Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 20-02-2013, n. 8391 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata ordinanza il tribunale di Cuneo, in funzione di giudice del riesame, confermò il sequestro probatorio di un certo quantitativo di bottiglie di vino e di altro materiale ritenuto pertinente ai reati di cui agli artt. 473, 474, 517 e 517 ter c.p. ipotizzati a carico di S.G. e consistenti, secondo l’accusa, nella produzione e messa in commercio di bottiglie di vino recanti un marchio riproducente quello che già era stato fatto registrare come proprio dalla s.r.l. "D.B..";
– che avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa del S., denunciando inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 257 c.p.p., sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che erroneamente sarebbe stata ritenuta la configurabilità dei reati in relazione ai quali era stato disposto il sequestro, non essendosi tenuto conto della documentazione dalla quale risultava che il marchio di cui si lamentava la contraffazione sarebbe stato registrato ed usato in epoca precedente a quella della registrazione del marchio della s.r.l. "D.B..";
– che la difesa della s.r.l. "D.B.." ha fatto pervenire memoria con allegati, nella quale si contesta il fondamento della tesi di controparte e si chiede quindi il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

– che il ricorso per cassazione proposto, come nella specie, avverso ordinanza di riesame in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, per violazione di legge, a differenza di quanto si verifica relativamente al ricorso per cassazione proponibile, per il combinato disposto dell’art. 263 c.p.p., comma 5, e art. 127 c.p.p., comma 7, avverso il provvedimento del giudice che respinga l’opposizione al mancato accoglimento, da parte del pubblico ministero, della richiesta di restituzione di cose sequestrate, essendo in detta seconda ipotesi deducibili tutti i motivi indicati nell’art. 606 c.p.p., comma 1 (Cass. S.U. 30 ottobre 2008 – 4 febbraio 2009 n. 9857, Manesi, RV 242290);
– che, ciò premesso, il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto, pur se veicolato sotto l’egida della enunciata violazione di legge, si basa, in realtà, solo su di un vizio di motivazione dal momento che, in sostanza, ciò di cui in esso ci si duole è soltanto il mancato esame di elementi che, in linea di puro fatto, avrebbero dovuto escludere la sussistenza, in concreto, degl’ipotizzati reati, di cui, per converso, non risulta in alcun modo contestata l’astratta configurabilità rispetto al modello legale delineato nelle norme incriminatici;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro mille.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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