T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, Sent., 19-01-2011, n. 116 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente, trascorso il biennio di tirocinio forense, è stato ammesso dalla Corte d’Appello di Messina a sostenere l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato.

In data 1618 dicembre 2008 ha sostenuto le prove scritte, redigendo il parere di diritto civile, quello di diritto penale ed un atto giudiziario.

Ai sensi dell’art. 2 della L. n. 180/2003, la Corte d’appello di Messina era abbinata alla Corte d’Appello di Campobasso, che ha quindi provveduto alla correzione anche degli elaborati scritti del ricorrente, attribuendo il voto di 25 al parere di diritto civile, di 30 al parere di diritto penale, e di 30 all’atto giudiziario.

Esaurite le operazioni di correzione da parte della Commissione, le buste, i relativi verbali attestanti le operazioni di correzione e i giudizi espressi sono stati "trasferiti", così come disposto dall’art. 3 L. n. 180/2003, dalla Corte d’Appello di Campobasso alla Corte d’Appello di Messina.

Avendo ottenuto una votazione complessiva (85) inferiore a quella minima richiesta (90), il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali.

Con atto notificato il 28.09.2009, depositato il successivo 01.10, il ricorrente ha impugnato i verbali che hanno determinato la sua non ammissione alle prove orali.

Con ordinanza n. 1519 del 04.11.2009 questa Sezione ha rigettato l’istanza cautelare, "considerato che tutti i motivi di gravame posti a fondamento del ricorso si appalesano, ad un primo esame, infondati, in particolare quello con cui si deduce il vizio di carenza di motivazione, atteso che l’attribuzione del punteggio, insufficiente per l’ammissione alle prove orali, si fonda su una motivazione congrua, sebbene molto succinta".

Alla pubblica udienza del 13.01.2011 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorrente fa valere i seguenti vizi.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art 3 L. n. 241/90 per difetto di motivazione, perché la valutazione negativa della prova di diritto civile (l’unica valutata negativamente) è stata formulata dalla Commissione esaminatrice a mezzo di un punteggio numerico (25/30), accompagnato dalla specificazione, che il ricorrente ritiene insufficiente, "elaborato carente nell’esposizione, nelle argomentazioni logicogiuridiche nonché nelle conclusioni non corrette".

Sull’elaborato non è poi rilevabile nessun segno di correzione o di altra natura.

In sostanza, secondo il ricorrente tale motivazione sarebbe talmente vaga e generica da concretizzare "una pseudo motivazione, dalla quale l’interessato non è in grado di comprendere quali siano le ragioni reali dell’assunta determinazione sfavorevole".

Il Collegio ritiene però che tale motivazione, pur nella sua stringatezza, vada ritenuta sufficiente, in particolare laddove ritiene l’elaborato "carente nell’esposizione", lasciando intendere che il riferimento sia, in termini generali, agli istituti trattati, nonché, con una espressione certamente non generica, in relazione alle "conclusioni non corrette".

A tale proposito, il ricorrente afferma che "il giudizio di merito sull’elaborato del ricorrente è intrinsecamente sbagliato", perché le sue conclusioni sarebbero invece conformi all’orientamento giurisprudenziale prevalente sull’argomento.

Ma tale censura va ritenuta inammissibile, in quanto mira a sostituire la valutazione del ricorrente a quella effettuata dall’Amministrazione: laddove, invece, com’è noto, i giudizi espressi dalle Commissioni esaminatrici hanno carattere tecnicodiscrezionale e devono ritenersi insindacabili in sede di legittimità, salvi i limiti propri della manifesta contraddittorietà, illogicità o irrazionalità (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 25 novembre 2009 n. 5846).

Circostanza che, nel caso in esame, il Collegio non ritiene sussista.

2) Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente fa valere il difetto di motivazione sotto altro profilo, ma questa volta con riferimento alle altre due prove, alle quali, sebbene valutandole positivamente, la Commissione esaminatrice ha assegnato solo punteggi numerici, "senza che fossero esplicitati in alcun modo i motivi sui quali si fondano le valutazioni stesse, ossia l’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi".

Per il ricorrente, l’interesse all’accoglimento di tale censura consisterebbe nel fatto che "si ha ragione di ritenere che gli elaborati del ricorrente siano meritevoli di una valutazione più lusinghiera di quella attribuita immotivatamente dalla Commissione: in questo caso, infatti, riportando una votazione superiore (ad esempio, 33/50), il ricorrente sarebbe stato ammesso a sostenere la prova orale (33 + 33 + 25 = 91/150), compensando (un’eventuale) giudizio di insufficienza".

Ma anche tale censura va ritenuta inammissibile, in quanto tendente anch’essa a sindacare valutazioni di merito, rimesse alla commissione.

3) Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, il ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della l. n. 241/90, ed eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria ed illogicità manifesta.

Per il ricorrente, "l’impossibilità di comprendere le ragioni dell’esclusione appare ancora più frustrante ove si consideri che l’elaborato ritenuto insufficiente ha riportato una valutazione in realtà prossima alla sufficienza (30/50), tanto da indurre la Commissione molisana ad esprimere un giudizio complessivamente negativo per soli cinque punti (85/150 anziché 90/150)".

In altri termini, l’irrisorietà della differenza tra il punteggio attribuito al ricorrente e quello che sarebbe stato sufficiente per l’ammissione alla prova orale avrebbe dovuto indurre la commissione a procedere ad una nuova valutazione degli elaborati, al fine di verificare la correttezza del giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice.

Ma anche tali osservazioni, con le quali il ricorrente tenta di far apparire i criteri utilizzati dalla commissione "eccessivamente rigidi", sono inammissibili per le medesime ragioni già esposte.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 1.500,00, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Rosalia Messina, Presidente

Dauno Trebastoni, Primo Referendario, Estensore

Giuseppa Leggio, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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