Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 29-01-2013) 18-02-2013, n. 7788 Misure cautelari Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25/10/2012 del Tribunale di Taranto ha respinto il riesame proposto avverso l’ordinanza di applicazione degli arresti domiciliari disposta dal Gip di quell’ufficio in relazione al reato di cessione di sostanze stupefacenti nei confronti di L. C., in relazione all’attività illecita svolta nella sede del circolo privato di cui questi risulta presidente.

2. Ha proposto ricorso l’interessato personalmente, richiamando la presenza di vizi di motivazione del provvedimento in quanto dal Tribunale è stata ignorata la circostanza che C. è sopraggiunto sul luogo in ora tarda e non mentre si accertava l’andirivieni sospetto dei pretesi acquirenti, sicchè la sua condotta non è idonea a fornire un elemento di raccordo tra la sua azione ed i fatti accertati.

Si richiama a conferma della mancanza di indizi a suo carico la richiesta di essere sottoposto ad interrogatorio avanzata al P.m. dal segretario del circolo con la quale questi intende assumersi la responsabilità dei fatti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. I motivi proposti sollecitano una nuova valutazione di merito in questa sede, come è reso evidente dalla circostanza che non si confrontano con l’effettivo sviluppo motivazionale dell’argomentazione del Tribunale, che ha dato conto chiaramente dell’assenza di C. all’atto dell’inizio del controllo, ed ha legato la sua affermazione di responsabilità all’accertata presenza di beni riconducibili all’azione illecita in luoghi accessibili a chi aveva la piena disponibilità dei locali, che non può negarsi al presidente del circolo.

L’ulteriore argomentazione, riguardante acquisizioni ancora in corso di formazione, quali pretese assunzioni esclusiva di responsabilità da parte di terzi, risulta correttamente respinta dal Tribunale del riesame, che ha dovuto prendere atto della mancanza agli atti di tali difformi risultanze richiamandosi all’indiscusso potere del P.m. di giungere a difforme valutazione all’atto della loro acquisizione, argomentazione logica che risulta immune dai vizi, neppure specificamente prospettati in questa sede ove si sollecita solo la necessità di una difforme valutazione di merito, preclusa in fase di legittimità.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013
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