Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-01-2013) 04-03-2013, n. 10128 Provvedimento abnorme

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Nel corso di un procedimento penale a carico di tale F. W., il giudice del tribunale di Gorizia, con ordinanza emessa all’udienza del 1 marzo 2012, dispose la restituzione degli atti al PM per accertamenti sulla identità dell’imputato, dal momento che questi era indicato col prenome di W. nel decreto di citazione ed invece col prenome di W. nel casellario giudiziario.

Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gorizia propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge ed abnormità del provvedimento impugnato, che ha prodotto una indebita regressione del procedimento.

Il provvedimento impugnato è sicuramente affetto da evidente violazione di legge, perchè l’identificazione dell’imputato può avvenire anche in dibattimento o in una successiva fase di correzione dei dati anagrafici (art. 66 c.p.p.), essendo sufficiente, ai fini della procedibilità dell’azione penale, la conoscenza della identità fisica della persona dell’imputato.

Tuttavia – conformemente alle osservazioni svolte dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta – deve osservarsi che, secondo la più recente giurisprudenza, "Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento – rilevata l’invalidità della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis c.p.p., in realtà ritualmente eseguita – dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la trasmissione degli atti al P.M., trattandosi di provvedimento che, lungi dall’essere avulso dal sistema, costituisce espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento e che non determina la stasi del procedimento, potendo il P.M. disporre la rinnovazione della notificazione del predetto avviso" (Sez. Un., 26.3.2009, n. 25957, Toni, m. 243590).

Nella motivazione, questa decisione ha affermato, tra l’altro, che "L’abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. Solo in siffatta ipotesi il pubblico ministero può ricorrere per cassazione lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo;

negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice. In tal senso si è innovativamente determinato il vigente codice di rito in cui, a proposito dei casi analoghi di conflitto (art. 28 c.p.p., comma 2), si è affermato, nella Relazione al progetto preliminare del Codice (pag. 16): Si è volutamente evitato qualsiasi riferimento a casi di contrasto tra pubblico ministero e giudice, proprio per sottolineare che eventuali casi di contrasto non sono riconducibili alla categoria dei conflitti, e ciò anche in considerazione della qualità di parte – sia pure pubblica – che il pubblico ministero ha nel contesto del nuovo sistema processuale. Non è invece caratterizzante dell’abnormità la regressione del procedimento, nel senso di "ritorno" dalla fase del dibattimento a quella delle indagini preliminari. L’esercizio legittimo dei poteri del giudice può comportare siffatta regressione. Se si consente al pubblico ministero di invocare il sindacato della Cassazione in ogni caso in cui essa è stata disposta dal giudice, si rende possibile tale sindacato avverso tutti i provvedimenti di siffatto tipo, eludendosi così il principio di tassatività delle impugnazioni. Deve, quindi, ribadirsi che se l’atto del giudice è espressione di un potere riconosciutogli dall’ordinamento, si è in presenza di un regresso consentito, anche se i presupposti che ne legittimano l’emanazione siano stati ritenuti sussistenti in modo errato. Non importa che il potere sia stato male esercitato, giacchè in tal caso esso sfocia in atto illegittimo, ma non in un atto abnorme. Nel caso in esame, non sussiste alcun impedimento per il P.M. per la rinnovazione della notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini agli indagati".

Nel caso in esame certamente non sussiste una situazione così estrema come quella individuata dalle Sezioni Unite, giacchè il provvedimento censurato di abnormità non impedisce la prosecuzione legittima del procedimento, sì da sostanzialmente troncarlo e da impedire la sua legittima definizione.

In conclusione, il provvedimento impugnato è sicuramente illegittimo, ma non può considerarsi anche abnorme, sicchè lo stesso non è direttamente ricorribile per cassazione.

Il ricorso del pubblico ministero va pertanto dichiarato inammissibile.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso del PM. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte Suprema di Cassazione, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2013

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