difensore.
Le vicende della procura alle liti sono in questo senso dall’art. 85 c.p.c. disciplinate in guisa diversa dalla disciplina della procura al compimento di atti di diritto sostanziale.
Nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata. Invece nè la revoca, nè la rinuncia privano – di per sè – il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti.
La giustificazione di tale diversa disciplina consegue giustappunto al fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, sebbene quelli che la legge associa alla designazione, in funzione dell’esercizio del ius postulandi.
E, in base all’art. 85 c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti non è (la revoca o) la rinuncia in sè, quanto piuttosto il fatto che alla (revoca o alla) rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (cfr. Cass. n. 10643/1997). L’essere stato pertanto, un determinato soggetto, il difensore della parte nel giudizio, fino al momento in cui è stato sostituto da altro difensore, ritualmente costituito per conto della parte stessa, non può integrare un perdurante momento di collegamento con la parte medesima (come si vorrebbe da parte dell’orientamento sopra citato), per l’ovvia ragione che l’originario difensore ha cessato – per volontà del rappresentato – di essere soggetto titolare di un qualunque rapporto; sicchè quando riceve la notificazione non ha più alcun collegamento con la parte originariamente rappresentata. Il collegamento è infatti, venuto a cessare nelle forme di legge, per essere subentrato a lui altro difensore.
Non può dirsi in particolare che un collegamento sia ravvisabile a motivo di una qualche ragione deontologica che gli imponga di segnalare alla parte l’eventuale ricezione di un atto del processo.
Allorchè la cessazione del ministero è avvenuta ed è stata seguita dalla assunzione del ministero da parte di altro difensore, una tale ragione appare insussistente in conseguenza dell’essere del tutto ingiustificata l’iniziativa dell’altra parte di notificare l’impugnazione presso di lui, una volta che nel giudizio essa abbia avuto contezza legale del subentro del nuovo difensore.
E in ogni caso non varrebbe a integrare una ragionevole certezza di collegamento con la parte sostanziale, trattandosi di evenienza affidata all’insondabile personale scrupolo del difensore sostituito.
7. – Insomma, l’inesistenza della notifica consegue al fatto che la revoca del mandato al precedente difensore, a seguito dalla nomina di altro professionista, interrompe ogni rapporto tra la parte e il procuratore cessato, il quale non è più gravato da alcun obbligo con riferimento al pregresso rapporto, non essendovi la proroga che si accompagna alla semplice revoca del mandato senza la nomina di nuovo difensore.
Poichè il meccanismo della sanatoria per raggiungimento dello scopo (a seguito della costituzione in giudizio) non rileva in caso di inesistenza della notificazione, non essendo applicabile l’art. 291 c.p.c., comma 1, fuori dalle diverse ipotesi di nullità, non resta, in simili casi, che prendere atto della inammissibilità dell’impugnazione.
Spese processuali alla soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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