Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13476

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 11/36/08, depositata il 19.3.2008, la CTR del Lazio, in accoglimento dell’appello proposto dalla Publiemme Pubblicità S.r.l. nei confronti del Comune di Roma, ha annullato gli avvisi d’accertamento relativi alla TOSAP per l’anno 1998, considerando che:

1) non sussisteva la violazione del divieto di domande ed eccezioni nuove in appello, essendo le contestazioni della Società già state formulate nella memoria illustrativa di primo grado ed avendo il termine di sessanta giorni di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 natura ordinatoria; 2) la concomitante presenza sullo stesso impianto della TOSAP e dell’imposta di pubblicità configurava un’ipotesi di duplicazione d’imposta che andava composta con l’applicazione di quella sulla pubblicità, avente carattere speciale; 3) peraltro, era applicabile l’esenzione dall’imposta di cui alla Delib. CC di Roma n. 86 del 1999, relativa a tutti gli operatori, a prescindere se in regola o meno con i canoni concessori.

Il Comune di Roma ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, in base a cinque motivi, cui ha resistito la Società con controricorso.
Motivi della decisione

1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, che contiene più motivi, anche involgenti la violazione di legge (e non solo vizi di motivazione asseritamente sconfinanti col merito), dotati di quesiti idonei (ad ogni modo, l’eventuale inadeguatezza del quesito si ripercuoterebbe sul relativo motivo e non sul contenuto dell’intero ricorso).

1.1. La mancata censura del punto con cui la CTR ha ritenuto illegittimo l’utilizzo, effettuato dai primi giudici, di una relazione del Comune, quale materiale probatorio, non comporta il passaggio in giudicato della sentenza d’appello, che ha accolto il ricorso della contribuente e ritenuto la tassa non dovuta perchè già soggetta ad imposta sulla pubblicità e, comunque, per effetto dell’esonero ex Delib. CC n. 86 del 1999, rationes decidendi che sono state entrambe impugnate dal ricorrente.

2. Col primo motivo, il Comune denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 32 deducendo che la CTR aveva errato nel ritenere ammissibile la modificazione della causa petendi da parte della contribuente, che, solo in sede di memoria, aveva negato il carattere abusivo delle installazioni pubblicitarie, allegando la sussistenza di un titolo concessorio, ed eccepito l’intervenuto pagamento versando in atti documentazione inconferente rispetto all’oggetto del contendere. Nè si ravvisavano i presupposti per l’integrazione dei motivi, non essendo stati depositati documenti nuovi.

3. Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 507 del 1993, art. 1, art. 9, comma 7, e art. 38 il ricorrente afferma che, nel ritenere la tassa non dovuta, perchè già sottoposta ad imposta sulla pubblicità, la CTR ha violato il disposto del citato art. 9, comma 7 che espressamente esclude l’alternatività tra la tassa per l’occupazione del suolo pubblico e l’imposta sulla pubblicità, quando, come nella specie, le collocazioni siano state effettuate su beni appartenenti al Comune.

4. Col terzo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui alla Delib. CC n. 86 del 1999, della L. n. 127 del 1997, art. 17 e della L. n. 448 del 1998, art. 31 per avere la CTR ritenuto disposto l’esonero dalla TOSAP, a decorrere dal 1994, data di entrata in vigore della COSAP, in favore di tutti gli operatori, a prescindere dall’esistenza di un titolo concessorio.

5. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta il vizio di motivazione in cui è incorsa la CTR nel ritenere la Delib. CC n. 86 del 1999 estesa anche agli operatori privi di provvedimento concessorio.

6. Col quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 546 del 1992, artt. 18, comma 2, artt. 19 e 24 nonchè degli artt. 99 e 113 c.p.c., evidenziando che il carattere di alternatività tra le due imposte riconosciuto dalla CTR non era mai stato eccepito dalla contribuente, sicchè la questione non poteva esser rilevata d’ufficio dal giudice.

7. Il primo motivo è fondato. Questa Corte ha più volte affermato (da ultimo, Cass. n. 19337 del 2011) che, nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma della impugnazione dell’atto tributario per vizi formali o sostanziali, l’indagine sulla fondatezza della pretesa avanzata dall’Ufficio con l’atto impugnato va individuata con riferimento ai motivi di contestazione che il contribuente deve dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado. L’oggetto del giudizio, quale sopra identificato, può esser modificato in base alla legge processuale, solo, mediante la presentazione di motivi aggiunti, consentita, però, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24, nel solo caso di "deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione" e non in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 erroneamente richiamato dalla CTR, in quanto tale norma si riferisce alla costituzione in giudizio del resistente, le cui contestazioni (salve le preclusioni in ipotesi di costituzione tardiva) non incidono sull’individuazione dell’oggetto della domanda giudiziale, come sopra precisato, o dei suoi elementi costitutivi.

8. Il quinto ed il secondo motivo, che vanno esaminati congiuntamente, attenendo al potere del giudice di rilevare il carattere di alternatività tra la TOSAP e l’imposta sulla pubblicità ed alla correttezza della relativa valutazione, sono, rispettivamente, inammissibile ed fondato.

8.1. Il quinto motivo difetta, infatti, di autosufficienza, non avendo il ricorrente trascritto, come avrebbe dovuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il contenuto delle difese avversarie (e la sentenza riferisce di una doglianza della contribuente, che chiede di essere esentata dall’imposta per essere i beni già assoggettati ad altri pesi, id est al canone di concessione o all’indennità di occupazione).

8.2. Il secondo motivo è, invece, fondato. A norma del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 9, comma 7, in caso di pubblicità effettuata su impianti installati su beni appartenenti o dati in godimento al comune, "l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità non esclude quella della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche nonchè il pagamento di canoni di locazione o di concessione…". Il chiaro tenore letterale della disposizione in esame induce il Collegio a discostarsi dalla precedente giurisprudenza (Cass. n. 1306 del 2007 e n. 17614 del 2004), che ha escluso la sottoposizione alla TOSAP per gli impianti pubblicitari soggetti a imposta di pubblicità, senza, però, dar conto del citato, ineludibile, dato testuale. Nè la contemporanea soggezione ai due tributi integra un’ipotesi di vietata doppia imposizione, in quanto l’imposta comunale sulla pubblicità ha oggetto diverso dalla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, come emerge dal confronto fra il D.Lgs n. 507 del 1993, art. 5 e art. 38 del che, rispettivamente, individuano il presupposto impositivo nel "mezzo pubblicitario disponibile" (cfr. funditus Cass. n. 6446 del 2004, ed inoltre, cfr. Cass. n. 109 del 2005; n. 21049 del 2007; 4783 del 2011) e nella "occupazione" id est nella sottrazione dell’area o dello spazio pubblico al sistema della viabilità e, quindi, all’uso generalizzato (cfr. Cass. n. 3872 del 2010), di tal che l’alternatività tra le due imposizioni non è, a ben vedere, ravvisabile.

9. Il terzo motivo è fondato.

9.1. Premesso che, in conseguenza delle considerazioni svolte al punto 7, la vicenda in esame attiene ad impianti privi di titolo concessorio, va rilevato che questa Corte ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 27000 del 2007; n. 18145 del 2009) che la L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 63, nel prevedere che "il consiglio comunale può determinare le agevolazioni, sino alla completa esenzione del pagamento della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, per le superfici e gli spazi gravati da canoni concessori non ricognitori", dispone non solo che i Comuni non possono ridurre la tassa o disporre l’esenzione dalla tassa per quei contribuenti che occupino spazi pubblici gravati da canoni ricognitori, ma, anche, che l’agevolazione può essere attribuita solo per aree gravate da canone concessorio, con la conseguenza che gli operatori, che hanno installato impianti pubblicitari su aree pubbliche senza alcun titolo, non sono destinatati nè della norma agevolativa, nè, per l’effetto, dei provvedimenti che siano stati adottati dai Comuni per la sua attuazione.

10. Il quarto motivo resta assorbito.

11. I motivi primo, secondo e terzo vanno, in conclusione, accolti, e la sentenza va, in conseguenza, cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può esser decisa nel merito, col rigetto del ricorso introduttivo.

12. La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione della natura della lite e tenuto conto del mutamento giurisprudenziale, per compensare, interamente, tra le parti, le spese del giudizio.
P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi primo secondo e terzo, inammissibile il quinto, assorbito il quarto, cassa e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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