T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 19-01-2011, n. 12

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La costituenda A.T.I. ricorrente ha impugnato il provvedimento, di cui alla determina n. 217 in data 11 giugno 2010, di affidamento definitivo in concessione alla P.P. S.a.s. della gestione della piscina comunale e delle attività connesse per il periodo dal 10 giugno 2010 al 31 dicembre 2015.

Premette che la concessione ha ad oggetto l’affidamento della piscina comunale, con sede in Nocera Umbra, via Brunamonti, e delle attività connesse, quali sauna, bagno turco e somministrazione di alimenti e bevande.

Espone che, con riferimento ai requisiti di partecipazione, l’avviso pubblico, come pure il capitolato speciale d’oneri prevedevano, a pena di esclusione, il possesso dei requisiti prescritti dalla l.r. Umbria n. 10 del 1990 con riguardo all’esercizio artigianale per garantire lo svolgimento dell’attività inerente la gestione del centro benessere; inoltre l’art. 2 del capitolato vietava al concessionario di cedere a terzi le attività previste e la subconcessione in genere.

Rappresenta che alla gara hanno partecipato tre imprese, e che è risultata prima graduata, e dunque provvisoria aggiudicataria della gestione, nella seduta del 28 maggio 2010, la controinteressata P.P. S.a.s.

Quest’ultima ha dichiarato, nella propria domanda, tra l’altro, di essere in possesso di tutti i requisiti previsti dalla l.r. n. 10 del 1990 relativamente all’esercizio artigianale per garantire lo svolgimento dell’attività del centro benessere.

A seguito dell’aggiudicazione provvisoria, a comprova di quanto autocertificato, la controinteressata ha prodotto una "dichiarazione di avveramento della condizione sospensiva di un contratto di associazione in partecipazione" con la sig.ra E.G., asseritamente risalente al 24 maggio 2010, e sospensivamente condizionato all’aggiudicazione della gara.

L’A.T.I. aggiunge ancora di avere diffidato, in data 10 giugno 2010, l’Amministrazione a provvedere all’esclusione della ditta P.P., e ad aggiudicarle il servizio, essendo risultata seconda graduata.

Deduce a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dei principi in materia di contratti pubblici; violazione dell’art. 15 del capitolato d’oneri; violazione degli artt. 2 e 30 del d.lgs. n. 163 del 2006; violazione del principio di trasparenza e di parità di trattamento.

La domanda di ammissione alla gara è stata presentata dalla P.P. S.a.s., la quale ha dichiarato, ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti dal capitolato d’oneri, ed in particolare di quelli di cui alla l.r. n. 10 del 1990 relativamente all’esercizio artigianale per garantire lo svolgimento dell’attività del centro benessere, requisito prescritto a pena d’esclusione dalla gara dall’art. 15 del capitolato d’oneri.

Solo in sede di verifica la controinteressata ha precisato che il requisito di cui alla l.r. n. 10 del 1990 è posseduto dalla sig.ra E.G., con la quale in data 24 maggio 2010 ha stipulato un contratto di associazione in partecipazione sottoposto alla condizione sospensiva dell’aggiudicazione della gara.

Ciò significa che la società controinteressata, come qualificatasi in sede di gara, non possedeva i requisiti di partecipazione, e doveva pertanto essere esclusa, tanto più in assenza di una dichiarazione di avvalimento ai sensi dell’art. 49 del codice dei contratti pubblici.

2) Violazione dell’art. 37, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006; violazione del principio di parità di trattamento.

La norma indicata in rubrica vieta espressamente l’associazione in partecipazione; pertanto, ove la domanda di partecipazione possa imputarsi ad un’associazione in partecipazione, doveva essere esclusa.

Inoltre dagli atti di gara non risulta la data certa della stipula del contratto di associazione in partecipazione, e dunque non vi è la prova che detta costituzione in associazione sia avvenuta prima della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Nocera Umbra e la P.P. S.a.s. chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza del 12 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. – Con il primo mezzo viene dedotta l’illegittima ammissione alla gara della società controinteressata, in quanto asseritamente priva, contrariamente a quanto dichiarato in data 26 maggio 2010, dei requisiti di partecipazione, prescritti a pena di esclusione dalla lex specialis (ed in particolare dall’art. 15 del capitolato d’oneri), di cui alla l.r. Umbria 4 aprile 1990, n. 10 "relativamente all’esercizio artigianale per garantire lo svolgimento dell’attività inerente la gestione del centro benessere". Ciò risulterebbe, in particolare, confermato dal fatto, emerso in sede di verifica, che il requisito per l’attività di estetista è posseduto dalla sig.ra Gasparri, con la quale la società P.P. ha stipulato, in data 24 maggio 2010, un contratto di associazione in partecipazione, sottoposto alla condizione sospensiva dell’aggiudicazione della gara; in particolare, con atto dell’1 giugno 2010 è stato dichiarato l’avveramento della condizione sospensiva del contratto di associazione in partecipazione.

La censura non appare meritevole di positiva valutazione, e deve dunque essere disattesa.

Occorre anzitutto precisare che non è ravvisabile una duplicazione soggettiva tra la P.P. S.a.s., partecipante al procedimento di gara, e la sig.ra Gasparri, che determinerebbe, in capo alla prima, la mancanza del possesso dei requisiti, previsti dalla lex specialis a pena di esclusione, di cui alla l.r. n. 10 del 1990.

Ed invero, come evidenziato in giurisprudenza, l’associazione in partecipazione si caratterizza per il carattere sinallagmatico fra l’attribuzione da parte di un contraente (associante) di una quota degli utili, derivanti dalla gestione di una sua impresa o di un suo affare all’altro (associato) e l’apporto, da quest’ultimo conferito, che può essere di qualsiasi natura, purchè strumentale per l’esercizio di quell’impresa o per lo svolgimento di quell’affare (art. 2549 del c.c.); l’associazione non determina pertanto la formazione di un soggetto nuovo, o la costituzione di un patrimonio autonomo, né la comunione dell’affare o dell’impresa, che restano di esclusiva pertinenza dell’associante; è dunque solo l’associante che fa propri gli utili, salvo, nei rapporti interni, il suo obbligo di liquidare all’associato la sua quota di utili ed a restituirgli l’apporto (così Cass., Sez. III, 17 maggio 2001, n. 6757).

Lo schema causale dell’associazione in partecipazione è dunque del tutto diverso da quello societario, proprio perché l’apporto dell’associato non confluisce con i beni dell’associante a formare un fondo comune, ma è acquisito al patrimonio dell’associante.

Al contempo, non è ravvisabile l’esercizio in comune di un’attività economica, come dimostra la circostanza che, ai sensi dell’art. 2551 del c.c., i terzi acquistano diritti ed assumono obbligazioni soltanto verso l’associante, al quale spetta la gestione dell’impresa o dell’affare (art. 2552, comma 1, del c.c.).

Il carattere di scambio, e non già associativo, del contratto di associazione in partecipazione si riflette, sul piano fiscale, nel fatto che gli utili prodotti ed accertati sotto tale forma vanno interamente ed esclusivamente imputati all’associante, non essendo applicabili i principi di imputazione del reddito propri delle società di persone (Cass., Sez. trib., 18 giugno 2008, n. 16445).

Occorre aggiungere che, per quanto emerge dalla "dichiarazione di avveramento della condizione sospensiva del contratto di associazione in partecipazione", detto contratto risulta stipulato, in forma condizionata, il 24 maggio 2010, e dunque antecedentemente alla data di presentazione dell’offerta, risalente al 26 maggio 2010 (costituente anche la data di scadenza ai sensi dell’avviso pubblico).

Deve dunque ritenersi che la P.P. abbia legittimamente partecipato alla procedura di valutazione comparativa concorrenziale, essendo in possesso dei requisiti prescritti dalla lexspecialis della gara, mediante l’apporto dell’associata E.G. per quanto concerne lo svolgimento dell’attività inerente la gestione del Centro Benessere, e dunque con riferimento ai requisiti previsti dalla l.r. n. 10 del 1990.

Giova precisare al riguardo che, ai sensi dell’art. 1360 del c.c., opera la regola generale della retroattività della condizione, con la conseguenza che l’associazione in partecipazione era efficace al momento della partecipazione alla gara, sebbene la dichiarazione di avveramento risalga, come detto, al 1 giugno 2010.

2. – Con il secondo motivo viene poi dedotta la violazione dell’art. 37, comma 9, del codice dei contratti pubblici, nonché del principio di par condicio tra i concorrenti.

Anche tale censura, articolata in due differenti profili, non appare meritevole di positiva valutazione.

Sotto il primo aspetto, è agevole osservare come la previsione dell’art. 37 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che, nel disciplinare i raggruppamenti temporanei ed i consorzi, al comma nove vieta l’associazione in partecipazione nei contratti pubblici, è inapplicabile alla fattispecie in esame, concernente inequivocabilmente una concessione di servizio pubblico (quale è quello della gestione della piscina comunale e delle attività connesse).

La giurisprudenza è costante nel ritenere che l’affidamento in concessione del servizio di gestione della piscina comunale costituisce servizio pubblico locale (Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2007, n. 6276), nel senso di servizio riservato in via esclusiva all’Amministrazione per la produzione di beni e servizi con rilievo anche sotto il profilo della promozione sociale, e della salute pubblica, trattandosi di attività oggettivamente funzionale a consentire a qualunque interessato lo svolgimento di attività sportiva (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 12 novembre 2009, n. 5021).

E’ noto come, ai sensi dell’art. 30 dello stesso corpus normativo, in conformità della disciplina comunitaria, "salvo quanto disposto nel presente articolo, le disposizioni del codice non si applicano alle concessioni di servizi".

Né si può invocare un’applicazione analogica dell’art. 37, comma 9, del codice dei contratti pubblici, in quanto, così opinando, l’intera disciplina verrebbe ad essere estesa alle concessioni di servizi (Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2010, n. 4510).

Del resto, l’avviso pubblico si limita a recepire l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, concernente i requisiti di ordine generale, che nulla ha a che vedere, dal punto di vista funzionale (e salve, ovviamente, le esigenze di raccordo per quanto concerne la disciplina delle cause di esclusione), con le modalità di "partecipazione associata" cui fa riferimento l’art. 37.

2.1. – Il secondo profilo di doglianza attiene all’inesistenza della prova certa della stipula del contratto, sia pure sospensivamente condizionato, di associazione in partecipazione anteriormente alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, con conseguente violazione del principio di parità di trattamento tra i concorrenti, applicabile anche alla scelta del concessionario, secondo la chiara formulazione dell’art. 30, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Pur trattandosi del profilo più problematico, ritiene il Collegio che anche tale doglianza debba essere disattesa per l’assorbente ragione che l’associazione in partecipazione è un contratto consensuale, a prestazioni corrispettive, non formale, che cioè non richiede la forma scritta (così Cass., Sez. lav., 20 settembre 2010, n. 19833), salvo che nell’ipotesi (non ricorrente nella vicenda in esame, in cui la concessione ha durata quinquennale) dell’art. 1350 n. 9 del c.c. (ove, cioè, sia conferito il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato).

Ne consegue che, una volta escluso che operi per le concessioni di servizi il divieto dell’associazione in partecipazione, non può poi prescindersi dall’applicare la relativa disciplina civilistica, tanto più in assenza di una diversa e specifica prescrizione della lex specialis, la quale, anzi, all’art. 15 del capitolato speciale d’oneri, ammette, per la "documentazione amministrativa" da presentare, il ricorso alle dichiarazioni sostitutive, mediante espresso richiamo del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

3. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente

Carlo Luigi Cardoni, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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