Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13469

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.r.l. ADP (in liquidazione) presentò ricorso avverso 26 avvisi di accertamento con i quali, nel dicembre 2001, il comune di Roma aveva richiesto il pagamento dell’imposta sulla pubblicità per l’anno 2000. Premettendo di avere aderito alla procedura di riordino degli impianti pubblicitari, in base alla Delib. Consiglio Comunale n. 254 del 1995, la contribuente denunciò carenze formali degli avvisi medesimi, nel profilo della motivazione, ed erronee determinazioni degli importi reclamati.

L’adita commissione tributaria provinciale di Roma respinse il ricorso.

La decisione, gravata da appello della contribuente, venne riformata dalla commissione tributaria regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 56/36/2008, ritenne la nullità degli avvisi in quanto carenti di motivazione, non essendo enunciati in modo chiaro la causale del pagamento richiesto e i termini oggettivi di riferimento necessari a far comprendere l’iter logico posto alla base dei calcoli effettuati. Ritenne in ogni caso non dovuta la sanzione applicata agli impianti privi di autorizzazione, a suo dire dovendo rilevare, ai sensi della richiamata Delib. Consiliare n. 254 del 1995, art. 13, l’autodenuncia degli impianti stessi, fatta in sede di procedura di riordino.

Il comune di Roma ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’intimata ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione

1. – Devesi preliminarmente disattendere l’eccezione di inammissibilità sollevata nel controricorso.

L’eccezione si basa sulla considerazione che nella procura speciale del comune risulta menzionata, quale specifico oggetto del mandato difensivo, la sentenza "n. 57/36/08" anzichè quella – che qui rileva – n. 56/36/2008. Ma è infondata giacchè il ricorso, a margine del quale risulta apposta la procura, enuncia chiaramente l’oggetto dell’impugnazione: "per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale di Roma – sez. 36 – n. 56/36/08 del 05/05/2008, depositata in data 20/6/2008 (..)". Donde la diversità del riferimento, che appare nel corpo della procura stessa, è da attribuire a semplice errore materiale.

2. – Con i due mezzi, il comune rispettivamente denunzia:

(a) violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10 per avere la commissione trascurato di considerare che gli avvisi – aventi natura tipicamente vincolata nel profilo attinente al computo dell’imposta – contenevano gli elementi identificativi dei verbali di accertamento delle violazioni, ritualmente e debitamente notificati, e gli elementi essenziali previsti dal citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10;

(b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 23, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e della Delib. Consiglio Comunale di Roma n. 254 del 1995, art. 13 atteso che gli impianti pubblicitari in questione non erano risultati oggetto di autodenuncia in sede di riordino.

3. – Il primo motivo è fondato.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10 disciplina il contenuto minimo dell’avviso di accertamento in materia di imposta sulla pubblicità, richiedendo che questo abbia a indicare il soggetto passivo, le caratteristiche e l’ubicazione del mezzo pubblicitario, l’importo dell’imposta accertata, delle sopratasse dovute e degli interessi, nonchè il termine (di sessanta giorni) entro cui effettuare il pagamento.

L’affermazione dell’impugnata sentenza, che, a riguardo dei ritenuti profili, sorregge la valutazione di inidoneità della motivazione dell’avviso, contiene un vistoso errore di diritto, dal momento che, contrariamente a quanto sostenuto, l’atto in questione non necessitava di alcun ulteriore riferimento con riguardo al tipo di calcolo all’uopo effettuabile, essendo il computo dell’imposta direttamente discendente dai criteri di legge in rapporto alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto.

Nè dalla sentenza risulta che tali caratteristiche erano state omesse negli atti impositivi.

Quanto alla "causale del pagamento", l’ulteriore affermazione che compare nel corpo della motivazione della sentenza, di mancata enunciazione "in modo chiaro" di detta causale, è in verità smentita dalla preliminare affermazione (nell’incipit) secondo la quale gli avvisi si riferivano "all’imposta sulla pubblicità per l’anno 2000".

Poichè rientra nel compito precipuo della Corte stabilire, nel contesto del sindacato in iure, se l’avviso di accertamento avente un determinato contenuto corrisponda o meno al modello legale di riferimento, in quanto la correlata valutazione implica una questione giuridica in ordine alla previa individuazione del modello stesso, devesi concludere che, nella suddetta prospettiva, non si giustifica l’affermata nullità degli avvisi per carenza del requisito contenutistico essenziale della motivazione.

4. – L’accoglimento del primo motivo è da ritenere assorbente.

Invero quanto nella sentenza ulteriormente affermato a presidio della illegittimità della sanzione appare ultroneo in relazione alla ritenuta nullità degli atti per motivi formali; donde non assurge ad autonoma ratio decidendi.

L’impugnata sentenza va conseguentemente cassata con rinvio alla medesima commissione regionale del Lazio, diversa sezione, per nuovo esame dell’appello. Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 30 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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