Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-07-2012, n. 13412

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La spa X propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi ed illustrato con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, rigettandone l’appello, ha confermato il rigetto del ricorso della contribuente avverso la revoca, disposta dal Direttore regionale dell’Agenzia delle dogane della Lombardia il 20 dicembre 2002, dell’annullamento in autotutela, emesso il 9 ottobre dell’anno precedente dal Direttore della circoscrizione doganale di Como, dell’avviso di accertamento suppletivo con il quale, a seguito della revisione dell’accertamento, la merce presentata per l’importazione presso la Dogana di Como, parti di apparecchi per la videoregistrazione e la videoriproduzione, veniva classificata in una diversa voce doganale, e si richiedeva il pagamento di maggiori diritti conseguenti all’applicazione della diversa aliquota daziaria nonchè del dazio antidumping. Il giudice d’appello ha ritenuto il Direttore regionale legittimato ad emettere il provvedimento di annullamento, cioè il ritiro, di un atto inficiato da un vizio di legittimità del Direttore della circoscrizione doganale di Como, nell’esercizio dei poteri, ad esso riconosciuti, nell’ambito della rispettiva competenza territoriale, di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici locali; ha considerato infondati i rilievi concernenti le violazioni dello statuto del contribuente: in ordine all’assenza di motivazione, perchè secondo il provvedimento impugnato i motivi addotti dall’atto di annullamento revocato erano destituiti di fondamento perchè sforniti di prova; in ordine alla mancata allegazione dei documenti richiamati, perchè, come si leggeva nel provvedimento inpugnato, si trattava di documentazione prodotta dalla contribuente e quindi dalla stessa già conosciuta. Ha escluso che il giudice di primo grado, avendo rigettato il ricorso introduttivo, avrebbe dovuto esaminare nel merito l’accertamento suppletivo scaturito dalla revoca impugnata.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso articolando un motivo di ricorso incidentale, al quale la società contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione
I ricorsi, siccome proposti nei confronti della medesima decisione, devono essere riuniti per essere definiti con unica pronuncia.
Con il primo motivo del ricorso principale la società contribuente deduce la non spettanza del potere di autoannullatnento, nella specie esercitato nella forma della revoca dell’annullamento in autotutela, all’organo sovraordinato.
Con il secondo, lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, la mancata allegazione al provvedimento degli atti e dei documenti da esso citati.
Con il terzo, si duole della carenza di motivazione del provvedimento impugnato alla stregua dell’art. 7 dello statuto del contribuente.
Con il quarto motivo censura la decisione d’appello in ordine all’assenza nel provvedimento della Direzione generale delle indicazioni previste dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2.
Con il quinto motivo si duole, sotto il profilo del vizio di motivazione, dell’omessa pronuncia in ordine alla denunciata violazione del principio del legittimo affidamento.
Con il sesto motivo lamenta, sotto il profilo del vizio di motivazione, l’omessa o contraddittoria pronuncia in ordine al dovere del giudice d’appello di esaminare, nel merito, la pretesa azionata dall’ufficio doganale di Como con l’avviso di accertamento suppletivo scaturito dal provvedimento di revoca dell’annullamento in autotutela impugnato.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’amministrazione oppone l’esistenza del giudicato esterno formatosi sul merito della pretesa fiscale, costituito dalla decisione di primo grado, definitiva, sull’impugnazione dell’avviso di accertamento suppletivo e di rettifica emesso successivamente al provvedimento qui impugnato nei confronti della spa Danzas.
Il ricorso incidentale, dal cui esame occorre muovere per ragioni di ordine logico, è infondato, anche a voler prescindere dall’individuazione dell’oggetto delle due controversie, sol che si consideri che il presente giudizio e quello cui è riferito il giudicato esterno opposto non hanno identità di parti, in quanto originaria ricorrente, nel giudizio che ci occupa è la spa X mentre nell’altro è la spa Danzas.
Il primo motivo del ricorso principale va disatteso.
Con riguardo all’esercizio del potere di annullamento in autotutela da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria, il regolamento adottato, in base al D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-quater convertito nella L. 30 novembre 1994, n. 656, con il D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, stabilisce all’art. 1 che "il potere di annullamento e di revoca o di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento spetta all’ufficio che ha emanato l’atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d’ufficio ovvero, in via sostitutiva, in caso di grave inerzia, alla direzione regionale o compartimentale dalla quale l’ufficio stesso dipende".
Da una parte, quindi, alla direzione regionale viene attribuito il potere di autoannullamento; dall’altra, con la previsione del suo esercizio "in via sostitutiva", e quindi dopo l’adozione dell’atto "illegittimo", viene resa manifesta la funzione di controllo e di indirizzo assegnata alla direzione generale.
Per altro verso, il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle dogane, adottato dalla stessa Agenzia in conformità del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 71, comma 3, in base al D.M. 14 marzo 2000, con Delib. 5 dicembre 2000, n. 1, stabilisce all’art. 6, comma 2, che "le Direzioni regionali esercitano, nell’ambito della rispettiva competenza territoriale, funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici locali …
assicurano le attività relative al diritto di interpello e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dei controlli, dell’antifrode e del contenzioso".
Alla luce della scarna disciplina dell’autoannullamento dettata dal D.M. n. 37 del 1997, art. 1 in presenza di un atto di secondo grado, quale è la revoca, ad opera della direzione regionale, dell’autoannullamento disposto dall’ufficio "che ha emanato l’atto illegittimo", è agevole ravvisare nell’operato dell’organo sovraordinato – che, beninteso, non ha provveduto "in via sostitutiva" all’adozione dell’atto "legittimo" – il fisiologico esercizio delle funzioni di controllo e di indirizzo ad esso riconosciuti, alla stregua delle cui indicazioni l’ufficio locale ha conseguentemente adottato il nuovo atto impositivo.
Il secondo ed il terzo motivo sono infondati.
Lo è il secondo, in quanto, non essendo stato riprodotto l’atto non può verificarsi se in esso si era dato conto del contenuto essenziale degli atti richiamati, ed in quanto il giudice di marito ha accertato che tali atti erano tutti conosciuti dalla contribuente, in quanto da essa prodotti, come del resto si evince anche dall’elenco degli atti stessi, come riportato nel ricorso, elenco che contiene anche un atto normativo (il regolamento CEE n. 1015/94);
questa Corte ha del resto chiarito che la norma in rubrica "va interpretata in conformità alla ratio perseguita dal legislatore, consistente nel porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva per consentirgli il pieno esercizio delle sue facoltà difensive" (Cass. n. 8504 del 2010).
Lo è il terzo, in quanto la motivazione della revoca dell’autoannullamento, come rilevato dal giudice d’appello, "è ben specificata", ed è costituita, come del resto si rileva anche dalla parte del testo dell’atto trascritto nel ricorso – "i motivi indicati nel provvedimento in questione sono destituiti di fondamento in quanto tale prova non risulta acquisita" -, dall’essere i motivi addotti dall’allora Direttore della circoscrizione doganale di Como nell’autoannullamento destituiti di fondamento in quanto sforniti di prova.
Il quarto motivo è privo di pregio, in quanto "le indicazioni di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 2, non sono previste a pena di nullità e potrebbero assumere rilevanza solo se ne derivi una giustificata incertezza sui mezzi di tutela" (Cass. n. 20024 del 2011); l’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria, poi, "non è richiesta, dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (c.d. Statuto del contribuente), a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le sole cartelle di pagamento dal D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 4-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008" (Cass. sez. un. n. 11722 del 2010).
Il quinto motivo è inammissibile.
La L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, infatti, "nel tutelare l’affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi" (Cass. n. 19479 del 2009), mentre nella specie il contribuente non si duole dell’applicazione di sanzioni o della richiesta di interessi con la revoca dell’annullamento in autotutela.
Il sesto motivo è del pari inammissibile, in quanto l’atto impositivo adottato dall’ufficio finanziario successivamente alla revoca dell’autoannullamento non risulta essere stato impugnato nel presente giudizio, avente diverso oggetto.
In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere rigettati.
Le spese del giudizio vanno compensate in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta.
Dichiara compensate fra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012

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