Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13468

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato al COMUNE di ROMA, D.P.S., in forza di due motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 33/33/06 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (depositata il 31 marzo 2006) che aveva accolto l’appello del Comune avverso la decisione (136/54/04) della Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale aveva recepito il ricorso con cui egli aveva impugnato l’"avviso di accertamento relativo al pagamento della TOSAP del 1998".

Il Comune di Roma instava per il rigetto del gravame.
Motivi della decisione

p. 1. La sentenza impugnata.

La Commissione Tributaria Regionale – esposto avere il Comune chiesto, "per l’annualità 1998", "il pagamento di Euro 26.289,91 a titolo di TOSAP, sanzioni ed interessi per la maggiore area (mq. 13) occupata rispetto a quella autorizzata per posteggio relativo all’esercizio commerciale n. (OMISSIS) nel concentramento (OMISSIS)" e il giudice di primo grado "accolto il ricorso" del contribuente "ritenendo l’avviso impugnato carente di motivazione" – ha recepito l’appello del Comune osservando:

– "non si ravvisa la carenza di motivazione dell’atto impositivo" atteso che "nell’avviso … risultano sia i dati ricavabili dal rapporto di Polizia Municipale che la misura unitaria della tassa applicata, delle sovrattasse e degli interessi, l’ubicazione, la categoria stradale nonchè il periodo per il pagamento come stabilisce il D.Lgs. n. 507 del 1994, art. 51 ed il totale dovuto, ricavabile da un semplice calcolo aritmetico, secondo le modalità previste dalla Delib. C.C. n. 220, art. 15 che dispone per le abitazioni recte: occupazioni abusive una maggiorazione della tariffa ordinaria relativa alle occupazioni temporanee, del 20%";

– "l’avviso di accertamento pur essendo motivato in parte "per relationem" al verbale della P.M., tuttavia contiene tutti gli elementi necessari a che il contribuente sia messo in grado di conoscere la pretesa del Comune e di approntare una valida difesa";

"il Comune … ha messo il contribuente nella condizione di poter visionare il verbale redatto dalla P.M., rendendolo disponibile";

– "la motivazione dell’avviso è … in perfetta sintonia con ciò che stabiliscono le singole disposizioni di legge";

– "il contribuente aveva l’onere di richiedere, per eventuali ulteriori chiarimenti, nel caso ce ne fosse stato bisogno, copia degli atti presupposti espressamente richiamati nell’avviso di accertamento".

p. 2. Il ricorso del contribuente.

Questi censura la decisione per due motivi: (2) "omessa ed insufficiente motivazione" ("art. 360 c.p.c., n. 5") adducendo che la Commissione Tributaria Regionale "non ha affatto esaminato i motivi contenuti nella memoria" di esso "contribuente" con i quali aveva denunziato l’"illegittimità dell’avviso per":

(a) "inosservanza della Circolare n. 79 del 1977 in materia di tassazione, secondo i criteri più favorevoli per le occupazioni senza titolo già conosciute dagli organi dell’ente";

(b) "violazione D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, comma 2" ("che esclude dalla TOSAP balconi, verande, bow-windows e simili infissi") in quanto le "pensiline in questione (di circa mq. 13), coprendo una limitata parte di suolo pubblico, rientrano alla stregua di infissi similari, nell’esclusione sancita dalla norma";

(c) "mancata applicazione del criterio restrittivo … indicato nella predetta circolare n. 19 del 1995, che alla lett. b) stabilisce, anche per le tende permanenti (come lo stesso regolamento comunale), il criterio di tassazione più favorevole previsto per le tende a carattere temporaneo nelle quali rientrano le pensile in questione" "criterio previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 45, comma 3", che sancisce la misura non superiore al 30% della tariffa ordinaria");

(d) "mancata applicazione dell’art. 44, comma 2, del predetto testo legislativo che per le occupazioni permanenti con tende fisse retrattili aggettanti direttamente sul suolo pubblico (come nel caso …) egualmente prevede una riduzione del 30% della tariffa ordinaria";

(2) "omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione" ("art. 360 c.p.c., n. 5") "con riguardo alle motivazioni di accoglimento della sentenza di primo grado" sul "comportamento dell’amministrazione comunale precedente e contestuale all’emanazione del provvedimento" ("le relative vicende … riferite negli atti processuali … qui devono intendersi integralmente richiamate"), affermando che "nessuna argomentazione è stata offerta dal giudice di appello per smentire le argomentazioni … ritenute … meritevoli di accoglimento in prima istanza".

p. 3. Le ragioni della decisione.

Il ricorso va respinto.

A. Entrambe le doglianza – nella prima delle quali il ricorrente deduce che il giudice di appello (1) "non ha affatto esaminato i motivi contenuti nella memoria" di esso "contribuente" con i quali aveva denunziato l’"illegittimità dell’avviso" e (2) "ha omesso completamente di pronunciarsi sui predetti punti fondamentali") e nella seconda afferma che "la sentenza non appare affatto motivata anche" sul "punto" "esistenza di un provvedimento di natura concessoria (occupazione di una certa superficie) ignorato dal contribuente" "decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5" -, invero, risultano inammissibili perchè i vizi denunziati con le stesse non sono in alcun modo sussumibili, come operato invece in ricorso, nella fattispecie prevista dal n. 5, art. 360 c.p.c. ("omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio"), ovverosia nella denunziata "omessa ed insufficiente motivazione" ("art. 360 c.p.c., n. 5"), perchè integrano propriamente un vizio di nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c. essendo contestata ("non ha affatto esaminato i motivi"; "ha omesso completamente di pronunciarsi sui predetti punti fondamentali"; "la sentenza non appare affatto motivata") la violazione, da parte di detto giudice, dell’obbligo (imposto allo stesso dall’art. 112 c.p.c.) di decidere su "tutta la domanda" sottoposta al suo esame ("e non oltre i limiti di essa").

La censura di "omessapronuncia", infatti (Cass., 3, 9 giugno 2011 n. 12716, che richiama "Cass. 17/10/2003, n. 15555; Cass. 14/07/2003, n. 11007; Cass. 18/06/2003, n. 9707; Cass. n. 10558/2002; Cass. n. 9159/2002; Cass. n. 317/2002"), "integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., e quindi una violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (nullità della sentenza e del procedimento) e non come violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ed a maggior ragione come vizio motivazionale a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (attenendo quest’ultimo esclusivamente all’accertamento e valutazione di fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia)", che, ovviamente, manca del tutto in ipotesi di omissione di pronuncia cfr., altresì, ex per multis, Cass.: trib. 10 novembre 2011 n. 23502, che ricorda "ex plurimis, Sez. 3 n. 12952/2007" ria violazione, da parte del giudice del merito, dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronunzia deve essere fatta valere in sede di ricorso per cassazione, esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. E’, pertanto, inammissibile il ricorso con il quale, come nella specie, siffatta censura sia proposta quale vizio della motivazione stesso art. 360 c.p.c., ex n. 5"), nonchè 2^, 23 settembre 2011 n. 19484 ("l’ultrapetizione, quale vizio della sentenza, deve essere fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 cod. proc civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, e non già con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 (tra le tante, Cass. n. 24856 del 2006; Cass. n. 3190 del 2006; Cass. n. 12366 del 1999)".

B. Il primo motivo di ricorso, peraltro, è afflitto da ulteriore, propria causa di inammissibilità atteso che dalla sua complessiva esposizione non si evince (art. 366 c.p.c.) la possibilità di formulare il necessario giudizio su di un qualche esito favorevole al contribuente dall’eventuale scrutinio dei "punti" (qualificati "fondamentali") indicati dallo stesso, atteso che:

(a) il contenuto della "circolare n. 79 del 1997", di cui si lamenta la "inosservanza" (della quale si indica come autore "il Sindaco") è del tutto privo di rilievo perchè quell’atto non costituisce fonte, nè primaria nè secondaria, della regolamentazione della "tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche" e, quindi, della sua concreta applicazione;

(b) le violazioni dell’art. 38, comma 2 ("sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile …"), art. 44, comma 2 ("per le occupazioni con tende, fisse o retrattili, aggettanti direttamente sul suolo pubblico, la tariffa è ridotta al 30 per cento"), e art. 45, comma 3 ("i comuni e le province possono deliberare di non assoggettare alla tassa le occupazioni con tende o simili, fisse o retrattili; in ogni caso le tariffe non possono essere superiori al 30 per cento della tariffa ordinaria"), del D.Lgs. 11 novembre 1993, n. 507 sono fondate sull’assunto che l’imposizione abbia ad oggetto "pensiline" (che dovrebbero essere escluse dalla tassa perchè integranti "infissi di carattere stabile" simili a "balconi, verande, bow-windows", ovvero soggette ad imposizione con "tariffa… ridotta al 30 per cento"), quindi su di un dato di fatto insussistente in quanto il Comune (si legge nella sentenza impugnata) ha sottoposto a tassazione l’"occupazione abusiva di un’ area appartenente al patrimonio indisponibile del Comune" (in particolare la "maggiore area … occupata rispetto a quella autorizzata per posteggio relativo all’esercizio commerciale") e non "occupazioni" abusive di "spazi soprastanti il suolo pubblico", uniche considerate dalle norme dette: secondo la decisione gravata, lo stesso ricorrente ha dedotto che la questione concerne la "nuova ubicazione dei venditori di fiori, lapidi e prodotti affini nello spazio antistante il (OMISSIS)", ovverosia soltanto la materiale occupazione, da parte di quei "venditori", di una ".maggiore area" di "suolo pubblico", non già della proiezione verticale soprastante detto suolo.

C. Il secondo motivo, infine, è privo di qualsivoglia rilevanza in quanto, disponendo il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, comma 1 che "sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province", la mancata conoscenza ("ignorato dal contribuente"; "reso noto … con l’atto di appello") dell’esistenza di un "provvedimento concessorio (occupazione di una certa superficie)" – unica circostanza addotta a fondamento della doglianza – non è idonea a produrre nessun effetto favorevole per il contribuente perchè la legittimità di una occupazione di suolo pubblico (ove rilevante ai fini impositivi) discende sempre e solo dal fatto oggettivo dell’avvenuto anteriore rilascio del corrispondente "provvedimento concessorio", mai dalla situazione soggettiva del concessionario-contribuente.

p. 4. Delle spese processuali.

Per la sua totale soccombenza il ricorrente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., è tenuto a rifondere al Comune le spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Comune le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.200,00 (tremila-duecento/00), di cui Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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